Nella nostra pianura padana, il ravizzone è stato sempre
utilizzato come uno dei principali foraggi per gli animali, mentre in altre
zone d’Italia era ed è molto più diffusa la colza.
Il periodo di fioritura inizia ad aprile, e si protrae
per circa qualche settimana. Piantine gracili si sviluppano per un’altezza di
circa 60 cm, alle cui estremità sono presenti numerosi fiori dai petali gialli.
L’importanza del “ravetun”,
come per la colza, è stata quella di essere un seme oleoso. Seme da cui, fino alla
prima metà dello scorso secolo, si ricavava un olio destinato anche al consumo
alimentare, oltre a servire attualmente come ingrediente per la produzione di biodiesel
(soprattutto la colza).
Infatti, nel periodo delle restrizioni cui fu
sottoposta l’Italia fascista a causa della conquista delle colonie africane, e durante la seconda guerra mondiale e gli anni successivi ad essa,
queste due piante furono utilizzate soprattutto per ottenere un olio da tavola,
magra consolazione nell’allora già misero panorama alimentare della civiltà
contadina.
Ricordo tempo fa che parlando con la madre di mio
cognato, raccontava di come, uscendo dal turno serale dal “Cuton”, arrivava a casa,
dove l’attendeva un bel piatto di patate lesse dal colore giallo/verdastro. Questo
colore che assumevano le patate, era dovuto all’olio “da raveton” con cui erano state condite. Diceva che quell’olio
aveva un sapore forte, deciso, a non tutti piaceva, ma purtroppo era uno dei
pochi condimenti disponibili.
Quasi tutti i contadini del tempo seminavano “ul raveton”, e una volta raccolto, in
parte era dato alle bestie, e in parte era portato al mulino, dove avveniva la
spremitura dei semi. Ogni contadino avrebbe poi portato a casa “ul propri tulòn da oli” per uso
personale, oppure per rivenderlo a vicini e conoscenti.
L’avvento nel dopoguerra di oli di semi raffinati, di
oliva e altre tipologie, ma soprattutto la scoperta della presenza di acido
erucico nel ravizzone, nocivo per l’alimentazione umana, decretò la fine
commerciale dell’olio “da raveton”.
Questa pianta della famiglia delle Brassicacee, le cui
superfici coltivate nell’ultimo decennio sono molto aumentate, fanno splendere
e colorare le nostre campagne, regalando un aggiuntivo tocco di magia al già
bellissimo ambiente naturale che ci circonda.
Consiglio a tutti i gerenzanesi di fare una piccola
passeggiata nelle stradine di campagna a ovest dell’abitato del paese, vi
ritroverete circondati e abbagliati dal giallo “dul raveton”.
Di seguito, oltre alle foto scattate domenica mattina tra
i campi gerenzanesi, trovate anche una ricetta per eseguire la “minestra primaverile di erbe”, dove
negli ingredienti trovate anche “ul
raveton”.
MINESTRA
PRIMAVERILE DI ERBE
(ricetta
tratta dal libro libro “La cucina dell’Appennino fra Liguria, Lombardia ed
Emilia”, autore Alfredo Morsetti)
Ingredienti
per 4 persone
·
Raccogliere
un cesto di erbe selvatiche: ravizzone, cime di ortica, asparagi selvatici,
piantaggine, etc.· Mezzo chilo di patate a pasta bianca
· 200 grammi di fagioli borlotti
· Formaggio fresco
· Timo
Preparazione:
Mondare
le erbe, tagliare a pezzi le patate e lessare a parte per circa mezzora i
fagioli (che saranno stati messi a bagno la notte precedente), aggiungerli poi
alle altre verdure. Bollire il tutto per almeno un’ora. Spegnere il fuoco e
aggiungere delle tagliatelle di farina bianca, il formaggio fresco tagliato a
fettine sottili e il timo. Lasciare riposare per 5 minuti la pentola a
coperchio chiuso, e quindi servire.Un simpatico riccio si aggira tra l'erba |
Campi di "raveton" |
"Ul Zafaron" prepara i campi per la semina |
Piante di ravizzone |
Una distesa di giallo |
Sullo sfondo, il campanile di Gerenzano |
Campo di "raveton" dietro il cimitero |
Tèra bona, tèra da Gerenzan |
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