I recenti fatti delle ultime settimane, ovverosia le due tremende grandinate che si sono riversate sul nostro paese, mi hanno riportato alla mente un fatto: qualche anno fa, mentre scrivevo le storie per i rioni del Palio, venni a sapere che la cappella della Madonna Addolorata di Rho presente sulla Varesina e simbolo del rione Madunina, venne distrutta nel 1910 da un forte “ciclone”.
Iniziai quindi a fare ricerche su cosa avvenne nel 1910, cercando su giornali e libri. Accantonai poi il tutto per mancanza di tempo, ma
ora sfortunatamente abbiamo vissuto anni dopo una situazione simile, ragion per
cui ho deciso di completare questa piccola ricerca (nota per il lettore:
notizie più dettagliate su questi fatti si potrebbero trovare negli archivi
comunali e parrocchiali, ma in questo momento non mi sembra il caso di chiedere
il permesso per fare tali ricerche).
Tre sono stati i grossi “cicloni” degni di nota, con tanto di articoli sui
giornali dell’epoca, i quali hanno devastato Gerenzano e le zone limitrofe dal
1855 ad oggi (tralasciando chiaramente i due recenti di quest’anno, e quello
del 2020): il ciclone del 9 luglio 1855, il ciclone del 23 luglio 1910, e quello
minore del 22 agosto 1879.
E' curioso notare come il mese di luglio, anche negli scorsi secoli, abbia "portato" su Gerenzano "temporali estivi" di notevole intensità, facendo grossi danni. Forse luglio è un mese meteorologicamente sfortunato per il nostro paese...
Il ciclone di lunedì 9 luglio 1855
Notizie tratte da “Il nuovo cimento”, Tomo XXV, 1867
Tre ore prima del mezzodì del giorno 9 Luglio 1855,
l'Aggiunto dirigente il Commissariato di Somma, Carlo Gittardi, vedeva nubi
nerastre partirsi dalle radici del monte Rosa del S. Bernardo, e conformarsi in
larghi strati sempre più densi. Il termometro segnava a quell'ora circa 22°,
l'aria era calma, ma il tuono cupo muggiva, e il nembo si faceva ognora più
minaccioso dirigendosi verso il Lago Maggiore.
Gli abitanti di Casorate vedevano sorgere altre nubi
foriere di cattivo tempo dalla parte del Ticino; e più tardi per la gente di
Besnate si rendeva fosca e procellosa l'atmosfera anche dalla parte del San
Gottardo, mentre a Rescaldina e Gerenzano si contavano i nuvoloni sollevati dal
Resegone di Lecco.
In generale, su quasi tutta la zona, flagellata poi
dalla meteora, il firmamento presentava di buon mattino una tinta sbiadita,
malinconica, dipendente da quel velo pellucido che stende l'atmosfera satura di
vapore, e udivasi un sordo, lontanissimo, incessante rumoreggiamento; ed uomo non
era che non si sentisse infiacchiti i muscoli, e la respirazione affannosa. E
come il tuono cupo si rinvigoriva senza che il lampo balenasse, così avevasi
l'apparenza di una di quelle agitazioni sotterranee, che precorrono
spaventevoli cataclismi.
È notevole che nei nuvoloni (tumultuosi alla loro
superficie) l'occhio non distinguesse verun moto di traslazione, sicchè
apparivano nello stesso luogo sull'orizzonte per molto tempo. Ma poi,
rendendosi sempre più bassi, a poco a poco si avanzavano; e dopo alcuni colpi
di tuono, verso le ore 11 antimeridiane, il parroco di Rescaldina (Porroni)
vedeva il nembo biforcarsi, un ramo avviandosi adagio adagio verso il Ticino, e
l'altro con pari lentezza dirigendosi alla volta di Bergamo, Dai due rami,
sempre lontanissimi, vedeva sollevarsi una colonna di denso vapore, e gli
pareva che ciascuno di essi nello stesso tempo si allungasse verso terra,
formando due coni rovesci, che parevano dapprima immobili.
Battevano frattanto tre ore dopo mezzodì, quando alla
parrocchia di Casorate un'enorme massa nebulosa improvvisamente intercettava i
raggi solari, già prima illanguiditi, conterminandosi essa di quei bioccoli
filigginosi e giallastri che d'ordinario generano gragnuola.
Quasi nello stesso tempo, il nembo formatosi dalla parte
del Lago Maggiore, accompagnato da continui lampi e da forti scariche
elettriche, si faceva innanzi passando per Arzago e Besnate, e si scontrava col
primo, i due nembi fondendosi in un solo più ampio e terribile che ritornava
sopra Casorate. È notabile che la meteora giunta su quest' altipiano, d'un
tratto si arrestasse, quasi fosse rattenuta dall'azione di qualche altro nembo,
formatosi nelle regioni superiori dell'atmosfera.
Avviandosi poi nel territorio di Mezzana, il doppio
nembo andava a scontrarsi con quello che nelle ore più tarde del mattino erasi
veduto sorgere dalla parte del S. Gottardo. In questo mentre, l'abate Bernardo
Lunghi stando sul colle di S. Maurizio scorgeva da Tradate, avanzarsi a passo
accelerato un'altra bufera prodotta forse da quel ramo di nembo che il parroco
di Rescaldina di buon' ora aveva veduto dipartirsi dal Resegone di Lecco ed
avviarsi verso il Ticino.
Queste potenze sterminatrici s'incontravano e si
battevano verso l'estremità settentrionale di Cassano Magnago. Quivi altre
falangi di nuvole, alcune globose, altre bitorzolate, altre sfilacciate e
nerastre e giallognole e cineree si attraevano si staccavano, si
ricongiungevano, incutendo terrore coi furiosi loro rigiramenti.
Consisteva dunque la meteora in una enorme congerie di
nubi procellose, mantenutesi assai elevate, che si distendevano per una
lunghezza di alcune miglia dal nord-ovest al sud-est, e si protraevano a grande
profondità nell'atmosfera sopra una larghezza di più che un miglio. Sorvolando
a Solbietto, alle ore 4 e investiva Solbiate: abbassava indi alcune nuvole che
modo di tortuosi coni entravano nella valle dell'Olona dove il terreno
intersecato da fossati e molti rigagnoli era reso umido e quasi paludoso, e
dove molti alberi si ergevano in piena vegetazione.
Un quarto d'ora dopo, quelle nuvole tumultuose si
avanzavano basse basse e in mezzo a fragorose scariche elettriche malmenavano i
territori di Gorla minore, di Nizzolina, di Rescalda e di Rescaldina, ove la
meteora aveva preso il carattere di uragano. A Rescaldina poi la meteora
cangiava direzione per gettarsi nel Bosco delle cento pertiche.
Gli abitanti di Gerenzano già di buon mattino, erano
sgomentati per il continuo e sordo rumoreggiamento e per l'aspetto minaccevole
del cielo; e mentre tenevano d'occhio il nembo che veniva dal Comasco, si
sentirono venire improvvisamente alle spalle quello ch'erasi già staccato dal
Bosco delle cento pertiche. È singolare che a Gerenzano la meteora cominciasse
a produrre i suoi effetti rovinosi prima che a Rescalda e a Rescaldina, benché
questi paesi si trovassero sulla via della meteora innanzi di Gerenzano.
Nei territori di Ceriano, Solaro, e Cesate dove il
terreno è piuttosto arido, la meteora infieriva col carattere piuttosto di temporale
che di tromba.
Non è da tacersi che nel territorio di Nova esisteva
un'ampia cascina detta dell'uccello, abitata da quattro famiglie che
costituivano una popolazione di 112 individui, i quali accortisi della
straordinaria agitazione atmosferica, uscivano tutti dal recinto, e tremebondi
stavano osservando quegli enormi adunamenti di nuvole ora correre veloci l'une
contro le altre, ora allontanarsi quasi reciprocamente respinte, ora avvolgersi
sopra se stesse come fossero stimolate da azioni vorticose, lasciando tratto
tratto sfolgorare di mezzo i lampi. Taluni di quei coloni solevano dire che il
turbine gibillava, altri lo vedevano fare la roda, altri spingere innanzi le
nuvole a cavalloni, che poi si arrestavano e si rompevano quasi andassero
incontro ad una diga.
Esaminando gli effetti della meteora ho dovuto
riconoscere che in alcuni punti del suo cammino aveva la forma di tromba, in
altri di temporale, in più luoghi manifestava i caratteri di tromba e di
uragano, e ben di frequente assumeva tutti tre i caratteri di temporale, di
tromba e di uragano. La sua corsa dal territorio di Somma sino a Caravaggio,
ove si perdette di vista era della lunghezza di circa 100 chilometri e della
larghezza media di due chilometri e mezzo corsa operata colla velocità di circa
33 chilometri all'ora.
Nei territori di Mezzana e di Casorate la meteora
cominciava a produrre i suoi effetti gettando fitta grandine mista a goccioloni
d'acqua. Sopra Besnate la gragnuola facevasi grossa come mezz'uovo, però meno
spessa e mista a dirottissima pioggia. In Crenna e in Cassano-Magnago, dopo un
diluvio d'acqua, cadeva grandine secca a spigoli taglienti, devastando
interamente quelle campagne, senza che si udissero scariche elettriche: ma un
cupo rumoreggiamento continuava anche durante la pioggia.
Nella Valle d'Olona i nuvoli bitorzolati atterravano e
sbarbicavano centinaia di pioppi altissimi, lasciando le vestigia di un
veemente contorcimento.
Giunto a Gorla minore il turbine trasportava lungi
dall'abitato molte tegole, e ravvolgendosi intorno la Chiesa scagliava in mezzo
ad un'oscurità quasi notturna pezzi di gragnuola ovoidale assai acuminati, che
ferivano sino al midollo le piante e riducevano a strame i gambi del
frumentone.
A Rescaldina il Parroco stando sulla porta della
Chiesa vedeva la tromba fumosa colla velocità di un convoglio a vapore
rovesciare i cascinotti e avviarsi contro il Tempio con un fracasso assordante.
Il turbine, piombatovi sopra triturava le invetriate, ne precipitava i telai e
sfracellava il tetto. La torre del Commendatore Melsi rimase scoperta e l'asta
del suo parafulmine spezzata e trabalzata in una vigna contigua. Al turbine
succedeva la gragnuola di forma svariatissima e cresciuta di volume a paragone
di quella caduta nei suindicati territori.
Dalla parte di Uboldo verso Rescaldina era sorpreso
dal turbine un carro carico di manipoli di frumento con due buoi guidati da
certo Landonio detto Baracca: il villico rotolava nel fosso; e per la violenza
della buffa, spezzati i legaccioli del giogo, venivano gettati nel fosso i buoi
e il carro col suo carico trabalzava, superando una siepe, in un campo vicino.
In Gerenzano la gragnuola, di una grandezza mai più
veduta, durava dieci minuti. Ogni fusto, ogni gambo veniva spezzato e steso al
suolo in tutte le direzioni: e il territorio nei primi quattro o cinque minuti
erasi già fatto deserto, sicché la grandine seguitava per altrettanto tempo a
colpire invano la campagna già interamente devastata. Il tristo spettacolo si
compiva colla calata di buie nuvole che si stemperavano in pioggia si dirotta
da riempire in quindici minuti tutti gli scoli, allagare le strade, i piani
terreni delle case, e tenere gli abitanti nel timore d'affogare in quelle
acque. A Saronno la grandine cadeva in pezzi grossi e con sì grande violenza da
internarsi nel suolo; e a Solaro ne precipitava in sì gran copia che 24 ore
dopo, col sole di luglio, esisteva ancora a mucchi, solida e di forme
svariatissime.
Notizie tratte da “Il Palmaverde”, almanacco piemontese del 1857
Poco dopo il meriggio del 9 un terribile
uragano devastò le terre di Gerenzano, Limbiate, Sesto, Monza e Rivolta. La
grandine rovinò i colli, il turbine divelse le tegole dei tetti, atterrò
camini, schiantò alberi. All'uragano segue una foltissima nebbia che impediva
di scernere gli oggetti alla distanza anche di pochi passi.
Il ciclone di sabato 23 luglio 1910 – questo è il ciclone che distrusse, tra le altre cose, la “Madunina” di Gerenzano
Immagine tratta dalla “Cronaca Prealpina”
del 24 luglio 1910
Viene scritto che a Gerenzano la ditta
Musa-Marzorati (poi De Angeli-Frua e ora Villaggio Amico), fu danneggiatissima. Essendo la "Madunina" sulla direttrice della Varesina, a circa 1 km dalla Musa-Marzorati, possiamo quindi immaginare che anche lei sia stata danneggiata, come trovato nelle ricerche che feci io a suo tempo sulla sua storia.
Immagini tratte dal “La Stampa” del 24 luglio 1910
Immagine tratta da “L’Illustrazione Italiana”, numero 31 del 31 luglio 1910
Le Officine Meccaniche di Saronno
La Tintoria Banfi a Saronno e la fornace di Solaro
Notizie tratte dal sito Meteoweb
Il disastro del 23 luglio 1910 in Lombardia
Altrettanto
potente è il vortice che nel pomeriggio del 23 luglio 1910 colpisce
la Lombardia centro-settentrionale, in particolare l’area a nord-ovest di
Milano. Lo stesso capoluogo subisce effetti importanti: tetti scoperchiati,
linea del tram interrotta, pali del telegrafo divelti, alberi abbattuti,
comunicazioni difficili (un po’ quello che è successo nei giorni scorsi). Anche
per quest’ultimo fattore non si percepisce subito la gravità dell’evento che
devasta l’industriosa provincia brianzola, il Varesotto ed il novarese. Ad
essere colpite risultano soprattutto le numerose fabbriche della zona dove
migliaia di operai sono al lavoro e rimangono sepolti dalle macerie provocate
dalla forza del vento. Cadono difatti molti comignoli, camini e ciminiere che
crollano sui tetti dei fabbricati, travolgendoli e schiacciando coloro che si
trovavano al di sotto. Particolarmente grave quanto accade nella fornace di
Solaro dove si contano 17 morti tra cui pure alcuni bambini che
avevano cercato riparo nell’edificio. Risultano vittime anche negli
stabilimenti Tornaini, Ferrovie Nord (1 morto), Lazzaroni (produzione dei
famosi amaretti), Visconti di Modrone a S. Vittore Olona, cotonificio Cantoni a
Legnano, filanda Foulet Freres a Galbiate, filanda Isacco a Maglio, Crespi a
Vanzaghello (8 morti). Crollano pure le ciminiere del cotonificio Ottolini a
Busto Arsizio, famose per essere le più alte della regione. A Saronno si
verificano danni ingenti al gasometro, all’ospedale, al cimitero ma soprattutto
alla fabbrica “Costruzioni Meccaniche”, tra le più grandi della zona, ed al
santuario della Madonna dei Miracoli dove accade un fatto dai più giudicato
straordinario: la statua della Madonna, strappata dal suo piedistallo e
sollevata dal vento, si va a conficcare nel tetto, con la sola testa che spunta
dalle tegole. Tale evento viene considerato dai fedeli come presagio
dell’intervento mariano che avrebbe posto fine al disastro.
In effetti il
turbine si interrompe spontaneamente dopo aver percorso una sessantina di km,
ma il conteggio dei danni continua. Tra Saronno e Lomazzo, da Carugo a Giussano
si rilevano centinaia di case scoperchiate. Nella campagna si vedono migliaia
di alberi sradicati e pali della luce o del telegrafo distrutti. Al manicomio
di Mombello si contano 10 morti, sorpresi all’esterno dalla furia del vortice.
10 vittime anche a Busto Arsizio, 2 nella parrocchia di Legnanello. Numerosi i
paesi interessati dal fenomeno, con danni più o meno gravi: Castano Primo,
Magnago, Meda, Seregno, Turbigo, Galbiate, Calolzio, Canegrate, Cermenate,
Locate. Si segnalano danni anche in Piemonte, tra Cameri e Novara e perfino a
Torino. Alla fine si conta una sessantina di vittime. Risulta questa la
tromba d’aria con il tributo di vite umane più alto di tutto il Novecento. Un
evento spesso dimenticato ma che invece dovrebbe far riflettere sulla potenza
devastante della natura contro la quale l’uomo è spesso inerme.
Notizie tratte dalla “Gazzetta Ufficiale
del Regno d’Italia”, numero 173 del 25 luglio 1910
Ciclone in Lombardia. L'altro ieri si è abbattuto fra le 16 e le
17 sopra Milano e la regione circostante un furioso ciclone che danneggiò
specialmente la città di Saronno.
La regione più colpita è quella compresa fra Saronno, Rovellasca
e Lomazzo.
La violenza del vento era tale che molti alberi sono
stati divelti, molti tetti sono stati abbattuti ed i raccolti sono stati danneggiati.
Si hanno anche a deplorare alcuni morti e alcuni
feriti, come conseguenze della caduta dei fumaioli degli stabilimenti industriali.
Il
nubifragio a Saronno produsse la caduta di tutti i camini delle fabbriche,
nessuno eccettuato. Può dirsi che non vi è casa che non abbia risentito danni.
Molte sono
gravemente lesionate. La campagna circostante è pure danneggiata. Di morti non
si deplora a Saronno che l'operaio all'officina della Nord; i feriti sono
invece numerosi.
La maggiore
disgrazia è avvenuta però nella vicina fornace di Solaro: è franata una
tettoia, la cui caduta ha causato una catastrofe. Sono stati estratti 14 morti
e 20 feriti.
Il nubifragio ha fatto rovinare anche a Busto
Arsizio i camini degli opifici industriali, i quali precipitarono nei locali
sottostanti, ove lavoravano gli operai. Sotto le macerie sono rimasto molte persone,
delle quali una decina sono state estratte morte e molte gravemente ferite:
altre sono tuttora sotto le macerie.
Anche a Mosciano Milanese i danni furono enormi. Vi
sarebbero 15 morti. Le autorità, i pompieri di Milano e parecchie squadre di
volenterosi cittadini, nonché le Società del pronto soccorso, accorsero sui
luoghi desolati a raccogliere le vittime.
Il terribile uragano ha infierito anche nel novarese,
e da Novara si ebbe notizia che a Cameri vi fu una vittima.
Sulla linea Milano-Varese, il casellante Luigi
Randetti è stato colpito da una scarica elettrica ed è caduto tramortito al
suolo: è moribondo.
Nel
manicomio di Mombello il ciclone ha abbattuto una tettoia, provocando una scena
di terrore fra i poveri ricoverati.
In seguito al crollo
del camino della fabbrica di mattoni di proprietà Borghi-Cattaneo a Solaro, che
cadde sulla fornace stessa, parzialmente demolendola, rimasero sepolte sotto le
macerie 22 persone, in parte operai della fornace e in parte contadini che si
erano ivi ricoverati a causa del nubifragio.
Le
ulteriori notizie arrivate da Milano fanno ascendere le vittime a circa
cinquanta ed i feriti più o meno gravemente ad alcune centinaia.
Saronno ed i suoi dintorni è la plaga maggiormente
colpita. Le campagne sono state largamente devastate; alberi secolari sradicati,
comignoli caduti, tetti scoperchiati, piccole case abbattute.
Dal
bergamasco non sono segnalati che danni alle campagne.
Il
prefetto, senatore Panizzardi, è rimasto gran parte della notte sui luoghi del
disastro, dando disposizioni per l'opera di soccorso ovunque alacremente
organizzata.
S.
E. il presidente del Consiglio, Luzzatti, appena ebbe a Vallombrosa notizia del
grave disastro in Lombardia, espresse il desiderio di recarsi colà, ma ne su
sconsigliato dai medici, i quali lo ritengono in via di miglioramento, ma
bisognoso di riguardi.
Dovendo
S. E. il sottosegretario di Stato all'interno, Calissano, trattenersi a Roma,
il presidente del Consiglio dispose che sui luoghi del disastro si rechino S.
E. il ministro Ciuffelli e S. E. il sottosegretario di Stato, Pavia.
Il
presidente del Consiglio, edotto dell'entità dei danni e del numero delle
famiglie rimaste senza lavoro, autorizzò il prefetto a provvedere ai
soccorsi di urgenza.
Notizie tratte dalla “Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia” numero 176 del 28 luglio 1910
Dopo il ciclone in Lombardia.
Le LL. EE. Ciuffelli e Pavia ieri
mattina tennero una riunione alla prefettura di Como le autorità locali e
provinciali e i deputati della regione.
Poi partirono per i luoghi desolati dal
ciclone di sabato scorso, formando due carovane separate in automobili; una con
S.E. Ciuffelli, seguito dagli onorevoli Carcano, Baragiola e Padulli ed il
segretario particolare dell'on. Pavia, cav. Rosa; l'altra col sottosegretario
di Stato on. Pavia, seguito dagli onorevoli Scalini e Baslini.
La prima carovana visitò la zona dell'alta
Brianza, da Erba verso Orsenigo; la seconda visitò la zona bassa verso Lecco.
Le due comitive si riunirono quindi ad Orsenigo, ove furono invitati a
colazione nella villa dell'on. Baragiola.
Il ministro ed il sottosegretario di
Stato, in seguito alla visita fatta, discussero assieme sui danni constatati e
sui provvedimenti da proporsi per alleviarli. Da Orsenigo le loro Eccellenze e
i personaggi che li accompagnavano si recarono a Cantù, ad Asnago, a Cermenate
e a Rovello, lasciando ovunque sussidi per i danneggiati poveri.
Proseguirono, quindi per Lomazzo dove S.E.
Ciuffelli si trattenne mentre S.E. Pavia proseguì per Bregnano ed ha proseguito
poi per Cirimido, Limido, Mozzate e Gerenzano visitando tutta l’estesa plaga
tanto colpita.
Il sottosegretario di Stato on. Pavia si e quindi
recato a Saronno del presidente di una Commissione, dove incontrò nuovamente il
ministro Ciuffelli. Il ministro e l'onorevole sottosegretario di Stato
ripartirono per Milano, da dove ripartirono per Roma alle 21.
Il ciclone (minore) di venerdì 22 agosto 1879
Notizie tratte da “Pubblicazioni del Reale
Osservatorio di Brera in Milano sui temporali osservati nell’Italia
settentrionale durante l’anno 1879"
22 agosto 1879
Saronno, da 4,30 a 5,15 pomeridiane, uragano violento
dall'Ovest con nembi bassi e veloci, in ogni verso, all'Est, lampi frequenti ed
intensi, prolungatisi fino a mezzanotte, e pioggia breve e temporalesca. Fu più
sentito, con danni di grandine, sulla linea di Rho, Garbagnate, Mombello,
Turate, Lomazzo e Gerenzano all'ingiro della stazione.