lunedì 16 aprile 2018

Visita alla Casera dello Storico Ribelle...


Arriviamo a Morbegno, lasciamo il paese e ci inerpichiamo con l'auto sulla ripida e tortuosa strada che conduce in Val Gerola. Il tempo è nuvoloso, nubi minacciose ci accompagnano durante il tragitto che ci porta a Gerola Alta, meta della nostra "gita fuoriporta". Le cime delle montagne che ci circondano sono innevate, l'aria frizzante ci fa rimpiangere la temperatura del fondovalle, ma quello che ci aspetta farà scordare tutto questo: siamo finalmente pronti a entrare e visitare la famosa Casera dello Storico Ribelle!

Ma facciamo un passo indietro. Da amante della buona cucina, anni fa mi interessai alla diatriba scoppiata tra i produttori di uno dei più grandi formaggi italiani, il Bitto, tanto è vero che affrontai già l'argomento sul mio blog qualche anno fa in occasione del resoconto di un'altra gita valtellinese (http://limoscena.blogspot.it/2013/04/il-bitto-ribelle.html), e documentandomi tramite il bellissimo libro "I Ribelli del Bitto" di Michele Corti. Non volendo ripetermi e lasciando al precedente articolo linkato la breve spiegazione di ciò che successe (e prosegue ancora oggi a suon di avvocati e sentenze) alla produzione del Bitto, e da cultore delle tradizioni locali e delle loro usanze, è inutile dire da che parte mi sono schierato: I LOVE STORICO RIBELLE. Storico Ribelle che non è nient'altro che il Bitto prodotto secondo gli antichi saperi dei pastori della Val Gerola, valle deputata alla produzione di questo buonissimo formaggio. Esso è prodotto ancora sotto i calècc, tipici ripari con muretti a secco coperti da una tenda, sotto i quali viene fatto bollire il latte nella "culdera" in rame, per poi ottenere la forma di formaggio. La legge ha purtroppo imposto a questi produttori di non potersi più fregiare del nome Bitto, e quindi sono stati costretti a cambiarlo in Storico Ribelle, nome che evoca tradizione e spirito libertino, ma la verità è che essi producono il Bitto vero, quello più buono, quello la cui "ricetta" è tramandata da generazione in generazione, tanto è vero che è stato riconosciuto come Presidio Slow Food!

Bene, in questi anni ho avuto un unico problema con lo Storico Ribelle: la sua reperibilità! Difficilmente dalle nostre parti si trova, è molto più comune reperire il classico Bitto della "concorrenza". Ho quindi deciso di tagliare la testa al toro: recarmi direttamente alla fonte della produzione, ovverosia il famoso Centro dello Storico Ribelle, dove è possibile visitare la Casera (la cantina di stagionatura), effettuare degustazioni e non per ultimo, fare acquisti. Ragion per cui, con gli amici di sempre (purtroppo però parecchi causa altri impegni non sono potuti venire), abbiamo organizzato la visita al Centro di Gerola Alta.

Ok, si entra: all'ingresso una spaziosa sala con tavoli apparecchiati porta già la mente (e soprattutto il palato) all'idea di assaporare lo Storico. A sinistra vi è un piccolo ma ben fornito bancone di vendita, dove i formaggi sono disposti in bella mostra. L'accoglienza è molto cordiale, e capendo la nostra curiosità che ci ha spinto fin lì, non ci fanno perdere altro tempo: in cantina ci aspetta Paolo Ciapparelli in persona!

A sinistra Paolo Ciapparelli
Per chi non lo sapesse, egli è il vero guru e deus ex machina dello Storico. E' lui che bisogna ringraziare per aver difeso la produzione tipica di questo formaggio, a lui si deve il fatto di aver raggiunto grandi livelli qualitativi e organolettici, e sempre grazie a lui lo Storico è stato riconosciuto come Presidio Slow Food.
Una breve scala ci conduce all'ingresso del "Paradiso": forme e forme di Storico sono intorno a noi, emanando un profumo intenso, inebriante, e tra esse si staglia la figura di Paolo!
Si riconosce subito che è una persona di "montagna": schietto, orgoglioso, vero, loquace e diretto quanto basta, ci introduce nella Casera dopo un breve accenno di presentazione sulla sua figura e su come si è arrivati allo Storico Ribelle.
Ma non basta, chiaramente il protagonista è il formaggio, e quindi siamo tutti curiosi di saperne di più sulla sua produzione, cosa cui Paolo non si esime dal fare.
Prodotto esclusivamente nell'alta Val Gerola nel periodo estivo, da cui è ottenuto da latte di vacca di razza bruno alpina e da capre di razza orobica, è lavorato direttamente in alpeggio sotto i famosi "calècc". Dopo una doppia bollitura a diverse temperature, è estratta la pasta che sarà poi messa nelle fascere, dando la forma tipica tonda e schiacciata al nostro formaggio. Le forme, dal peso medio di circa 10 kg, sono poi trasportate a Gerola Alta nella cantina di stagionatura, dove può rimanere a stagionare per svariati anni.

 
Le spiegazioni di Paolo continuano...
Cantina che si divide in tre locali.
Sulla sinistra troviamo la parte dedicata alla stagionatura del formaggio denominato Latteria (trattasi dell'altro famoso formaggio valtellinese Casera, al quale non vogliono dare lo stesso nome per non avere ulteriori problemi anche su questa linea di prodotto).

Il Latteria
Nel locale centrale della Casera troviamo lo Storico destinato alla vendita alla piccola/media distribuzione, tra cui troviamo anche le forme personalizzate destinate a Peck o ad altri importanti negozi o addirittura lussuosi hotel stranieri. Poste su più ripiani grezzi ottenuti da abete (volutamente così lavorati per assorbire l'umidità del formaggio) e suddivise in base al produttore (attualmente sono 12), le forme riposano perfettamente allineate e distanziate tra loro. Ogni giorno vengono accuratamente spazzolate e ben ripulite.

Una delle forme di Peck


Uno dei produttori, Alpe Soliva...
Campanaccio appeso al soffitto...
Nell'ultimo locale della casera troviamo invece a stagionare le forme vendute con dedica personalizzata: in pratica, qualsiasi persona può acquistare una forma intera di Storico e personalizzarla graficamente a suo piacimento. E' una geniale trovata di marketing ideata da Ciapparelli. Ogni anno circa 180 forme sono vendute con questo metodo, e l'idea ha talmente riscosso successo che ora, bisogna mettersi in lista d'attesa già per il prossimo anno per potersene accaparrare una.








La culdera...
Finisce qui la nostra visita alla Casera, ma torniamo al piano superiore per la degustazione di rito. Siamo fatti accomodare a un tavolo, e nel giro di qualche minuto arrivano dei taglieri con vari assaggi: nella foto sottostante, da sinistra a destra, troviamo il Muntascin, formaggio fresco, Latteria, Storico 2017 e Storico 2016. Ad accompagnare il tutto scelgo personalmente una bottiglia di AR.PE.PE., uno dei miei produttori preferiti, e la scelta ricade su "Il Pettirosso", Nebbiolo (Chiavennasca per la precisione) in purezza, di cui ho fatto qualche mese fa una recensione che potete leggere qui.



L'allegra compagnia...
Una "pènagia" esposta in sala...
Sgabelli monopiede da mungitura appesi alle pareti...
Inutile dire che gli assaggi sono stati deliziosi, un crescendo di gusto e complessità notevoli, passando dal magro Muntascin al più compatto Latteria, arrivando allo Storico 2017, che seppur giovane denota già un gusto e olfatto ben deciso e delineato, finendo con l'annata 2016 in cui si riconosce nella sua totale grandezza questo tipo di formaggio, ritrovando solidità e pastosità, eleganza, profumo e un gusto di notevole marcatura. Chicca finale l'assaggio portato a parte di uno Storico annata 2012: siamo su un altro pianeta ancora, stupefacente, ma con una simile stagionatura si allontana dalla tipologia e caratteristiche di questo formaggio.

Con l'acquisto di qualche pezzo di Storico d'annata e di Latteria, termina la nostra visita alla Casera dello Storico Ribelle. Visita davvero molto interessante, che consigli a tutti, amanti della buona tavola e non, soprattutto perché viene valorizzata in questo luogo una tradizione che non deve essere assolutamente perduta, ma anzi fatta conoscere e portata avanti!

La degustazione ha immancabilmente aperto un languorino allo stomaco. Ma siamo stati previdenti, e seppur non sia dietro l'angolo, abbiamo prenotato un tavolo presso il ristorante "Da Nello" a Ponte in Valtellina. Conoscevo già questo ristorante perché avevo avuto occasione di pranzare durante un'uscita di lavoro, consigliato direttamente da gente del posto, è il classico ristorante alla mano, un poco datato come arredamento e locali, ma la cucina è davvero superba!
E anche questa volta le "sciure" della cucina non si sono smentite: antipasto di salumi della casa, sciatt a volontà, pizzoccheri squisiti a non finire, sorbettino al Braulio, dolcetto e amaro!
Alcune immagini del ristorante "Da Nello", noterete la mancanza di foto dei piatti a causa della mia voracità, che non mi ha fatto pensare di immortalare almeno un piatto di pizzoccheri...

Una delle arcate caratteristiche del ristorante...

Foto del ristorante appese alle pareti...

La tavolata...

Ponte in Valtellina visto dal ristorante...

La ricetta dei pizzoccheri del ristorante...

Cime innevate viste dal ristorante...
Alla fine lasciamo l'amata (soprattutto per me) Valtellina rituffandoci nel caotico traffico della pianura, ma consapevoli di aver passato una giornata stupenda in ottima compagnia, andando alla scoperta di realtà enogastronomiche di eccellenza poste sul territorio lombardo!

sabato 6 gennaio 2018

Il Pettirosso della Valtellina...

E' da molto tempo che non scrivo in maniera assidua sul mio blog... famiglia, lavoro, impegni e tante altre attività mi hanno portato negli ultimi due anni ad avere poco spazio per occuparmi di esso.

Ma come un uccello migratore, il quale ogni anno percorre migliaia di chilometri in un lungo viaggio che lo porta ad attraversare paesaggi, luoghi e climi diversi, ma che alla fine torna sempre nel luogo di nascita, ecco che anch'io ritorno a scrivere sul blog.
E voglio farlo parlando di un simpatico "volatile" che troviamo comunemente in autunno e inverno nei nostri giardini: il Pettirosso!

Ma qualcosa non torna... il Pettirosso che stavolta ho incontrato io è arrivato direttamente dalla Valtellina, e si è posato ormai da qualche anno nella mia cantina a riposare! E' forse giunto il momento di svegliarlo e riportarlo alla luce...

Spero che abbiate capito che il protagonista di questo mio articolo non è il pennuto dal petto rosso-arancio, ma uno dei vini della mia cantina valtellinese preferita, la rinomata AR.PE.PE., la quale produce un vino rosso il cui nome è proprio "Il Pettirosso" !

Il Pettirosso IGT Terrazze Retiche di Sondrio IGT
Annata 1997
Titolo alcolometrico 12,5%
Lotto 5 194
Uvaggio Nebbiolo
Produttore Cantina AR.PEP.PE. Arturo Pelizzatti Perego

Quindi il Pettirosso della mia cantina è un "semplice" Terrazze retiche. Forse non dovrei avere grandi aspettative da questa bottiglia, seppur io sia amante della Chiavennasca in tutte le sue sfaccettature. Però in questo caso il "manico" conta, e se il manico è quello della famiglia Pelizzatti Perego, si può essere certi che passando dal loro Grumello Buon Consiglio, al Sassella Vigna Regina e Rocce Rosse, dall'Inferno Fiamme Antiche fino ad arrivare al "mio" Pettirosso IGT siamo davanti in qualsiasi caso a grandi vini (ed ho tralasciato altre eccellenti loro etichette)...
Non mi resta che assaggiarlo...

Sull'etichetta posta sul retro della bottiglia si legge che nell'annata 1997 (definita eccezionale dallo stesso produttore), ne sono state prodotte 14.660 bottiglie, ottenute da grappoli selezionati e successivamente affinato per quattro anni in botti di rovere. Abbinamenti indicati sono carni rosse, selvaggina, formaggi di media e lunga stagionatura (qui un bel Bitto o Casera la farebbero da padrone)...


Un colore granato scarico con riflessi aranciati e una grande consistenza "illuminano" e rendono vivo il bicchiere, da cui sono sprigionati molteplici profumi: marasche, ciliegie sotto spirito e prugne rosse sono la parte fruttata del bouquet aromatico di questo vino, per poi immergersi in un mare di note speziate e mentolate, dove ritroviamo cannella, china, rabarbaro, pepe nero, liquirizia, tabacco affumicato, caramello e vaniglia.


In bocca è setoso, avvolgente, largo, forse non "magro" come mi aspetterei da un Nebbiolo valtellinese, proseguendo con una buona alcolicità smussata da freschezza e sapidità, con dei tannini rotondi, ben svolti, e con sentori di cioccolato e caffè che invadono e gratificano il palato.
Un vino che non smentisce la bravura del produttore e la vocazione del territorio nella produzione di grandi bottiglie... equilibrio, ottima persistenza e armonicità concludono le sensazioni gusto-olfattive di questo meraviglioso vino...

E di sicuro non poteva essere abbinato che a un grande e classico piatto della cucina di Casa Carnelli: ossobuco di vitello con funghi porcini in umido, questi ultimi bottino delle uscite autunnali dello scorso anno. Profumo, aroma e consistenza dei porcini e sono stati ottimamente equilibrati da corpo, morbidezza, tannicità e intensità del vino, le quali hanno egregiamente accompagnato anche dolcezza, succulenza e aromaticità di carne e intingolo.


Un matrimonio perfetto tra un grande vino e un grande piatto della tradizione lombarda, che si rivela uno dei migliori modi per iniziare questo nuovo anno...