Eccoci al secondo appuntamento che quest’anno abbiamo
dedicato alle giornate FAI (il resoconto della prima parte lo trovate qui).
Di buona ora ci rechiamo in centro a Milano:
l’appuntamento è per le 10.00 davanti alla sede milanese della RAI, ma per le
9.00 siamo già presenti all’ingresso, in modo da evitare le probabili code dei
visitatori. L’attesa passa velocemente chiacchierando con altre persone, e
finalmente, dopo aver formato un gruppo di cinquanta persone, accediamo alla
RAI. Accolti dalla nostra guida e dopo una breve spiegazione, entriamo
nell’edificio principale.
Edificio progettato nel 1939 da Giò Ponti e Nino
Bertolaia, richiama gli schemi classici dell’architettura fascista di quel
periodo, con strutture razionali e dalle linee pulite. Agli albori la struttura
accolse l’EIAR (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche), mentre nel gennaio del
’54 qui si diede il via alla prima trasmissione della nostra televisione di
stato.
Svariati sceneggiati e opere, si registrarono in questi
studi, ma piano piano, crescendo di popolarità e quindi avendo bisogno di
girare molte più scene e trasmissioni, si rese necessario acquisire nuove
strutture, ecco perché si inaugurarono nel 1962 gli studi “RAI Fiera” (dove si
girarono tra gli altri, “Lascia e Raddoppia” e “Portobello”). In seguito,
dismessa la produzione in “RAI Fiera”, si utilizzarono gli studi di via
Mecenate, attualmente in uso.
Ma torniamo alla nostra visita: entrando ci perdiamo
subito in un dedalo concentrico di corridoi ! La nostra guida ci spiega che in
realtà questo è dovuto al fatto che l’edificio, per avere un’ottima
insonorizzazione, è composto di sette cubi contenuti uno nell’altro (una specie
di matrioska, tanto per capirci).
Il primo studio che visitiamo, è quello da cui è
trasmesso il TG3 Regionale: quello che fa impressione, è sicuramente la
presenza di centinaia di fari dalle svariate dimensioni appese alle
infrastrutture sopra lo studio (che di per sé, al di fuori della scenografia,
sarebbe alquanto ameno e malconcio). Le scrivanie e monitor che vedo tutte le
sere in TV (non mi perdo mai il TGR), sono di fronte a me…il tutto pare molto
più piccolo rispetto a quanto visto in televisione, ma sicuramente non meno
affascinante. Ci viene fatto vedere anche il “gobbo” moderno, ormai incorporato
nella telecamera, mentre una volta era manuale !
Passiamo poi a visitare l’ex studio della filarmonica
della RAI milanese, oggi trasformato in piccolo museo dove sono conservati
alcuni degli abiti indossati durante sceneggiati e trasmissioni di successo.
Dopo un ulteriore giro per i corridoi, arriviamo nello studio dove erano
registrate le trasmissioni radiofoniche. Alle pareti e soffitto è ancora
presente l’isolamento dell’epoca, davvero di pregevole arguzia e ingegneria.
Qui si svolgevano i cosiddetti sceneggiati radiofonici, ovverosia raccontati
alla radio. L’abilità degli attori era di trasmettere con la sola voce stati
d’animo, emozioni e sentimenti in modo da far immaginare all’ascoltatore di
vedere la scena, ma soprattutto era di vitale importanza la figura del
“rumorista”, ovverosia una persona che riproduceva un determinato rumore
richiesto dal copione. Nello studio è, infatti, presente una scalinata che ha
la particolarità di avere i gradini metà di marmo e metà di legno, in modo da
riprodurre un suono diverso, mentre interessantissimo è stato vedere la
“scatola del rumore”, ovverosia un parallelepipedo rettangolare dove sono
presenti porte, finestre, tapparelle e altre cose, che anche qui servivano a
far sentire diversi rumori.
Il giro prosegue lungo la lussuosa scalinata interna
sempre progettata da Ponti, per poi passare nell’ufficio del direttore della
sede milanese. Quest’ufficio presenta ancora gli arredi originali dell’epoca,
bellissimi, semplici ma funzionali ed eleganti.
Infine siamo portati in una piccola sala di visione, dove
ci proiettano un lungometraggio che illustra tutte le principali trasmissioni,
sceneggiati e protagonisti di questi 60 anni di RAI. Volti e musiche conosciute
ritornano alla mente, portandoci indietro nel tempo e regalandoci ancora
qualche emozione…ma soprattutto ci si rende conto che l’attuale TV, confrontata
con quella, permettetemi il termine, è davvero spazzatura.
La nostra visita alla RAI finisce dopo circa 45
minuti…troppo breve questo periodo di tempo per vedere altre interessanti cose,
ci aspettavamo di più, ma nonostante tutto è stata un’esperienza davvero
particolare e simpatica. All’uscita rimaniamo impressionati dalla coda di
visitatori che si è formata…agli ultimi viene comunicato che ci sono almeno due
ore d’attesa…con Sabrina ci guardiamo negli occhi capendoci al volo: avremo
fatto anche una levataccia (per modo di dire), ma almeno abbiamo evitato una
lunghissima coda !
Bene, ci attende la seconda meta della giornata: la Moto
Guzzi di Mandello del Lario. All’arrivo sul lago un vento sferzante e
abbondanti scrosci d’acqua ci accolgono imperiosi. Trovato con qualche
difficoltà un parcheggio, ci rechiamo all’ingresso della Guzzi. Esternamente (e
anche internamente, come vedrò poi) la fabbrica dà l’idea di vecchio, superato
(è stata fondata e costruita nel 1921), ma sicuramente è questo il suo punto di
forza visivo, un legame indissoluto con le sue origini, tradizioni e il suo
territorio. Saltiamo anche qui la lunga fila, essendo soci FAI, e ci rechiamo
nel reparto assemblaggio motori. In bella vista ci si presenta la linea di
montaggio a loro dedicata, motori semiassemblati, ancora esplosi o già montati
sono presenti in vari punti. Avvitatori, trapani, componenti meccanici ed
elettrici sono disposti nelle varie postazioni, dove gli operatori eseguiranno
il montaggio del cuore pulsante della moto.
Usciti dal reparto motoristico, siamo a un bivio: andiamo
al museo o alla galleria del vento ? Optiamo per quest’ultima. Si tratta di un
grosso “cono” orizzontale posto all’aperto, dove al suo centro è presente la
postazione di fissaggio della moto, mentre da una parte si ha l’ingresso dell’aria
e dalla parte opposta l’uscita della stessa. Il vento è creato da un grosso
motore dotato di pale aeree, in modo da ricreare l’effetto vento. Creata nel
1950, la galleria del vento era l’unica presente in Europa a quell’epoca, e
addirittura anche le case costruttrici concorrenti della Guzzi venivano qua a
Mandello a provare l’aerodinamica delle loro moto. Poi purtroppo negli anni è
stata dismessa perché tecnologicamente superata…ora è la Guzzi che va altrove a
testare le sue moto, e questo è davvero un peccato non essere riusciti a stare
al passo con i tempi, anche se immagino che una simile struttura abbia
determinati costi di gestione.
Superiamo dei vecchi capannoni, e ci rechiamo al museo
dell’aquila: qui si respira davvero la storia e gloria del marchio. Il rosso
sfavillante, acceso e ancora grintoso delle vecchie moto degli albori, ci
riporta indietro nel tempo. Moto che paiono sgraziate e antiquate rimangono
però di un fascino fantastico, indescrivibile. Sagome meccaniche squadrate e
semplici che in quegli anni erano il top tecnologicamente parlando, ci fanno
immaginare ancora oggi il rombo del motore di queste nonnette, sfrecciando tra
nugoli di polvere, cogliendo l’ammirazione del passante di turno. Raccontano
l’epoca d’oro della Guzzi, dove il marchio s’impose anche oltre i confini
nazionali, riscuotendo un successo incredibile.
Finiamo di visitare il museo, passando per la sezione
enduro (regolarità), i ciclomotori, la sezione racing, e le vecchie California
in dotazione alla polizia americana, e ci trasferiamo, attraversando un ampio
cortile, nella sezione di assemblaggio moto. Anche qui le linee di montaggio
paiono snelle, essenziali ma efficienti, adiacenti alla zona di collaudo
motori. Un’esposizione delle moto di ultima generazione ci porta nella
modernità attuale, facendoci assaporare la bellezza delle linee ormai
tondeggianti, curve e molto avveniristiche. Bellissime sono la Stelvio (che
rientra nella categoria maxienduro – moto da viaggio che prediligo) e la
California, recentemente aggiornata, dalla linea molto filante.
Un mix di sensazioni retrò, storiche e di aspetti
tecnologici moderni ci porta lunga l’uscita dalla Guzzi, regalandoci un
pomeriggio intenso e “nazionalista”, dove ci si sente orgogliosi di un marchio
italiano. Spero che la Guzzi sia definitivamente uscita dalla crisi
attraversata qualche anno fa, rilanciandosi come marchio anche al di fuori dal
nostro paese, e soprattutto spero che il motociclista italiano torni ad
apprezzarla, lasciando perdere per una volta le moto straniere di cui spesso
tessiamo lodi esagerate, senza guardare prima gli ottimi prodotti di casa
nostra. Arrivederci Moto Guzzi, chissà che un giorno i nostri destini si rincontrino
magari guidando una bella Stelvio !!!
Torniamo alla macchina, e la vicinanza alla Valsassina ci
fa eseguire una piccola deviazione: risaliamo quindi questa valle per recarci
allo spaccio alimentare dell’Alva , dove facciamo incetta di buonissimi salumi.
Arrivando siamo accolti da una copiosa nevicata, il freddo è pungente,
fortunatamente la sosta è breve, e tornando verso il lago, il tempo sembra
migliorare, regalando anche sprazzi di sole.
Ci avviamo quindi sulla strada di casa, non prima, però,
di dirigerci a visitare l’ultima attrazione della giornata in località
Cremella: Villa Pizzi (ex Villa Kramer).
Si tratta di una villa del XVIII secolo di stile
principalmente barocco. Superato il porticato d’ingresso, si possono notare
ancora i locali adibiti a scuderie (vi sono ancora presenti gli anelli murati
alle pareti dove si legavano i cavalli), mentre avanzando di qualche centinaio
di metri, arriviamo all’ala principale della villa. Di fronte si apre un ampio
giardino, dove un faggio e un cedro del Libano entrambi di circa 300 anni si mettono in mostra
in tutta la loro imponenza.
Entriamo quindi nella villa, dove è visitabile solo il
pian terreno. Ampi saloni ad archi, eleganti e armoniosi, ci accolgono,
facendoci quasi sentire dei “piccoli” nobili. Gli arredi nel corso degli anni
sono stati mutati, pur non perdendo in bellezza e sontuosità. In una sala
troviamo un bellissimo camino ricavato nella parete, ai cui lati vi sono ancora
presenti delle piccole panche di legno dove ci si sedeva per riscaldarsi.
Questi camini sono una caratteristica della nostra zona prealpina, in quanto li
ho visti in tante altre vecchie abitazioni, crotti e strutture da me visitati.
La visita è piuttosto breve, data l’esiguità dei locali
visitabili come detto in precedenza. Ci voltiamo un’ennesima volta a vedere
l’ingresso della villa, davvero di pregevole fattura architettonica: la pioggia
fa il suo ritorno, inzuppandoci per il tragitto che ci divide dal “Pandino”.
Stanchi ma felicemente orgogliosi di aver contribuito alla visita di questi
beni patrimoniali che ci regala la nostra Italia, con calma ci dirigiamo verso
casa.
Grazie FAI per averci regalato questi due splendidi
giorni…ti diamo appuntamento alle prossime “Giornate di primavera del 2015” !!!
Di seguito trovate un’abbondante reportage di foto sui
luoghi visitati (soprattutto della Guzzi). Fotografie eseguite da Sabrina
Gatti.
SEDE RAI
|
Antenna trasmettitore |
|
Studio del TG3 Regionale |
|
Carrellata di abiti storici utilizzati in sceneggiati e trasmissioni RAI |
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Il soffitto e lampade di uno studio, opera di Gio Ponti |
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Vecchia telecamera |
|
La scatola dei suoni |
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La scala in metà marmo e metà legno per riprodurre i suoni della camminata su di una scalinata |
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Studio radio |
|
Vecchia postazione di lavoro di un dirigente RAI |
|
La scala interna, opera sempre di Gio Ponti |
MOTO GUZZI
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