lunedì 22 luglio 2013

Le porte d'ingresso di Gerenzano (parte seconda) - da Cislago - Turate alla Fagnana (via Don Gnocchi)

Affrontiamo ora le porte d'ingresso relative al quadrante numero 2: partiamo dall'asse superiore della Varesina spostandoci verso ovest, fino alla zona più esterna della frazione Fagnana.

A nord-ovest di Gerenzano la statale è la principale via d'accesso per "l'ignaro passante". La grossa rotonda a monte del paese convoglia le persone che arrivano dalla parte settentrionale della nostra provincia e le persone che arrivano da Turate e dai paesi che si addentrano nel comasco, utilizzando la sopraelevata sulle Nord.

Anche da questa porta d'ingresso alcune industrie e relativi capannoni sfruttano la facilità d'accesso e di posizione strategica dati dalla presenza di un asse viabilistico molto importante.

Posizionandosi sulla rotonda, con le spalle rivolte verso Cislago, sulla destra notiamo i seguenti capannoni:

- Athena, fabbrica di lampadari ed esposizione
- Andreani, esposizione di caminetti, porte, ceramiche, etc. La sede principale di fabbricazione è invece posta a Sondrio.


Queste aziende sono precedute da un piccolo boschetto, molto conosciuto dai "fungiatt" locali, in quanto in autunno regala chiodini a ripetizione. Peccato però che questi chiodini saranno pregni del piombo scaricato dalle auto, visto che i funghi assorbono i metalli pesanti, quindi sconsiglio vivamente di raccoglierli (e ve lo dice un "fungiatt" figlio di "fungiatt" di lungo e navigato corso).
A parte che molto probabilmente il boschetto potrebbe sparire, visto che il PGT presentato qualche anno fa prevede al suo posto lo sbocco e attacco alla rotonda esistente di una nuova strada che dovrebbe servire la futura parte residenziale di Gerenzano, posta nella zona nord-ovest del nostro paese. Non so poi ora se questo progetto andrà avanti oppure no.

Torniamo a parlare della visuale che vediamo dalla nostra rotonda...a sinistra troviamo il complesso della Tergas Keros, azienda che commercializza combustibile per svariati usi. Da anni presente sul nostro territorio, riconoscibile per il colore bianco (e una volta anche rosso) che caratterizza i suoi magazzini e silos di stoccaggio.


Passando oltre troviamo l'Arioli, azienda storica che in passato ha "sfamato" tanti gerenzanesi, prima che una grossa crisi riducesse volumi d'affari e personale.

La palazzina uffici dell'Arioli

Le piante che nascondono il grosso capannone esterno della ditta
 
Mi addentro verso l'ingresso del paese, e mentre sulla sinistra noto un vasto campo agricolo alle cui spalle sorge anche qui un'ampia vasca di laminazione, sulla destra trovo invece un recente capannone usato a metà: ovverosia, per intenderci, la parte verso il supermercato Picard è adibita a uffici, la parte più esterna è invece aperta, e non utilizzata. Anche qui "l'ignaro passante" si domanda quindi a cosa serva questa costruzione: uno scheletro non completato, in disuso, che appare in tutta la sua bruttezza grigia di cemento...
Non è sicuramente un bel vedere come biglietto d'ingresso al paese, visto che è posizionato proprio dietro al cartello indicante l'inizio dell'abitato di Gerenzano...


Svolto a destra e trovo la rotondina che fa da giunzione tra via Monte Rosa, via Firenze e via dei Casari.
Via Firenze si prolunga fino alla frazione della Fagnana. Provenendo da questa via, che corre parallela alla Varesina, possiamo notare ancora molti campi agricoli, dove è posizionato uno dei gelsi ancora esistenti a Gerenzano. Le poche case presenti sono molto belle, è una piccola zona ancora verde e tranquilla. Sullo sfondo, verso ovest, nelle giornate terse, il massiccio del Monte Rosa spicca per la sua imponenza, attorniato dalla catena delle Alpi.

Via Firenze proveniendo dalla Fagnana

La rotonda d'ingresso a Gerenzano

Alla rotonda svolto a destra in via dei Casari, e giungo in via Don Gnocchi. Questa via collega la parte finale della Fagnana e la parte iniziale della Massina a Gerenzano, sfruttata soprattutto dai residenti di quest'ultimo per recarsi al famoso D'Ambros.

L'incrocio tra via dei Casari e via Don Gnocchi
Anche qui trovo molto verde, la zona agricola si spande a vista d'occhio verso ovest, in lontananza si vede la macchia dei boschi del Rugareto.
Mi fermo all'incrocio tra via Don Gnocchi e via dei Casari. A sinistra, separata da me da un campo agricolo, trova sede l'azienda Fastosi, storica ditta gerenzanese metalmeccanica, fucina di tanti ragazzi apprendisti meccanici e negli anni divenuti ottimi professionisti del settore. L'azienda è un fulgido esempio di gestione familiare applicata alla piccola industria.

Fastosi
Di fronte alla Fastosi si nota il cimitero, il cui punto più vicino sono i colombari di recente costruzione. E' previsto un ulteriore ampliamento del cimitero proprio da questa parte e verso "ul Zafaròn".


"L'ignaro passante" conclude qui la sua avventura delle porte d'ingresso gerenzanesi relative al quadrante numero 2.
Quadrante che sicuramente offre ampio respiro spostandoci verso ovest, dove l'agglomerato urbano del paese lascia spazio alla campagna ancora viva, coltivata e coccolata dagli ultimi agricoltori locali.
Piuttosto grigio invece l'ingresso a Gerenzano dalla parte superiore della Varesina, dove trovano anche qui spazio (seppur in maniera più limitata) alcune piccole e medie industrie.

Le porte d'ingresso di Gerenzano (parte prima) - da Saronno alla stazione delle Nord Gerenzano - Turate

Tempo fa, sull'inserto domenicale del quotidiano La Prealpina (che si chiama Lombardia Oggi), lessi un'intervista a un varesino (inteso proprio come abitante di Varese città) nella quale dichiarava che il sud della nostra provincia, soprattutto la zona di Saronno, è davvero brutta, piena d'industrie e capannoni, con un traffico ben al di sopra della media.

La cosa non è che sinceramente mi abbia lasciato perplesso o stupito. Tralasciando per un attimo la questione traffico (con cui sono pienamente d'accordo), tra le tante "battaglie" che porto avanti spesso su questo blog e a voce tra amici e conoscenti, c'è quella contro l'espansione edilizia ormai incontrollata e inutile (sia industriale, commerciale e residenziale), che porta ogni giorno a un eccessivo consumo di suolo delle nostre aree verdi e boschive, lasciando al loro posto, nella maggior parte delle volte, autentiche "brutture" di cemento.

Ho quindi voluto verificare personalmente, immedesimandomi in una persona comune che giunge per la prima volta a Gerenzano, cosa potrebbe pensare del nostro paese in base a ciò che vede e incontra a livello di territorio e costruzioni.

E' come un semplice giochino: analizzare visivamente quello che s'incontra da tutte le vie d'accesso (o quasi tutte perlomeno) al paese (vie d'accesso definite "porte d'ingresso" nel titolo dell'articolo).
Verrà preso in considerazione solo ciò che è posto all'inizio di ogni "porta", senza addentrarsi poi verso il paese, in modo da capire qual è il biglietto da visita che proponiamo agli occhi della gente.

Per facilitare la consultazione di ciò che leggerete e vedrete più avanti, ho suddiviso le porte d'ingresso a Gerenzano in quattro quadranti, che si svilupperanno in senso antiorario partendo dalla parte di Saronno.

Quadrante numero 1: da Saronno alla stazione delle Nord Gerenzano - Turate
Quadrante numero 2: da Cislago - Turate alla Fagnana (via Don Gnocchi)
Quadrante numero 3: dalla Massina alle discariche
Quadrante numero 4: dal Parco degli Aironi a Saronno

Siete pronti ? Sì ? Ok, armiamoci di macchina fotografica e partiamo !!!

QUADRANTE NUMERO 1: da Saronno alla stazione delle Nord Gerenzano - Turate

Tralascio il "cementificio Bossi", prima bruttura che incontro arrivando dallo svincolo dell'autostrada (mentre sulla destra trovo un concessionario d'auto), e mi fermo alla rotonda della vecchia Varesina che arriva dalla città degli amaretti, Saronno.

Un cartello pubblicitario elettronico, riportante sotto una cartina di Gerenzano, mi accoglie "regalandomi" extrasconti su servizi relativi ai nostri odierni cavalli ferrati. Alla distanza di 10 metri, un secondo cartello m'indica che sto varcando il territorio comunale di Gerenzano, e devo fare attenzione poiché un terzo cartello, riportante la sagoma del viso di un "ghisa", mi avvisa di stare "all'occhio", data l'eventuale presenza del controllo elettronico della velocità.


Ma poi l'occhio cade inevitabilmente su ciò che è presente dietro ai cartelli: un manufatto in lamiera arrugginita, vetri rotti e tetto in pannelli di Eternit fa bella mostra di sé, facendo sussultare "d'orrore" "l'ignaro passante".
Trattasi di un ex capannone di un artigiano che lavorava in tutte le "salse" il rame: pentolame, lampade, sedie e i più svariati oggetti si potevano trovare da lui. E devo dire che erano anche belli, avendo avuto occasione di visitarne l'esposizione. Poi, una volta andato in pensione (una decina di anni fa), il capannone è stato lasciato al suo destino.

Sul lato opposto troviamo invece il supermercato adiacente al centro commerciale Bossi, e successivamente troviamo un negozio di abbigliamento (lo stabile di quest'ultimo negli anni ha subito vari cambi d'uso: ex fabbricato facente parte della Montepilli, è diventato sala Bingo prima, discoteca poi, fino a diventare quello che è oggi).




Ma se giriamo lo sguardo di nuovo a destra, un'altra dose di "spavento" ci attende: l'ex fabbricato dell'OCAR, azienda di autoricambi ormai dismessa da moltissimi anni. Anche qui vetri rotti fanno bella mostra di sé, inutilmente protetti da saracinesche "a rombi", erbacce riempiono la base del muro perimetrale, ricoperto di mattonelle marroni una volta lucenti...
OCAR e il capannone dell'artigiano del rame sono l'area in cui è previsto il nuovo "mini" centro commerciale del Santino. Se uno s'immagina questa nuova colata di cemento e tutto il traffico che ne conseguirà su questa zona già ora al collasso, quasi quasi rivaluta l'attuale situazione dell'area (anche se è una bella lotta effettivamente).


Meglio passare oltre.

Lo sguardo cade sulla porta d'ingresso oserei dire principale di Gerenzano: il ponte dell'autostrada A9. Pare un po' una strettoia che incute timore, ma per arrivare al nostro paese il passaggio è obbligato. Sulla sinistra della foto possiamo vedere che le barriere antirumore poste tempo fa sui lati dell'autostrada, sono già state imbrattate da qualche genio di writer...notiamo invece a destra un cartello stradale di color marrone, da cui spicca una bellissima immagine di una chiesa: la chiesetta di San Giacomo ! Finalmente qualcosa che valorizza il paese, penserà "l'ignaro passante" nel vederlo, dopo aver assistito al precedente festival degli orrori.


Sulla destra del cartello d'interesse storico, si apre uno spazio verde ben curato, da cui spunta una viabilità un po' particolare, che fa accedere al "famoso" Santino, ben noto e grosso centro di abbigliamento. Milanesi e limitrofi lo considerano una mecca, dove sperperare i loro denari...


Lemme lemme supero il ponte dell'autostrada, arrivando a un ulteriore rotonda. Un uppercut mi devasta la mascella !
Una simil astronave aliena nera e rosa pare atterrata a Gerenzano. Il nuovo capannone costruito una decina d'anni fa a destra della strada è davvero sconcertante. Colpisce per le sue fattezze massicce, squadrate e tonde assieme, s'impone in maniera decisa alla vista. Un vero esempio di edilizia industriale moderna, sicuramente utile per gli scopi cui è destinato, ma davvero sgraziato ai nostri occhi (e prima era anche peggio, in quanto la mezzaluna nera non c'era, è stata costruita in un secondo momento).


Se allungo lo sguardo all'orizzonte, seguendo la striscia d'asfalto della Varesina, si notano già sullo sfondo ulteriori strutture industriali. Vabbè, insomma, mica ci si può sempre lamentare, da qualche parte la zona industriale ci dovrà pur essere per far lavorare 'sti gerenzanesi...(vedremo poi invece, anche nei prossimi articoli, come la zona industriale di Gerenzano si sia sviluppata a macchia di leopardo).

A sinistra della strada provinciale, separate da un campo di grano da quest'ultima, si allarga un'ulteriore serie d'industrie: Gefran (ex SIAE Peterlongo), ditta di traslochi e ricambista di elettrodomestici hanno piazzato qui da anni la loro attività.


Riparto lungo l'asse della Varesina. Superata l'astronave nera e rosa, nell'ordine incontro: un'azienda che lavora il marmo (Galimberti, anche se non so se sia ancora sua), la sede di un ex negozio di abbigliamento (oramai chiuso da due anni), e un altro scheletro di cemento che mi manda definitivamente al tappeto !!!




 
L'ultima foto sopra, è una di quelle cose che per me, gerenzanese dalla nascita, non ho mai capito. Questo capannone esiste da quando io ero "piscinin", e la parte scheletrica è sempre rimasta in queste condizioni. Ma qualcuno è capace di spiegarmi com'è possibile arrivare a simili situazioni ? Chi era, chi è il proprietario dello stabile ? Qual era la destinazione d'uso all'epoca ? Perché non è mai stato finito ? Per quanto ancora dovrà rimanere in queste condizioni ?
Se io mi pongo tutte queste domande indignate di fronte a questo scempio, m'immagino cosa possa pensare "l'ignaro passante".
 
Ok, voltiamo lo sguardo a sinistra: la rimessa di un gommista si mette in bella mostra con il simpatico omino "ciccione" della Michelin. Prima del gommista, facce "tese" provenienti dall'adiacente autolavaggio mi scrutano in maniera minacciosa, temendo che forse fotografi lo spazio dedicato alla loro attività...meglio ripartire va...anche se spiegassi cosa sto facendo temo che non ci credano...
 
 
 
Spostiamoci quindi, come dicevo in apertura, in senso antiorario verso est, per vedere le altre porte d'ingresso gerenzanesi.
Utilizzando la nuova strada sopraelevata sulla ferrovia che scorre parallela all'A9, giungo nei pressi di via Moneta. Prima, però vengo colpito dalla grandezza della vasca di laminazione che è stata costruita (e quindi ci siamo ritrovati "gratuitamente" sul nostro territorio) con l'ampliamento della terza corsia dell'autostrada. Il piccolo boschetto che vedete sullo sfondo, prima arrivava a lambire l'autostrada, ora è notevolmente arretrato. Era "terreno di caccia" di mio padre, in quanto andava lì a recuperare legni di robinia da trasformare in bastoni per i "tùmatas" del nostro orto.
 

Arrivo alla nuova rotonda di via Rovello, e imboccato il ponte, giungo alle case di via Moneta, piccola frazioncina di Gerenzano.
Da questa parte si può raggiungere il paese da Saronno (tramite una stradina che è stata asfaltata pochi anni orsono), oppure da Rovello, seguendo un sentiero che attraversa "pertich e pertich da càmp cultivàa".
Tutte le stradine sterrate che si diramano da Rovello a Gerenzano, sono state in passato il mio campo d'allenamento dove correre e cercare (con scarsi risultati) di tenersi in forma. Si correva tranquilli, in mezzo al verde, incontrando leprotti selvatici e fagiani coloratissimi, qualche biker con cui ci si salutava cordialmente, trattori impegnati ad arare i campi...insomma un bel "terreno" dove allenarsi e immergersi nella natura. Ultimamente ho notato che molti gerenzanesi hanno riscoperto quest'area, dove fare una corsetta o una passeggiata...bene, altri spazi verdi che la nostra comunità sta riscoprendo.
P.S. curiosità: tra Gerenzano e Rovello è presente un radar segnalatore per aeromobili. Se avete occasione di passare sulla stradina sterrata che è di fronte all'installazione, dategli un'occhiata.


Via Moneta, giungendo da Saronno

La via sterrata che giunge da Rovello

Retrospettiva della stessa strada, sullo sfondo le case di via Moneta


Il ponte dell'autostrada dal lato di via Moneta
Devo sinceramente dire che "l'ignaro passante" difficilmente penso possa giungere a Gerenzano da questa parte, in quanto più che altro è un accesso che solo gli abitanti della zona sfruttano e conoscono.
 
Risupero il ponte, e giungo di nuovo alla rotonda di via Rovello. Sulla destra trovo l'ex ORAI Italia (ora Saponificio Rondinella). A partire dalla metà degli anni '80, questa è diventata una zona residenziale di "lusso". Ville e "villoni" la fanno da padrone...
La casa bianca che vedete in foto, sul finire degli anni '70, era l'ultima casa della via, isolata da tutto. Ora alla sua sinistra, e prima di lei (verso il passaggio a livello, per intenderci), le nuove ville l'hanno ormai agglomerata in un'unica serie continua di case. Ampi campi coltivati resistono comunque al cemento, aprendo l'orizzonte verso Turate e le Prealpi comasche e varesine (il bianco del faro di Brunate di giorno e i suo fasci multicolori di notte rendono la visuale quasi da cartolina).
 
 
Altra porta presa in considerazione è quella della stazione Nord, provenendo da Turate. I nuovi palazzi, imponenti, lustri nel loro colore beige nuovo di zecca, spadroneggiano lungo il viale della stazione, riducendo a piccole macchie verdi i tigli quasi centenari presenti sulla strada (e recentemente potati).
La recente rotonda sbigottisce "l'ignaro passante". Per andare in via San Francesco bisogna prima passare dal via come a Monopoli...pazzesco !
 
 
Giungo al semaforo sulla Varesina: i lavori per la nuova rotonda procedono, reti arancio delimitano il cantiere. Il vecchio caseggiato sede della filiale locale della BPM ci accoglie a Gerenzano.
 
 
Su quest'ultima foto si concludono le porte d'ingresso gerenzanesi del primo quadrante.
 
Che cosa può notare il nostro "ignaro passante" ?
Che provenendo da Saronno, centri commerciali, industrie in attività e capannoni dismessi la fanno da padrone, dando l'idea di una zona altamente antropizzata (cosa che effettivamente lo è).
Per contro, una zona ampiamente verde si incontra provenendo da via Moneta, dando respiro alla parte est del paese.
Piuttosto insignificante e fredda (a mio parere) è l'area della stazione, valorizzata forse solo dalla presenza del Villaggio Amico (inteso come stabile di utilità sociale).


venerdì 5 luglio 2013

Il Verduno Pelaverga del Commendator Burlotto...


Verduno, piccolo paese situato in quel fantastico territorio che corrisponde alle Langhe, ci regala una "perla" ottenuta da un'uva autoctona della zona: il Pelaverga.

La perla corrisponde alla seguente bottiglia:

Verduno Pelaverga DOC
Titolo alcolometrico: 14%
Vitigno: Pelaverga 100%
Annata: 2010
Lotto: LVP211
Produttore: Azienda vitivinicola Commendator G.B. Burlotto

Azienda storica delle Langhe, la Burlotto è ormai un nome consolidato nel panorama vitivinicolo italiano, presentando sul mercato una buona gamma di prodotti, che spaziano dai cru di Barolo fino a Barbera e Dolcetto, passando per il Verduno Pelaverga.

Quest'ultimo vitigno mi ha sempre incuriosito, e quindi, avutane occasione di prendere 3 bottiglie di Burlotto, sono finalmente riuscito ad assaggiarlo.

Sul retro etichetta leggo: "ottenuto da uve Pelaverga piccolo, storica varietà coltivata nel paese di Verduno".

Il vino matura per circa 3 mesi in botti di rovere, i successivi 2 mesi li passa in acciaio, per poi finire con ulteriori 2 mesi di affinamento in bottiglia.

Un colore rosso rubino molto scarico ma brillantissimo colpisce appena versato nel bicchiere, con una grande consistenza che si nota sulla parete dello stesso.



Ma ciò che sbalordisce è il suo profumo: nella mia "carriera" di degustatore non mi è mai capitato di sentire profumi così particolari e netti. Le spezie la fanno da padrone, cannella, pepe, liquirizia si distinguono benissimo, sfociando poi in note di rabarbaro, talco, piante officinali, malva cotta (che mi ricorda il famoso "decocch" che faceva mia nonna materna per far passare il mal di testa), rosmarino, menta, prugna e ribes, lampone e uva spina, viola, limaia di ferro (particolarissima)...profumi inebrianti che impressionano per la loro pulizia e fragranza !

Quello che mi spaventa ora è la gradazione alcolica: mi aspetto un vino potente, robusto, forse non indicato da bere in questo periodo, ma tutto ciò è smentito una volta assaggiato.
Fresco e morbido, secco, con tannini ben integrati ma leggermente amaricanti nel finale, presenta una struttura snella e lineare, un attacco al palato con una buona acidità larga, viva, vera spina dorsale del vino. Pecca forse di poca personalità in bocca, risultando un poco anonimo rispetto alla sua "potenza" di profumi al naso. Ma probabilmente tutto ciò mitiga l'alcol presente, facendolo risultare beverino e per nulla stancante.

Comunque nella sua tipologia risulta essere un buon vino, intrigante, sensuale e molto, molto particolare, con note che oserei definire "femminili".

Con Sabri l'abbiamo degnamente accompagnato a un'ottima scaloppina di vitello con porcini valtellinesi (questi ultimi purtroppo sono stati gli ultimi della nostra scorta, occorre in autunno dirigersi in Valtellina per farne incetta).



Consiglio a tutti di recuperare qualche bottiglia di questa tipologia di vino, perchè ne rimarrete sicuramente colpiti ed ammaliati...tenendo anche conto che il prezzo è davvero "commovente" !!!

lunedì 1 luglio 2013

Il bocciodromo di Gerenzano...

In questi giorni ho trovato in rete la notizia della riapertura del bocciodromo di Saronno, chiuso da qualche anno, e ora prossimo all'inaugurazione dopo un adeguato lifting sia interno che esterno.

Apprendo che fu chiuso principalmente perché i ricavi ottenuti dal gioco delle bocce erano minimi (dovuti anche al calo delle presenze dei giocatori), e quindi la struttura non incassava adeguati ricavi per andare avanti.
Ora l'offerta del bocciodromo sarà diversificata: nella parte interna, sono spariti i campi da bocce, e lo spazio sarà utilizzato come area polifunzionale. All'esterno invece rimarranno quattro piste per gli amanti del gioco bocciofilo.

Come sappiamo, anche a Gerenzano è (era) presente un bocciodromo. Bocciodromo che è ormai chiuso dalla fine degli anni novanta, e la proprietà (la parrocchia locale), nel corso degli ultimi anni, ha deciso di trasformarlo in centro di raccolta materiali per la Caritas.
Come mai però cessò la sua attività di bocciodromo ? A dire il vero il motivo della sua chiusura non è ben chiaro, sarebbe potuto essere d'aiuto mio padre in questo caso, poiché faceva parte del consiglio parrocchiale, ma purtroppo ormai è tardi per chiederglielo.
Ho provato comunque a chiedere informazioni in "giro", e pare che il motivo sia stata "l'allegra" gestione di allora delle persone a cui era stata data in appalto la struttura, dove veniva permesso agli avventori del locale di giocare anche "a soldi" (poi magari può darsi che ci siano stati altri fattori, forse anche qui gli introiti erano calati, anche se io lo ricordo sempre pieno di gente).

A mio padre comunque non sfuggiva nulla, tanto è vero che tra le centinaia di fogli di appunti di vita gerenzanese da lui scritti, vi ho trovato la data dell'inaugurazione del bocciodromo: 8 aprile 1973. E' addirittura più vecchio di quello di Saronno, visto che la costruzione di quest'ultimo risale alla fine degli anni ottanta. Sarebbe bello magari se qualche gerenzanese avesse qualche foto di quest'inaugurazione, per vedere come fu fatta, i partecipanti, etc. etc.., oppure se potesse raccontare di persona questo fatto, attendo fiducioso qualche riscontro.

Aggiornamento del 04/07/13: rovistando a casa mia tra le foto di mio padre, ho trovato queste 4 scattate al bocciodromo. Si vede don Maurizio Pargoletti (il mitico "prevost") che entra al bocciodromo, poi c'è una persona (il sindaco di allora ? il presidente della bocciofila ?) che tiene un discorso prima di una premiazione, e poi ancora il prevosto che parla anche lui alla folla (benedice il bocciodromo ?). Chissà se davvero riguardano l'inaugurazione della struttura.

L'ingresso di don Maurizio Pargoletti
Discorso del sindaco ? O presidente bocciofila ?
Continuazione del discorso - N.B. la penultima persona a destra, è una faccia a me conosciuta (anche se non so nome e cognome), magari risalendo a lui possiamo capire in quale occasione sono state scattate le foto
Benedizione di don Maurizio ?

A Gerenzano il gioco delle bocce ha una lunga e antica tradizione...quasi tutte le vecchie osterie di un tempo avevano una loro pista, e la partecipazione era massiccia.
Ma su queste cose non voglio aggiungere altro, troverete tutto ben spiegato sul libro "Rimembranze gerenzanesi - parte seconda" di prossima pubblicazione, dove naturalmente l'autore è mio padre (date le circostanze non ha fatto in tempo a pubblicarlo di persona, è riuscito solo a preparare la bozza tutta interamente scritta a mano e di suo pugno, quindi io ne ho raccolto il testimone e mi sto dando da fare per fargli vedere la luce)...
P.S. ricordo, per chi non lo sapesse, che il manoscritto "Rimembranze gerenzanesi" - parte prima, risalente all'ormai lontano 1984, si può consultare presso la biblioteca comunale di Gerenzano. L'unica pecca è che in tutti questi anni è stato defraudato di alcune delle foto presenti, nonchè tenuto in pessime condizioni.
N.B. in realtà "parte prima" l'ho aggiunto io ora, perchè all'epoca mio padre non immaginava di farne un seguito, mentre sulla nuova bozza ha ben specificato lui in prima persona "parte seconda".

Torniamo al bocciodromo gerenzanese: anch'io me lo ricordo bene.
Strategicamente è posizionato benissimo, ovverosia in centro al paese, e nella sua corte c'è ampio spazio per il parcheggio delle macchine, quindi non presentava alcun problema sotto questo punto di vista.
Aveva due ingressi: uno verso il lato più vicino alla chiesa, l'altro più interno verso la sede della banda musicale. Si salivano quei tre o quattro gradini e si entrava in un altro mondo. Subito ti trovavi di fronte le piste (4 mi pare), dove si sentivano il fragore della bocciata e il rotolare delle bocce. I giocatori erano sempre concentrati, quasi in religioso silenzio...calcavano le piste con apposite scarpe, in modo da non rovinare il fondo di sabbia fine della pista. Vi era sempre qualcuno appoggiato alle balaustre metalliche che faceva da spettatore e dava le indicazioni del caso (come sempre da fuori è facile parlare, poi quando si "era dentro", le cose cambiavano).
Tutto ciò strideva invece con il chiasso, il vociare, e il fumo presente nella zona bar. Un lungo bancone dove si sostava per bere un "cicchetto", oppure ci si sedeva a giocare a carte su uno dei tanti tavolini presenti tra il bar e le piste. Pacche sulle spalle, risate e anche qualche "parola di troppo" volavano sulle ali di una scopa o briscola.
Il bocciodromo era aperto tutto il giorno, anche la sera....era uno dei ritrovi principali dei gerenzanesi.
Non nego che anch'io e i miei amici, allora circa venticinquenni o giù di lì, abbiamo trascorso qualche serata a giocare a bocce (poche in realtà...ci sembrava più che altro un mondo per "pensionati" all'epoca). Certo sfiguravamo in confronto ai "campioni" locali, ma ci si divertiva (ricordo ancora lo sguardo di uno di loro mentre giocavo indossando i mocassini con la suola di cuoio...scosse la testa come per dire "por fioeu"...).

Queste piste le hanno calcate anche mio nonno, eccellente giocatore (nella bacheca della bocciofila gerenzanese vi erano esposti molti dei suoi trofei...chissà dove sono finiti ora), e mio padre, anche se giocava con minor frequenza, essendosi avvicinato a questo sport quando ormai si trovava già in pensione.

Ricordo che quando ero "piscinin", mi trovavo in piazza al pomeriggio dopo la scuola per prendere il pullman che ci portava ai corsi di nuoto in piscina a Lainate. Nell'attesa, verso le 14.30, con la sua pedalata svelta, sbucava dalla via dell'oratorio la figura di mio nonno, che in sella alla sua bicicletta nera con ancora i freni a bacchetta e con la sua borsa di pelle blu contenente i suoi due set di 4 bocce ciascuno, si recava al bocciodromo...e non faceva ritorno a casa prima delle 18.00 !!!
Anche mio padre aveva comprato un set nuovo di bocce per sé...quelle del suo babbo non volle utilizzarle perché erano un ricordo di suo padre, e non voleva "sciuparle"...la sua serata fissa da dedicare alle bocce era il giovedì sera. Raggiunta la bocciofila, si ritrovava con i suoi soliti tre amici di "bocciata" e iniziavano così a sfidarsi tra loro a coppie. La coppia perdente doveva pagare un giro di bevute all'altra.

Poi un giorno il bocciodromo chiuse...

Caduto ormai nell'anonimato generale della piazza della chiesa, non rimane che notarlo solo per  i suoi grossi finestroni, che permettevano l'ingresso della luce diurna illuminandone l'ambiente.
Forse i più giovani non sanno neanche cosa sia quella struttura addossata alla chiesa, o forse ne hanno sentito parlare ma non hanno mai avuto occasione di vederla internamente.

Come detto prima, la nostra curia ha deciso di riaprirlo, anche se non più con la funzione precedente, ma adattandolo ad altri bisogni della comunità locale. Per carità, lodevole iniziativa, ma sarebbe stato bello (a mio personalissimo parere) continuare a gestirlo come bocciodromo, facendolo tornare parte integrante della vita sociale e ricreativa gerenzanese, già di per sé abbastanza spenta a dire il vero...

Nel frattempo possiamo solo passarci accanto e sentirlo parlare...sì perché si narra che accostando l'orecchio alle sue porte d'ingresso e "aguzzando" l'olfatto, si sentano ancora i forti colpi delle bocciate, le urla di gioia dopo una vittoria, le risate tra amici, i battibecchi per un giro di carte andato male, l'aria piena di fumo di sigarette e toscani...ma soprattutto emana un richiamo forte, magnetico, viscerale...è stato per circa 25 anni tra i fulcri della vita del paese...e forse lo vorrebbe essere ancora, ritornando ai veri fasti per cui era stato creato...ecco perché passandoci accanto, ne siamo inconsapevolmente attratti...e penso che a tanti gerenzanesi sarebbe piaciuto tornarci a giocare e usufruire dei suoi spazi...

Il bocciodromo visto da piazza della chiesa

Costeggiandolo, si accede al cortile interno, adibito a parcheggio

Il cortile interno verso la sede della banda musicale


L'accesso dalla piazza visto dal cortile interno

Il bocciodromo visto dal cortile

L'ingresso posto verso la piazza

L'ingresso principale dal cortile. Sbirciando all'interno, si vedono solo tante file di scaffali, le piste sono scomparse

La borsa di pelle blu del "Gruppo Bocciofilo Gerenzanese" appartenuta a mio nonno

Targhetta autografa sulla borsa riportante nome e cognome di mio nonno

Le ultime bocce "ufficiali" di mio nonno contenute nella borsa, con i panni per pulirle

Una cassa di vecchie bocce di mio nonno