venerdì 20 marzo 2020

Il pianto della vite: come preservare la vista nella tradizione contadina...

Nelle scorse settimane ho provveduto a potare le piante da frutto di casa mia, tra cui le svariate qualità di viti d'uva: americana, "grenta" ovverosia Clinton, Barbarossa, Regina e Italia.

Sono piante a cui sono particolarmente affezionato:

  • l'americana e "grenta" perché da sempre presenti nel mio frutteto
  • La Barbarossa perché era una vecchia varietà presente in Gerenzano, che l'amico Armido Mognoni ha recuperato e me ne ha successivamente donato un tralcio da trapiantare
  • La Regina perché fino agli anni '60 dominava l'ingresso di casa Carnelli con svariate e imponenti topie (se si vuole approfondire il significato di topia vedi qui), da cui pendevano bellissimi grappoli dagli acini enormi, vera e propria caratteristica di questo vitigno (ancora oggi mio zio ne decanta la bellezza, il colore e grandezza, ricordando quando veniva a casa mia per trovare sua sorella, ovverossia mia madre). In ricordo di tutto ciò, ho provveduto recentemente a piantarne una vite, nella speranza di vedere ed assaggiare quanto prima quest'uva 
  • L'Italia, ultima piantata, perché donatami da un collega

Ma torniamo a parlare della fase di potatura della vite.
Quando si arriva a recidere il tralcio di questa pianta, si vive sempre un'emozione particolare: dal taglio eseguito, fin da subito fuoriesce un liquido trasparente come acqua, che piano piano gocciola a terra o scorre lungo il ramo.
E' la linfa della vite, che nel periodo di avvicinamento alla primavera e quindi al germogliamento, riprende con vigoria a scorrere attraverso il fusto ed i tralci, iniziando a dare il via ad un nuovo ciclo vitale della pianta! Essa è un insieme di zuccheri, composti organici ed acidi che fanno da vero e proprio "corroborante" alla vite, risvegliandola dal riposo vegetativo invernale.
Ed è curioso vedere come questa linfa serva anche a cicatrizzare le "ferite" imposte dall'uomo alla vite: infatti, seccandosi sul punto in cui è avvenuto il taglio del tralcio, essa contribuisce a "ricucire" il tessuto ligneo, ricordando vagamente la funzione cicatrizzante delle piastrine contenute nel nostro sangue.

Appassionato di vecchie tradizioni contadine, conosco molto bene quella legata al "pianto della vite" o "lacrima della vite", in quanto a casa mia è sempre stata raccontata da mia madre (e l'ha anche "subita").

Ma in cosa consiste?

Semplicissimo: nel mondo contadino di una volta, quando arrivava il periodo della "lacrimazione della vite", compito delle donne era prendere i figli, fin dalla nascita, e portarli nei pressi del tralcio "lacrimante". Qui, le donne si bagnavano le dita delle mani, e le facevano passare sugli occhi e palpebre dei bambini. Ci si metteva poi a mani giunte, recitando il Padre Nostro. Era credenza popolare che, facendo questa operazione, si sarebbe preservata la vista negli anni a venire.
Dobbiamo ricordare che nel passato, buona parte delle malattie che oggi noi riusciamo a curare, una volta potevano essere in realtà causa di grossi problemi di salute, e le cure, se esistenti, erano esclusivamente alla portata dei ceti più abbienti.
Per questi motivi esisteva quindi una "medicina" alternativa in uso tra i più poveri (e quindi tra i miei amati "paisan" contadini del tempo): una "medicina" empirica, legata a leggende, tradizioni e riti dell'epoca, tramandate di famiglia in famiglia, che a volte sfociava anche in innocente ed ingenua stregoneria. "Medicina" che è stata in uso fino a qualche decennio fa, ancora oggi magari qualche "giovanotto" della mia età può raccontare di essere passato tra uno dei tanti "rimedi" della nonna. Per esempio, ricordo benissimo come se fosse ieri il famoso "decòtu", decotto in dialetto turatese, alla malva contro il mal di testa, ricetta di mia nonna "Giuanina" soprannominata la "biòla" (nota: era ben a conoscenza del proverbio "u la malba, tutt i mal i a calma", ovverosia la malva era utilizzata come rimedio a svariati dolori).

Staccandoci un attimo dal rito del "pianto della vite" ma pur sempre legato alla vista, vale la pena ricordare che i "nostar paisan" riconoscevano, nel caso di dolore o arrossamento agli occhi, il fatto che non ci fosse alcun tipo di "medicina" valida alla risoluzione del problema.
"Ul nient l'è bon par gli oeucc" dice un proverbio saronnese, ovverosia non c'è alcun rimedio per gli occhi.
Semplicemente essi, tramite una preghiera, chiedevano l'intercessione di Santa Lucia, patrona della vista, per cercare di alleviare e far passare il malessere.

Pur affidandosi quindi a tutta questa "medicina" alternativa, a volte probabilmente il tanto bistrattato e deriso mondo contadino non andava molto lontano dal trovare il corretto rimedio per le varie malattie.
Nello specifico caso dell'utilizzo della linfa della vite, possiamo vedere come al giorno d'oggi venga impiegata all'interno di colliri, ed allargando il campo d'utilizzo, come agente contro il trattamento di verruche e porri, oppure in creme per il viso e contro le macchie della pelle.
Mentre volgendo lo sguardo ad un passato molto più remoto, già Plinio il Vecchio faceva riferimento in uno dei suoi libri contenuti nell'opera "Naturalis Historia" ad una mistura di lacrima di vite e sangue di rana da applicare sugli occhi, mentre Santa Ildegarda, esperta naturalista vissuta nel XII secolo, nel suo libro "Causae et curae" indicava le lacrime di vite come rimedio a vista annebbiata, mal di orecchie e mal di testa.

Come detto in precedenza, mia madre ha avuto il "privilegio" da piccola, di avere gli occhi bagnati dal pianto della vite. Racconta che mio nonno Angelo, ul regiùù du la cà, quando potava l'uva diceva a mia nonna: "vegn chì cunt i fioeu, che vegnan giò i gott du l'uga". Ma se dobbiamo vedere i risultati, direi che sono stati pessimi, visto che indossa gli occhiali da ormai tantissimi anni!

Battute a parte, chi mi conosce sa il mio amore nel portare avanti la conoscenza di queste vecchie usanze e tradizioni, in quanto facenti parte della nostra storia locale. E continuerò a farlo, perché pur vivendo nel XXI secolo, sento di appartenere a quel mondo bucolico...

Di seguito alcune foto scattate a casa mia del "pianto della vite".

Lacrima quasi addensata...


Piccole lacrime...


Quasi in caduta verso terra...