In seguito si susseguono altri racconti del periodo di
guerra vissuti sempre da lui e da sua moglie Gardenia.
N.B: questo articolo vuole essere esclusivamente una semplice narrazione di quei fatti storici, slegandosi da ogni idea e principio politico. Alcune immagini possono essere cruente, fare quindi attenzione alla loro visione.
Ecco come si presentava piazzale Loreto intorno al 1940: a destra si vede il "famoso" distributore di benzina |
“Mio
papà mio ha portato in piazzale Loreto perché aveva sentito che i cadaveri di
Mussolini, la Petacci e altri gerarchi erano stati portati presso un
distributore di benzina. Io arrivai dall’attuale viale Brianza portato sulla
canna della bicicletta, e all’incrocio con Corso Buenos Aires vidi ciò che ti
sto raccontando.”
“Una
calca impressionante di gente era presente nel piazzale, con difficoltà, tra
urla e spari per cercare di tenere la situazione sotto controllo, partigiani e
militi avevano il loro daffare per allontanarla dai cadaveri, stesi a terra. In
mezzo a questo caos, si fece largo una donna, che avendo avuto cinque figli
uccisi in guerra, ha sparato cinque colpi a Mussolini, che era già chiaramente
morto. E’ stata una cosa molto impressionante, che mi è rimasta scolpita nella
memoria in tutti questi anni. A un certo punto furono utilizzati anche degli
idranti per distogliere la folla dai cadaveri. Io ero sulle spalle di mio
padre, e vedevo tutto questo molto bene. Lo vedevo con occhi da bambino, ma
bambino cresciuto in mezzo alla miseria e agli orrori della guerra…e quindi, in
parte, la morte che vedevo lì di fronte, era quasi quotidianità.”
I corpi di Mussolini e della Petacci |
Il gruppo dei cadaveri di Mussolini e dei gerarchi fascisti |
Si utilizzano gli idranti per allontanare la folla... |
Video girato dagli alleati in piazzale Loreto
Stesso video (ma più corto) presente nell'archivio dell'Istituto Luce: "Morte di Mussolini"
“Si
era spintonati a destra e sinistra, a volte mi allontanavo mentre altre volte
mi avvicinavo al punto focale di quella tragedia. Gente impazzita, urlante,
rabbiosa ed eccitata si accalcava per vedere quella scena. Trascorsa circa
un’ora dal mio arrivo, mentre tra la folla vi era un continuo via vai di camion
pieni di partigiani, i cadaveri furono issati alla trave del distributore e
appesi a testa in giù. Prima Mussolini, poi la Petacci (cui fu successivamente
legata la gonna in modo da coprire le parti intime), e per finire altri quattro
o cinque gerarchi. Inermi, con le braccia aperte, erano davvero un macabro
spettacolo. Macchie di sangue si vedevano sui vestiti, i visi, soprattutto
quello di Mussolini, erano deturpati (ndr – aggiunta di Ferruccio: il cranio di
Mussolini finirà per essere completamente sfondato una volta deposto dalla
trave, in quanto il cadavere picchierà proprio con il cranio sul cassone del
camion che poi li porterà all’obitorio). Ogni volta che qualcuno era issato, la
gente urlava impazzita di gioia, cercando di riconoscere quale gerarca fosse.
Piano piano, sotto la spinta incessante della folla, mio padre, esausto, si
allontanò nell’angolo opposto della piazza. Qui si riposò un attimo,
guardandomi negli occhi ma senza proferire parola. E con un gesto svelto mi
ripiazzò sulla canna della bicicletta e tornammo a casa. In quel momento non lo
sapevo, ma in realtà ho assistito e fatto parte di un pezzo di storia
italiana…certo drammatica, nuda e cruda per un bambino, ma questo è quello che
ho vissuto e visto il giorno del 29 aprile 1945 in piazzale Loreto.”
L'esposizione dei cadaveri appesi al tralicci del distributore |
Altri racconti...
“In via Garigliano, verso mezzogiorno, ero uscito a fare due passi. All’altezza del muro dell’oratorio, i partigiani hanno portato lì una persona, un fascista, vestito normalmente, con abiti di colore grigio, appoggiato al muro, hanno preso il mitra, e una scarica di pallottole l’ha falciato. Sempre in quell’occasione, hanno legato con una corda una persona, già morta, l’hanno issata alla massima altezza di un palo della luce, poi hanno tagliato la corda, l’hanno lasciato cadere giù di colpo, e il cranio ha fatto …splash…spappolando per terra il cervello.”
“Un’altra
cosa che mi ha molto impressionato erano i passaggi di
“Pippo”, aereo alleato che passava in ricognizione sulla città di Milano. Questo era un
segno “funesto”, perché annunciava un imminente bombardamento. Un giorno i miei genitori,
sapendo cosa significasse il giro di ricognizione di “Pippo”, sono scappati nel
rifugio antiaereo dell’ATM. Io in quel momento ero nel giardino della mia villetta
in viale Zara, e purtroppo non erano riusciti a trovarmi per portare via anche
me. Capendo anch’io l’imminente pericolo, ero piuttosto spaventato, allora ho
attraversato viale Zara per nascondermi in alcune piccole boscaglie presenti
dalla parte opposta del viale. Correvo a perdifiato per raggiungere questo
piccolo nascondiglio naturale ma “Pippo” mi vide e con una leggera virata, a
non più di cento metri d’altezza, iniziò a spararmi contro. A ogni passo di
corsa che facevo, sentivo le pallottole schizzare tra le mie gambe, rimbalzare
a terra…ancor più impaurito corsi più forte, raggiungendo la boscaglia e buttandomi
tra essa, lanciando un urlo di liberazione, o forse ripensandoci a distanza di
anni era solo un urlo di paura vera…sentii l’aereo che passò sopra la mia testa
facendo un gran rumore, per poi allontanarsi a tutta velocità riprendendo
quota. In quell’occasione fui un vero e proprio miracolato…”
“Altro
particolare…mi trovavo a giocare nelle villette sempre di viale Zara, dove
appunto abitavo, e combinazione vuole eravamo molto amici di una famiglia
nostra vicina di casa. Stavo giocando a nascondino con il figlio di questa
famiglia, e mi nascosti dietro il tronco del grosso ciliegio presente nel mio
giardino. Incautamente misi fuori la testa per controllare dove fosse il mio
amico, e in quel mentre, un colpo di pistola mi bruciò il cuoio capelluto,
andando a conficcarsi nel tronco dell’albero ! A sparare fu un “pazzoide”, mai
capito a quale schieramento appartenesse, che abitava nel nostro quartiere. Era
un simil bulletto che “castigava” i bambini senza alcun motivo…si diceva che
qualche giorno prima ne avesse ucciso uno per il semplice motivo che quest’ultimo
aveva osato affacciarsi alla finestra durante il suo passaggio. Anche qui, mi
sono salvato per miracolo…”
“A
liberazione avvenuta, vidi tanti cortei di donne fasciste, con il cranio
completamente rasato e ricoperto di pece, che erano fatte sfilare dai
partigiani tra le vie di Milano.”
“Per
qualche mese ho vissuto da sfollato a Varese, in una casa di ringhiera, non
avevamo alcun tipo di mezzo per vivere…la casa era un locale con un gabinetto
posto sulla ringhiera, e mi ricordo che ho dormito per svariate volte su di un
tavolo per evitare le cimici e pulci presenti in casa. Una notte abbiamo visto
l’incendio di Milano, perché fu bombardata, la vedevamo benissimo che andava a
fuoco.”
“Tornando
a parlare del periodo bellico a Milano, a circa cinquanta metri da casa c’era
un grosso albero, il cui tronco aveva circa un metro di diametro. Mio papà e il
signor T. quest’ultimo notoriamente fascista, comunque persona molto alla
buona, cordiale e simpatica, decisero una notte di tagliare l’albero per
procurarsi della legna con cui riscaldarsi. Sega tu che sego io, l’albero fu
abbattuto, cadendo sulle rotaie del tram. Pesantissimo, i due uomini non
riuscivano a spostarlo. In quel mentre passava un uomo della milizia
repubblicana fascista, che vedendoli in difficoltà, aiutò mio padre e T. a
spostare l’albero e portarlo in casa, più precisamente in cantina, dove fu
tagliato in pezzi più piccoli. Qualche giorno dopo ci fu però un controllo da
parte della prefettura di Milano, la quale si chiese che fine avesse fatto
l’albero presente in quel punto…era evidente che qualcuno li avesse avvertiti
del fatto. Presentatisi in 4-5 uomini a casa mia, dichiararono di voler
sequestrare il tronco poiché di proprietà della città di Milano. Cercarono
quindi di prendere e portare via i vari pezzi, ma pur essendo numerosi, non
riuscirono a spostarli, a causa del loro peso. A questo punto, inviperiti,
dissero di voler denunciare mio padre e T.. Quest’ultimo, da vera faccia tosta,
gli disse: “un momento, ora risolvo io la situazione”. Prese in mano il
telefono, fece un numero inventato, e ricordandosi il nome del prefetto di
Milano, fece finta di colloquiare con lui, facendo credere di essere suo amico,
e spiegandogli che un piccolo manipolo di “rompiscatole” voleva sequestrargli
un albero che gli sarebbe servito per riscaldarsi. La risposta (inventata) del
prefetto fu chiaramente che l’albero dovesse rimanere in casa mia. I
repubblichini, rimanendo di sasso, girarono i tacchi e tornarono da dove erano
venuti. Oggi raccontare queste cose fa ridere, paiono invenzioni, ma ragazzi
miei, se voi aveste vissuto quel periodo, ne avreste visto di tutti i colori…”
“Un’altra
volta invece ci cadde una scheggia di una bomba incendiaria nella camera di mio
fratello, che fortunatamente si è spenta quasi subito da sola perché non c’era
aria nel contesto della camera, ha incendiato solo una gamba del letto.”
“Quello
fu un periodo di grande miseria, miseria nera ! Avevamo la tessera annonaria,
con la quale una volta al mese potevi ritirare da mangiare: pane e riso
soprattutto, qualche volta capitava un coniglio (un vero miracolo era…)….quanta
fame ho patito…”
“Altro
ricordo è quello che i miei genitori diedero (sotto costrizione) le fedi
nuziali in oro al fascio, che fu soprannominata la cosiddetta operazione “Oro
alla Patria”. In cambio ti veniva consegnata una coppia di fedi di acciaio
riportante appunto questa scritta e la relativa data.”
A questo punto nella discussione interviene anche la
moglie di Carlo, Gardenia Z., mantovana d’origine e che visse proprio in quelle
zone la sua gioventù e quindi il periodo bellico. Dice che i suoi genitori,
oltre alle fedi, dovettero dare anche il rame del pentolame, tra cui un
bellissimo e classico paiolo per fare la polenta.
Riprende poi il discorso Carlo, tornando a parlare della
miseria e fame.
“Nel
periodo pre-bellico, ricordo che andavamo a prendere da mangiare nella
salumeria di una mia zia (quel poco che si poteva, sia chiaro), la quale
segnava tutto su un libretto. A fine mese dovevi pagare il corrispettivo di
denaro, ma era più le volte nelle quali in cui mio padre le diceva che avrebbe
pagato il mese successivo…di sicuro però c’era molta più fraternità e altruismo
di adesso, un sentimento di solidarietà più radicato, un maggior amore verso il
prossimo…è da queste esperienze che noi anziani siamo più preposti rispetto a
voi nell’aiutare le persone…noi abbiamo vissuto un periodo triste e buio che ci
ha fatto crescere e maturare in maniera diversa, e che ci ha reso più umani,
meno egoisti…alcune cose viste in quell’epoca dovrebbero essere prese e messe come
insegnamento alla gioventù odierna !”
Interviene ancora Gardenia: “guarda, ti racconto un fatto successo a uno dei fratelli di mio padre.
Una notte decise, in compagnia di amici, di andare a fare una serenata sotto la
finestra della sua morosa. Nel mezzo della serenata, furono sorpresi da una
ronda fascista…fecero tutti in tempo a scappare tranne uno, che si ritrovò
sotto una gragnola di pugni e calci. Il fratello di mio padre invece si nascose
in un fosso, nell’erba che serve a impagliare le sedie, un’erba verde che poi
fatta seccare diventa rossa (la famosa erba palustre). Rimase qui nascosto fino all’alba, in modo da
vedere bene con il chiarore del sole che non ci fosse in giro più nessuno e
recarsi a casa in tutta sicurezza. Insomma durante il ventennio qualche
“spazzolata” si rischiava sempre. Solo durante gli ultimi mesi di guerra,
quando ci fu il grande ripiegamento delle truppe fasciste e tedesche che
attraversavano il Po vicino a casa mia, la situazione si tranquillizzò, perché
probabilmente capirono che per loro era tutto finito, e quindi era meglio non inimicarsi
la popolazione. Durante la ritirata, parte della mia casa venne requisita dai
tedeschi, e trasformata sia in dormitorio, sia in posto di comando. Ricordo che
attraversavano il Po con questi lunghe colonne di camion, su cui addirittura erano
trasportate intere cucine da campo. Ecco l’unico “sgherro” che ci fecero è che
la casa ci fu requisita con l’ausilio delle armi: un comandante tedesco puntò
la sua pistola alla tempia di mio padre, e lo obbligò a cedere parte della
proprietà. Quanta paura in quel momento…”
“Alla
fine quando andarono via, uno di questi, in un italiano quasi perfetto, disse a
mio padre: “Guido, noi ricordarti sempre, quando tornare io portare Franca in
Germania e sposarla (ndr: Franca è una delle sorelle di Gardenia). Questa sera
mio compleanno, fare festa”. E così fu, fecero una grande festa questi
tedeschi, dove mangiarono e bevvero in quantità, ubriacandosi fino allo
stordimento. Figurati che costrinsero a parteciparvi anche mio padre, il quale
era notoriamente astemio, ma sotto loro insistenza (“devi manciare e bere,
manciare e bere”), si prese la sua prima sbornia, i miei fratelli dovettero
andare a prenderlo e portarlo a casa.”
“Ma
quanta paura abbiamo vissuto…mitragliamenti, bombardamenti…Villafranca e Verona
di notte erano sempre illuminate a giorno a causa delle bombe…si vedevano anche
enormi paracaduti bianchi cui era appesa una specie di luce, in modo da
illuminare gli obiettivi. Il loro obiettivo era soprattutto l’aeroporto di
Villafranca, come lo fu d’altronde il lungo ponte sul Po che da Revere portava
a Ostiglia, che fu completamente distrutto. Sai dopo la sua distruzione come
veniva attraversato il grosso fiume da parte delle truppe tedesche ?
Utilizzavano le tinozze di vino a mo di barca oppure le imposte delle finestre,
remando a più non posso. Purtroppo al centro del fiume la corrente era molto
forte, piena di mulinelli, e molti di loro furono travolti e spazzati via dalla
stessa. Le ho viste tutte con i miei occhi queste cose, ero giovane, ma forse
proprio per questo motivo (e anche per la loro drammaticità) mi sono rimaste
ben impresse nella mente. Ricordo che per andare a scuola percorrevo un paio di
chilometri della via che collegava casa mia al centro del paese. Una strada
sterrata, e soprattutto polverosa. Polverosa perché in direzione opposta alla mia,
era percorsa dalle truppe naziste che tornavano in Germania…erano armati fino
ai denti, ma i loro occhi erano tristi, pensierosi…sapevano di essere degli sconfitti,
anche se la guerra non era finita…e forse finalmente anche per loro era giunto
il momento di tornare alle loro case e famiglie. Ma la loro presenza e
imponenza, per una piccola bambina come me, m’incutevano paura e timore: ancora
oggi, quando mi capita d’incontrare anche una semplice pattuglia del nostro
esercito magari in centro a Milano, la mia mente corre indietro a quegli anni e
quei momenti…”Di seguito potete vedere l'attraversamento del Po degli alleati con mezzi anfibi tra Ostiglia e Revere, in quanto il ponte era stato distrutto dai bombardamenti come detto in precedenza da Gardenia.
Prende la parola Carlo: “Inoltre di sera c’era il coprifuoco, e a una certa ora non si poteva
più uscire. Ronde di soldati a tre a tre, armati di fucile, se ti trovavano
fuori durante il coprifuoco le cose si mettevano male, non dico che fucilassero
i passanti, però magari incappavi in qualche infrazione grave secondo loro e
quindi c’erano delle punizioni. Il fascismo è stato sicuramente una dittatura,
però devo dire che sotto il profilo dei servizi sociali ha fatto moltissimo,
perché se vogliamo prendere in considerazione le pensioni, l’assistenza medica,
la maternità, e tutte queste cose che oggi vorrebbero smantellare e che in
altre nazioni non ci sono o sono considerate in maniera minore e magari
peggiori delle nostre, loro le hanno messe e fatte. Sotto un certo profilo sono
state fatte cose buone per il popolo, sotto altri profili, chiaramente
soprattutto sul finire della guerra, hanno fatto degli errori che hanno portato
l’Italia sul baratro sociale ed economico, e dunque Mussolini ha pagato il
tutto sulla sua pelle, essendo stato fucilato con la Petacci. Però, come detto
prima, è dalle conquiste sociali del fascismo che in Italia e in altre nazioni
sono nate aspirazioni (più o meno fatte) per il benessere del popolo.”
“Un’altra
cosa che mi è rimasta impressa è che quando si voleva ripararsi dalla luce, o
meglio nascondere la luce all’interno della casa, a quel tempo generata
soprattutto da semplici candele, mettevamo sui vetri la carta da zucchero di
colore blu, per non dare agli aeroplani dei riferimenti utili. Poi sentivamo
alla radio i proclami di Mario Appelius, noto commentatore fascista: iniziava sempre con la frase “Dio stramaledica gli inglesi”. Questa frase m’impressionava molto tutte le volte che la sentivo… Poi ascoltavamo anche la famosa Radio Londra, che trasmetteva dall’Inghilterra, e
che era proibito ascoltare. La trasmissione
iniziava con una musica di Beethoven quasi drammatica oserei dire (ndr - era la famosa 5ª sinfonia)."
Domanda di Ferruccio a Carlo: “Ma tu hai visto com’è
avvenuta la liberazione di Milano ? Che cosa è successo quel giorno ?
Carlo: “ricordo che
in città sono passati camion blindati e carri armati. Una di queste colonne era
comandata da un partigiano, che passando ci disse anche il suo nome e quello
della sua brigata (che ora non ricordo), dicendoci che Milano era insorta e i
fascisti cacciati. Erano i cosiddetti liberatori…successivamente arrivarono gli
americani, con i loro grossi camion Dodge, e ci distribuirono gallette secche e
chewingum (che io manco sapevo cosa fosse). Ci fecero vedere come masticare le
cicche…sembravamo tutti dei cammelli ruminanti…”
Domanda di Ferruccio a Gardenia: “E tu Gardenia, come hai
vissuto il giorno della liberazione nella zona di Mantova ?”
Gardenia: “Guarda,
eravamo dentro il rifugio e sono arrivati gli americani. Erano chiaramente
tutti in divisa, e ricordo che io mi misi a piangere spaventata dal fatto che
pensavo fossero ancora i tedeschi…corremmo poi tutti a casa e prendemmo il
lenzuolo da mezzo letto, attaccandolo a un palo lunghissimo, che era quello che
serviva per andare a pescare nei fossi i lucci e i gamberi, e l’abbiamo messo
sul tetto per far vedere che la nostra zona era stata liberata. Anche a noi
diedero cicche e gallette…”
“Facendo
un passo indietro, ricordo poi che un giorno preparammo il pane, lavorando un
impasto di circa 30 kg di farina. Il mattino successivo, alle ore 3 (!), ci
alzammo per completare il tutto, e facevamo le “coppie ferraresi”, pane
intrecciato tipico della nostra zona. Poi lo abbiamo messo nelle ceste di
vimini tutte foderate con una tela bianca e chiuse con un coperchio, e ci siamo
recati al forno. Mentre il pane cuoceva, suona l’allarme antiaereo, e quindi
corriamo verso di esso. Cessato l’allarme, torniamo al forno, ma un’amara
sorpresa ci attendeva: tutto il nostro pane era stato rubato !”
Domanda di Ferruccio a Carlo: “Ma tuo fratello più anziano
di te ha fatto in tempo a partecipare alla guerra ?”
Carlo: “Sì, mio
fratello (classe 1922) ha iniziato la guerra nell’aeronautica, poi dopo l’8
settembre c’è stato il cosiddetto fuggi fuggi e si è riparato in Svizzera per
diversi mesi, ma la paura è stata tanta perché poi Mussolini disse che a quelli
che non sarebbero tornati ad arruolarsi nella RSI avrebbero fucilato la
famiglia. Ricordo però che in quel periodo noi eravamo sfollati a Varese, e la
moglie di mio fratello, attraverso un buco della recinzione di frontiera,
ricevette da lui una lettera nella quale diceva che sarebbe rientrato in modo
da farci evitare guai. Il suo rientro avvenne comunque ormai a guerra finita. E
finita la guerra a Milano, è poi partita la ricostruzione, in quanto, come
tutte le principali grandi città italiane, era ridotta a un cumulo di macerie e
palazzi diroccati.”
“Queste
sono le cose che mi sono rimaste più impresse di quel periodo difficile e
durissimo e che abbiamo vissuto sulla
nostra pelle. E sicuramente quella che ricordo benissimo come se fosse oggi, è
l’immagine di Mussolini e la Petacci con il volto sfigurato, penzolanti da quel
distributore…è stato uno spettacolo non molto edificante ma che fa parte della
nostra storia…storia che relativamente ai fatti accaduti a quell’epoca, spero
che non si ripeta più !”Ringrazio Carlo e Gardenia per queste preziose testimonianze.
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