Questo racconto è tratto dal manoscritto che Mario Carnelli ed Albino Porro hanno redatto nell'ormai lontano 1984 (il libro è disponibile presso la biblioteca di Gerenzano).
Nel manoscritto viene raccontata la storia della Gerenzano che fu, quella dei nostri nonni e dell'adolescenza dei nostri padri, la vita quotidiana, i lavori dell'epoca, il dialetto come unica lingua, la toponomastica della vecchia Gerenzano...una Gerenzano scomparsa, ma che vive nel cuore dei "nostar vecc" !
Questo blog mensilmente proporrà uno di questi racconti...
Nel manoscritto viene raccontata la storia della Gerenzano che fu, quella dei nostri nonni e dell'adolescenza dei nostri padri, la vita quotidiana, i lavori dell'epoca, il dialetto come unica lingua, la toponomastica della vecchia Gerenzano...una Gerenzano scomparsa, ma che vive nel cuore dei "nostar vecc" !
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Nell’immediato dopoguerra i
"cadregatt" venivano due volte all’anno a Gerenzano, ed il loro posto di lavoro
(sempre all'aperto) era dietro "a la cà di bagatt", cioè la strada del Bettolino.
Erano due uomini robusti, portavano sempre pantaloni di fustagno marrone scuro a
coste larghe e circolavano con biciclette pesanti e con due
portapacchi, su uno dei quali portavano fasci di "lisca", che servivano
all’impagliatura delle sedie.
Allora
a Gerenzano quasi tutte le sedie erano impagliate: poche avevano il sedile di
legno. Il lavoro maggiore lo avevano però dalla chiesa: infatti tutte le sedie
della chiesa erano impagliate.
Questi
"cadregatt" facevano prima il giro del paese, prendevano le sedie rotte, le
portavano nella via del Bettolino e si mettevano al lavoro. Vedere con quale
sveltezza manovravano la "lisca" e con che bravura impagliavano le sedie era un
vero piacere. Ogni tanto "ul Piero bagatt" lasciava la sua bottega da "bagatt" e
con i suoi fratelli "Pin" e "Lisander" andavano lì da loro a scambiare quattro
chiacchiere.
I
"cadregatt" erano bergamaschi e mangiavano da bergamaschi: enormi pezzi di grana
accompagnati da altrettanto enormi pezzi di polenta fredda innaffiati da
bottiglioni di barbera.
A sera, riportate le sedie ai proprietari e salutati "ul Piero bagatt", "ul Pin" e "ul Lisandar" ritornavano da dove erano venuti.
A sera, riportate le sedie ai proprietari e salutati "ul Piero bagatt", "ul Pin" e "ul Lisandar" ritornavano da dove erano venuti.
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