Eccoci a uno degli appuntamenti annuali che Sabrina ed io
non saltiamo mai: le giornate di primavera del FAI, il Fondo Ambiente Italiano,
svoltesi nello scorso fine settimana.
Lo scorso anno ci siamo recati a vedere il deposito locomotive delle FS a Milano, dove
potete leggere il resoconto qui. Quest’anno ci siamo organizzati ancora meglio:
dedicheremo ben 2 giornate alla visita di luoghi particolari. Tra le tante
opportunità che il FAI propone quest’anno, abbiamo scelto le seguenti: la sede
del Corriere della Sera in via Solferino, l’Albergo Diurno Venezia in
piazza Oberdan, la visita alla sede milanese della Rai e la fabbrica della Moto
Guzzi a Mandello del Lario. Le prime due le visiteremo nella giornata di
sabato, mentre le seconde nella giornata di domenica. In realtà avremmo voluto
visitare anche le stamperie del Corriere, ma purtroppo, essendo a numero
chiuso, non siamo riusciti a prenotarci…peccato, perché secondo me sarebbe
stato bellissimo visitarle.
Ma torniamo quindi alla giornata di sabato:
l’appuntamento è previsto per le 12.45 davanti alla sede del Corriere. Ci
muoviamo in anticipo, e da Sesto, con la metro arriviamo in stazione Garibaldi.
Qui, di fronte a noi, si estendono in altezza e in tutta la loro imponenza i
nuovi grattacieli della metropoli milanese. Architettonicamente evoluti e
armonici, danno una nuova skyline alla città, rendendola moderna…parlando
personalmente questo nuovo modello architettonico non mi convince appieno, pare
opprimente sui palazzi e la zona adiacente, ma questo a quanto pare è il nuovo corso
che avanza. Attraversiamo Corso Como, regalandoci qualche sosta a vedere gli
innumerevoli negozi, superiamo poi l’ex Teatro Smeraldo, trasformato da
quell’affarista di Farinetti in Eatitaly, dove una lunga coda di persone
attende di entrare, e arriviamo in via Solferino, di fronte all’ingresso del
Corriere. Qui siamo accolti dai volontari del FAI e dalle guide del Corriere, e
dopo una piccola attesa, veniamo fatti entrare.
L’attuale sede del Corriere (che a quanto pare a breve si
trasferirà nella cintura milanese), consiste in un palazzo fatto costruire nel
1903, composto da un’ampia metratura (9000 m²). Il complesso fu inaugurato nel
1904, e mentre all’inizio ospitava solo gli uffici, nel corso del tempo si
arricchì anche della tipografia. In poche parole redazione e stamperia erano
allocate un'unica unità immobiliare. Piano piano nel corso degli anni la sede
continuò a espandersi, e ogni architetto chiamato a seguirne e sviluppare
l’evoluzione lasciò una propria impronta caratteristica. La tipografia rimase
fino agli anni ’90, quando poi si trasferì a Pessano con Bornago.
Ma torniamo alla nostra visita: dopo una breve
introduzione delle guide del Corriere, siamo fatti accomodare in una sala per
vedere un filmato, i cui protagonisti sono direttori, redattori e giornalisti
del giornale stesso, che ci illustrano come si svolge la giornata lavorativa
del quotidiano. Il tutto inizia intorno alle 10 del mattino, dove redazioni e
giornalisti iniziano a cercare, analizzare e scrivere le notizie degne di nota
del giorno. Alle ore 11 si svolge la riunione principale tra direttore e
redattori delle varie sezioni: qui si danno le direttive sulle pubblicazioni da
eseguire. Da qui esce e prende forma il famoso “timone”, ovverosia un foglio
dove sono abbozzate manualmente le pagine e notizie del giornale, e che è lo
strumento principale che guiderà tutti nel resto della giornata. In seguito
nelle varie redazioni confluiscono quindi tutti gli articoli redatti, e viene
assemblata una prima bozza di giornale: in realtà ci spiegano che nel corso di
ogni giorno sono preparate fino a 3-4 bozze, in modo da coprire in maniera
esauriente ogni singola notizia, e solo alla fine viene deciso quale bozza
utilizzare ( in base anche all’importanza che assumono le notizie nel corso
della giornata). La fase di stampa parte quindi intorno alle 23.30. Non è raro
comunque che addirittura quando si è già in fase di stampa, l’arrivo di una
notizia eclatante faccia eseguire il classico ribaltone, bloccando le rotative
e modificando quindi in corsa il giornale.
Finiamo la visione di questo interessante filmato e
passiamo quindi alla visita vera e propria della sede: un’elegante scalinata,
dove ai lati fanno bella mostra di sé tutti i direttori succedutisi alla guida
del giornale, ci porta al piano superiore, dove c’è l’ufficio del direttore De
Bortoli e dove veniamo fatti accomodare in Sala Albertini. Questa sala, che
prende il nome dal fondatore del Corriere, è il fulcro del quotidiano. Qui si
svolge la riunione delle ore 11, dove si decide come eseguire la pubblicazione
giornaliera. Ed è in questa sala che si respira la storia. Un enorme tavolo
rettangolare, con ancora poste sopra lampade antiche, ergonomico e molto
pratico, accoglie tutti i redattori. Il tavolo è ancora quello originale che
Albertini fece eseguire sul modello di quello del Times, dove egli stesso
lavorò prima di fondare il Corriere. Alle pareti della sala sono esposte le
prime pagine del giornale con gli avvenimenti principali pubblicati a partire dalla
sua fondazione. Un’aria retrò, quasi polverosa ma elegante, avvolge i
visitatori: qui sono stati analizzati e discussi tutti i principali avvenimenti
che si sono succeduti nel corso degli ultimi cento anni. E’ davvero difficile
non emozionarsi…
Usciti dalla Sala Albertini, facciamo in tempo a dare una
fugace occhiata alla redazione esteri, per poi passare a visitare la redazione
del Corriere.it: un ampio open space fa
bella mostra di se, completamente riempito di PC e scrivanie. Ci viene
illustrata la gestione del sito, dove un webmaster aggiorna costantemente le
pagine, mentre altri quattro giornalisti lavorano alle singole notizie.
Chiaramente essendo sabato, il personale è ridotto, mentre in settimana le
persone presenti sono in numero maggiore.
Successivamente prendiamo gli ascensori che ci portano al
terzo piano: qui ha sede la Gazzetta dello Sport. Siamo accolti dal
simpaticissimo caporedattore Redaelli, un giornalista arguto, di lungo corso e
dalla battuta pronta (e soprattutto milanesissimo). Ci fa visitare la
redazione, immensa, divisa per tipo di sport, mentre a parte vi è la sala
dedicata agli sport olimpici. Ci spiega tutta la storia della Gazzetta, che
addirittura all’inizio era stampata su carta color verde, per poi regalarci
aneddoti divertenti su alcuni fatti e giornalisti succedutisi al giornale.
Starei volentieri ore ad ascoltarlo, anche perché lui non si tira indietro a
richieste di spiegazioni e curiosità, ma purtroppo dobbiamo dare la possibilità
al gruppo successivo di fare il nostro stesso percorso, e quindi salutiamo
Redaelli e ci avviamo all’uscita. Dopo aver ringraziato le guide del Corriere e
i volontari FAI, ci lasciamo alle spalle il Corriere, consci di aver vissuto
un’esperienza davvero fantastica, bella e coinvolgente.
Torniamo in Garibaldi, riprendiamo la metro e ci
dirigiamo verso la seconda meta: l’Albergo Diurno Metropolitano Venezia.
Arriviamo in piazza Oberdan, il tempo è inclemente, siamo
accolti da abbondanti scrosci d’acqua. Ma soprattutto ci spaventa l’enorme fila
di persone in attesa di visitare il luogo ! Fortunatamente il fatto di essere
soci FAI ha il suo vantaggio, facendoci in modo di saltare la coda ed entrando
dopo qualche minuto nell’albergo.
Piccolo passo indietro: fino a settimana scorsa non
sapevo dell’esistenza di quest’ albergo e della sua funzione.
Si tratta di una struttura sotterranea, costruita nel
1923, che aveva la funzione di fornire ai viaggiatori servizi di bagni
pubblici, barbiere, manicure, pedicure, telefono, sportello bancario e altri
ancora. Viaggiatori che arrivavano qua tramite il tram way proveniente da Monza
e dai treni in arrivo dalla vicina Stazione Centrale. In realtà la zona era a
quei tempi formata per lo più dalle classiche case di ringhiera, e la presenza
di un bagno pubblico (seppur a pagamento), dava la possibilità ai cittadini di
potersi lavare. L’albergo, progettato in parte anche dal famosissimo architetto
Piero Portaluppi, esecutore tra l’altro di quel gioiello architettonico che è
Villa Necchi Campiglio, è utilizzato fino agli anni ’80, poi piano piano le
attività interne scompaiono, arrivando alla chiusura nel 2003. Da qui in poi
sul Diurno cala l’oblio…
Come detto prima, in poco tempo riusciamo a entrare.
L’ingresso è posto a metà della scalinata che porta alla stazione della metro.
Varcata la soglia d’ingresso, penso di essere tornato indietro negli anni ’20.
Un ampio salone a volte con pavimento a mosaico, si estende davanti a noi. Sui
lati piccoli ingressi composti da separé in legno di noce finemente intarsiati
e chiusi da eleganti tende dividono i vari ambienti per tipologia: le scritte
barbiere, parrucchiere per donna, pedicure, manicure sono ancora presenti, come
anche alcune attrezzature. Il vicino bancone della cassa sfoggia ancora il
tariffario dei vecchi tempi, mentre dal lato opposto troviamo il reparto
buvette, dove si poteva bere e mangiare. Ampi ed eleganti lucernari che davano
sulla piazza permettevano alla luce diurna di filtrare, mentre originalissime
lampade e lampadari, grazie all’elettricità, illuminavano in modo ancor più
deciso l’ambiente interno. Art Déco e stile Liberty si fondono egregiamente in
questa struttura, rendendola elegantissima, lussuosa, riportandoci ai tempi
della Belle Epoque. Un modernissimo (per quei tempi) impianto di filodiffusione
trasmetteva della musica, in modo da allietare ulteriormente i clienti.
Superando la buvette, ci si trova di fronte la statua della dea Igea, la dea
della salute e dell’igiene. La sua presenza conduce al reparto terme, che si
snoda in due diversi corridoi, uno per gli uomini e l’altro per le donne. Le
terme non erano chiaramente intese come ai giorni nostri, ma sono più
semplicemente delle piccole stanzette, dove la presenza di vasche e docce dava
la possibilità di rinfrescarsi e lavarsi. Vasche con piedini di bronzo e
ceramiche eleganti identificavano le cabine più lussuose, mentre le docce erano
quelle più economiche.
Superate le terme, si giunge all’uscita del Diurno,
esattamente dalla parte opposta dell’ingresso: un’elegante porta di ferro
battuto ci conduce alle scale esterne, che ci riportano in superficie. Dalla
parte dell’uscita ancora oggi è presente la pensilina originale che accoglieva
i viaggiatori (purtroppo piuttosto malconcia), mentre la gemella posta
all’ingresso è stata smantellata negli anni ’60 per permettere di eseguire
l’accesso alla scalinata della metropolitana. A metà tra ingresso e uscita,
sempre in superficie, si trovano due alte colonne in cemento. Anche loro fanno
parte del complesso dell’albergo, in quanto facevano da condotti per lo scarico
dei fumi delle caldaie. Insomma un’opera all’avanguardia già per quei tempi…ma
soprattutto visitare questa struttura ha fatto vivere in me e Sabrina
sensazioni particolari, ci ha fatto catapultare in un’epoca storica dove
iniziava a espandersi sia l’idea architettonica di lusso, eleganza e bellezza,
sia l’idea di cercare un benessere psico-fisico del proprio corpo, con
l’avvento dei primi servizi pubblici d’igiene. Da amante di quegli anni d’inizio
- metà secolo scorso, non posso dire altro che l’esperienza del Diurno sia
stata unica e emozionante…spero solo che il comune di Milano riesca a
valorizzare quest’opera architettonica e sociale recuperandola e riportandola
agli antichi fasti, offrendo l’opportunità a tutti di visitarla…ma a quanto
pare le premesse di Pisapia sono esattamente l’opposto (trasformarlo in un
locale notturno)…
Di seguito trovate le foto scattate da Sabrina nella sede del
Corriere (poche in realtà, perché nella maggior parte degli ambienti era
vietato farle) e quelle del Diurno. Nei prossimi giorni pubblicherò anche
l’articolo concernente la sede RAI e la Moto Guzzi.
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I nuovi grattacieli milanesi |
CORRIERE DELLA SERA
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Eccoci al Corriere... |
|
Aggirarsi tra i corridoi... |
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La Sala Albertini con il vecchio tavolo e relative lampade |
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Alcuni tra i più importanti collaboratori |
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Redazione Corriere.it |
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Ci si avvicina alla Gazzetta... |
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Un dipendente solitario in pausa all'interno del cortile... |
|
Eccoci alla Gazza !!! |
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La prima Gazzetta in verde |
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Redazione... |
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Il famoso "timone" |
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La bellissima scala interna che porta al piano superiore |
ALBERGO DIURNO METROPOLITANO VENEZIA
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Il salone principale |
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I lucernari |
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La dea Igea |
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Il lungo corridoio dei bagni |
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Nel mobile sono presenti ancora defli asciugamani |
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La particolare forma degli appendini |
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Il contrasto cromatico tra le ceramiche |
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Il tempo si è fermato davvero qui... |
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La vecchia cabina del telefono |
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La porta d'ingresso in ferro battuto |
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L'unica pensilina esterna sopravvissuta |
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Una delle colonne da cui uscivano i fumi di scarico...li sotto, nascosto agli ignari passanti, giace il Diurno... |