lunedì 27 gennaio 2014

Comune di Gerenzano: “I nostri primi cinque anni di autonomia” (parte prima)

Recentemente sono venuto in possesso di un interessante libretto stampato dalla Giunta Comunale di Gerenzano che fu in carica dal 27 maggio 1951 al 27 maggio 1956, guidata dall’allora Sindaco Giovanni Porro.


In esso sono raccolti tutti i dati e le opere relativi a questo quinquennio eseguiti dalla prima Amministrazione Locale del paese. Ricordiamo, infatti, che Gerenzano ridivenne comune autonomo (assieme a Uboldo e Cislago) solo nel 1950, in quanto dal 1928 fino ai primi anni dopo la fine della guerra fu accorpato a Saronno.
Questo libretto possiamo considerarlo una specie di “opera” di propaganda politica distribuito ai cittadini gerenzanesi, dove la giunta dell’epoca mette in risalto i buoni risultati ottenuti. Insomma, già a quei tempi si cercava di mettersi in buona luce davanti agli elettori, in modo da “accaparrarsi” il voto alla successiva tornata elettorale. Tralasciando quest’aspetto, lo stampato per noi gerenzanesi odierni ha una grossa valenza storica, perché in esso troviamo molte informazioni dell’epoca riguardanti la vita “tributaria” e la trasformazione e ammodernamento del paese avvenute nell’immediato dopoguerra.

Sulla copertina del libretto in mio possesso, sono presenti anche il nome, cognome e indirizzo del destinatario. Devo quindi presumere che fu distribuito a tutta la cittadinanza, o perlomeno alla maggior parte delle persone residenti in paese.
All’interno, dopo una piccola presentazione, sono affrontati e sviscerati vari punti d’intervento: bilancio, imposta di famiglia, palazzo comunale, pubblica istruzione, edilizia popolare, sistemazione stradale, illuminazione pubblica, sanità pubblica, opere varie, assistenza e beneficenza.

Vediamoli voce per voce (n.b: ho suddiviso il tutto in due parti che pubblicherò a distanza di alcuni giorni tra loro, in modo da rendere più snello l’articolo e non annoiare troppo il lettore).

BILANCIO (suddiviso in entrate e uscite per ognuno dei cinque anni)
Anno 1951

Entrate: £ 53.227.745

Uscite: £ 49.938.295

Anno 1952
Entrate: £ 97.126.291

Uscite: £ 95.572.897

Anno 1953
Entrate: £ 128.230.262

Uscite: £ 123.204.726

Anno 1954
Entrate: £ 89.849.702

Uscite: £ 88.203.291

Anno 1955
Entrate: £ 38.068.143

Uscite: £ 38.068.143

Anno 1956
Entrate: £ 41.094.232

Uscite: £ 41.094.232
Si nota che nel biennio ‘55/’56 il bilancio è stato chiuso in perfetto pareggio (sicuramente devono esserci state delle manovre di “aggiustamento” per chiudere in maniera perfetta fino all’ultima lira), mentre negli anni precedenti il bilancio è stato sempre in segno positivo.

Le sottovoci principali presenti nei bilanci in ogni anno sono: residui attivi (o passivi nel caso delle uscite), entrate (o spese nel caso di uscite) effettive, movimento di capitale, contabilità speciali.



IMPOSTA DI FAMIGLIA
Nei cinque anni dell’amministrazione Porro, il gettito proveniente dall’imposta sulla famiglia è praticamente triplicato. Questo fatto viene giustificato come necessario, dato che non si poteva trascurare alcuna fonte d’entrata per risollevare le sorti del neonato comune. Per districarsi nella giungla di come applicare questa tassa, fu nominata un’apposita commissione, che portò ai seguenti risultati:

Prospetto introiti per tassa famiglia
Anno 1951: £ 3.850.000

Anno 1952: £ 4.226.000

Anno 1953: £ 4.636.000

Anno 1954: £ 4.975.000
Anno 1955: £ 5.726.000

PALAZZO COMUNALE
Quando Gerenzano fu nominata comune autonomo, si affacciò la necessità di creare una degna sistemazione per la sede comunale. Mancavano, però i locali idonei, e momentaneamente tutto fu inserito nell’unica sala a disposizione presente nell’ex Palazzo Clerici, in precedenza utilizzata dall’ufficio anagrafe. Il problema da risolvere però era urgentissimo, in quanto la coabitazione del Commissario Prefettizio, Segretario, impiegati e pubblico era impossibile. Palazzo Clerici fu quindi non più ritenuto idoneo, anche perché non corrispondente alle necessità, e quindi prese corpo l’idea di riutilizzare l’edificio delle scuole pubbliche ubicato in Piazza XXV Aprile, che già prima dell’incorporazione con Saronno era adibito a tale scopo. Quest’idea si tramutò in realtà quando si perfezionò il progetto del nuovo palazzo scolastico (l’attuale scuola Clerici in via Zaffaroni). I lavori di ristrutturazione del nuovo Palazzo Comunale durarono circa 7 mesi, e nel dicembre 1951 la nuova sede fu inaugurata. Con tutti i pro e contro, e differenze del caso, faccio notare che i nostri bisnonni e/o nonni a quanto pare furono molto più pratici e veloci nell’ammodernamento del Palazzo Comunale, mentre noi ci stiamo mettendo anni !

I costi dell’opera furono pari a £ 3.620.000, in parte coperti dalla vendita dell’ex Palazzo Clerici.


PUBBLICA ISTRUZIONE
Scuola elementare di stato

Come sopra descritto, le scuole di Piazza XXV Aprile furono riadattate a sede del Palazzo Comunale. Bisognava quindi procedere alla costruzione di una nuova sede scolastica.
Fu individuato un terreno adatto, sito in via Zaffaroni, i cui proprietari erano i fratelli Pagani. L’estensione del terreno era pari a 6286 m², e venne pagato £ 9.730.000. La progettazione fu eseguita dall’architetto Valenti di Milano, mentre i lavori esecutivi furono appaltati alla ditta Pigozzi di Cislago.

Furono costruite 16 aule con ampi seminterrati, che potevano soddisfare a moltissime esigenze complementari alla scuola. Le aule furono arredate modernamente: un impianto centrale radio trasmittente era collegato con altoparlanti a tutte le aule; il materiale didattico - scientifico è stato arricchito.  Cura particolare si ebbe per la sistemazione del cortile e dei giardini, facendo in modo che il complesso scolastico potesse essere considerato tra i migliori della nostra provincia e anche di altre provincie.
Ritengo che il complesso scolastico di via Zaffaroni, rivedendolo ancor oggi, esteticamente sia stato all’avanguardia per quei tempi. Una costruzione dai tratti lineari, semplici ma puliti, squadrata ma allo stesso tempo aggraziata, sicuramente ben studiata per il compito cui era adibita, ha accompagnato negli anni tante generazioni di gerenzanesi, divenendo, oltre che scuola elementare, anche la prima scuola di vita che i bambini affrontavano. Anche il bambino Ferruccio Carnelli è passato nelle aule di quella scuola, e tanti bei ricordi legati a essa affiorano nella sua di uomo ormai adulto….

Le nuove scuole elementari
Scuola professionale serale
La sede della scuola professionale serale risulta essere ancora assente, ma l’amministrazione cercherà di prevedere nell’immediato futuro la risoluzione del problema. Nel frattempo vengono erogati contributi finanziari in vista di un potenziamento e maggior attrezzatura per la scuola.

N.B: non sapevo che a Gerenzano vi fossero anche delle scuole serali…
Asilo infantile

Anche in questo caso furono erogati contributi finanziari per l’asilo.
Alla fine del capitolo riguardante la pubblica istruzione, è presente il prospetto degli emolumenti stanziati per questo settore: la loro somma è pari a £ 67.030.000.

EDILIZIA POPOLARE
Al termine della guerra, non per eventi bellici, ma per l’arresto di nuove costruzioni e per le aumentate esigenze dei cittadini, anche a Gerenzano il problema dell’edilizia popolare assumeva aspetti preoccupanti. In parte fu risolto grazie ad interventi di carattere privato, in parte il comune dovette assumersi le sue responsabilità e provvedere alla costruzione di alloggi popolari.

Fu costruita una prima casa popolare che diede alloggio a 6 famiglie. Si facilitò il compito alla Società Cooperativa Edificatrice “Casa Mia” che costruì 26 villette e un condominio per altre 6 famiglie. Fu acquistato poi il terreno dell’I.N.A., dove sorsero altri 12 alloggi, e furono stanziati 14 milioni per la costruzione di altri 8 appartamenti.
Vi copio pari pari la frase conclusiva di questo capitolo presente sul libretto: “Con tutte queste opere anche il problema della casa non è completamente risolto ma si può considerare in fase di avanzata risoluzione”.

Una sorta di piccola autocelebrazione certamente giusta, per carità, che di sicuro aveva una sua valenza a quel tempo, visto che sicuramente si aveva necessità di nuovi spazi abitativi.
Al giorno d’oggi invece suonerebbe in maniera molto stonata, perché il business della casa ha ormai più valenza a livello di soldi che rispetto a reali necessità. Ormai tutti edificano tutto e su tutto, senza sapere se in realtà abbiamo bisogno di nuovi alloggi e zone industriali. E intanto grazie a tutto ciò la nostra campagna, il nostro verde, cedono il passo al grigio del cemento e delle strade…ma questa è un’altra storia…

SISTEMAZIONE STRADALE
Sistemazione della via Circonvallazione

Nel libretto viene indicata come una strada dalla tortuosità non indifferente. Si tratta dell’attuale via Risorgimento, che dalla Varesina arriva al cimitero (e lo oltrepassa). L’iniziale tracciato prevedeva che fosse dritta, ma dopo le lamentele dei proprietari terrieri ai quali venivano in parte espropriati i loro possedimenti, la strada fu conformata con più curve, in modo da accontentare tutti. Ma ormai con l’avvento sempre più numeroso di macchine e camion, e l’intenzione far deviare il traffico all’esterno del paese, questa strada doveva essere riadattata a principi più moderni, ragion per cui è stanziata la somma di £ 2.515.000 per la sua sistemazione definitiva.
Sistemazione stradale centrale

Sono descritti gli interventi eseguiti a livello di sistemazione del manto stradale, soprattutto riguardante il centro del paese.
Vengono asfaltate via XX Settembre, Zaffaroni, Duca degli Abruzzi, Piazza XXV Aprile, Piazza Libia (l’attuale Piazza De Gasperi), via Gondar, Quarto dei Mille, e successivamente è prevista l’asfaltatura di altre strade.

Altri lavori eseguiti sono:

·         la formazione di marciapiedi per l’incolumità dei pedoni

·         la sistemazione di aiuole con macchie di verde

·         il convogliamento stradale e privato dai cortili delle acque a mezzo di apposite camerette

·         la sistemazione del Viale Stazione con relativa cordonatura e alberatura

·         l’allargamento del primo tratto di via Carlo Berra

Le spese sostenute per l’esecuzione di queste opere ammontano a £ 19.804.000.

Il viale Stazione con la nuova alberatura
Con il capitolo relativo alla sistemazione stradale, chiudo il primo articolo dedicato a questo opuscolo. Nei prossimi giorni pubblicherò la seconda parte.

martedì 21 gennaio 2014

San Pietro e Chablis...

Da amante della terra marchigiana, delle sue bellezze naturalistiche e della sua gastronomia, qualche tempo fa mi regalai un superbo libro riguardante la locale cucina di pesce, intitolato "Cucina da mare marchigiana".
Centinaia di ricette su svariate tipologie ittiche dell'Adriatico mi perseguitavano durante i miei sogni notturni, talmente era vasta l'offerta presente su questo libro !
Ricette vecchie, a volte segrete, tramandate da generazione in generazione venivano svelate in tutte le loro sfaccettature sulle pagine dell'opera.
Spigole, rombi, orate, cozze, pagelli, bianchetti, calamari, granchi, sogliole, triglie, San Pietro, scorfani, anguille e tanti altri pesci erano accuratamente descritti e successivamente cucinati in mille maniere...
Tra le specie mi ha subito incuriosito il pesce San Pietro. Così recita la sua descrizione sul libro: pesce dall'aspetto sgraziato, qualità pregiata, carne compatta, molto gustosa. Così chiamato, dice la leggenda, in riferimento ad un pesce preso dall'apostolo Pietro, con le mani, nel lago di Tiberiade. Nella Bocca del pesce, Pietro avrebbe rinvenuto, come suggeritogli da Gesù, monete per un importo pari alla somma occorrente per il pagamento di un'imposta.
E subito sotto ecco la ricetta che ho deciso di fare per cucinarlo: San Pietro alla forestiera. Sembrerebbe che il "forestiero" fosse il soprannome di un pescatore proveniente da fuori regione, imbarcato su un peschereccio marchigiano. Abile cuoco, l'uomo avrebbe lasciato questa ricetta entrata ormai nell'uso comune.

Bene, mi reco in pescheria, ed ecco che sul bancone del pesce fresco trovo lui, il mio obiettivo: il San Pietro !
Mette un poco di soggezione: grosso e piatto, fauci enormi e pinne molto aguzze, colore grigio scuro e con una specie di occhio sul centro del corpo...chiedo di pesarne uno...il responso della bilancia è di 1,2 kg (già pulito)...perfetto, è del peso giusto per la mia ricetta ! Pago (il conto è piuttosto salato), e mi dirigo di corsa a casa, la cucina mi aspetta !
Ok si parte: primo intoppo...non ho una padella abbastanza grande da contenerlo. Mi maledico da solo perché temevo proprio questo, ma a spanne in pescheria mi era parso che potesse starci...!
Ma non mi faccio prendere dal panico, si esegue al volo una piccola variazione alla ricetta facendolo al forno in un'ampia teglia.
Secondo intoppo: ero convinto di avere già in casa dei piccoli pomodorini, ma a quanto pare la voracità delle mie due donne li ha fatti sparire qualche giorno prima. Bene, dovrò quindi arrangiarmi con polpa di pelati.
Riordino le idee e inizio quindi a preparare la ricetta (con variante personale visti i problemi sopra descritti)...
Sbuccio due patate, le taglio a fette sottili, e dopo aver unto con abbondante olio la mia teglia, le dispongo sul fondo di quest'ultima. Poi prendo il mio San Pietro, e dopo avergli dato una bella lavata, lo adagio sul letto di patate. Prendo i pelati, e con l'aiuto di un cucchiaio li dispongo sul pesce.
Trito grossolanamente una quindicina di olive denocciolate e una manciata di capperi, dispongo anche loro nella teglia, poi un pizzico di sale e pepe, una spruzzata di vino bianco, chiudo la teglia con carta stagnola, e voilà, il San Pietro finisce diretto in forno (precedentemente portato alla temperatura di 180°) !

Dopo circa 45 minuti, con Sabri verifichiamo la cottura del pesce: è perfetta !
Ecco qui il San Pietro cotto...

 
Procediamo quindi alla sfilettatura della carne, facendo attenzione a pulirla dalle lische presenti. L'operazione comunque risulta piuttosto semplice, e in un batter d'occhio i filetti, ricoperti dal sughetto di olive, capperi e pomodori, sono sui nostri piatti ! Che dire, era la prima volta che mangiavo questo pesce, e sono davvero rimasto colpito dalla sua tenerezza e soprattutto dalla sua delicatezza ! Carni piuttosto magre, friabili ma ben consistenti, dal sapore dolce e fine, ci hanno stupito positivamente. Il tutto era poi ben supportato dall'intensità delle olive e soprattutto dei capperi, creando una miscela di sapori mediterranei davvero eccelsi !

Ma il dilemma è poi stato il vino da abbinarci. Ero partito con l'idea del classico abbinamento territoriale, ovverosia un buon Verdicchio. Poi pensandoci bene, ho deciso che il mio primo San Pietro meritava qualcosa di più altisonante. Scendo quindi in cantina, e tra le varie bottiglie trovo uno Chablis "Vaillons" Premier Cru di Gérard Duplessis. L'annata è una 2010, quindi teoricamente, per il povero vino, sarebbe un infanticidio ! Però ho voglia di qualcosa che sia davvero fresco, acido, che mi apra il palato come una lama, e quindi decido di macchiarmi di questo crimine: il "Vaillons" sarà sacrificato !

 

Titolo alcolometrico pari al 12,5%, uve Chardonnay 100%, affinato in acciaio per 12 mesi e successivamente 6 mesi in botte piccola, è uno Chablis destinato all'invecchiamento, che regge benissimo anche per svariati anni. Caratteristica di questi vini è la spiccata mineralità, vera espressione territoriale della zona.
Un'accentuata consistenza nel bicchiere, con un colore giallo paglierino davvero limpido, è il preludio alle note sprigionate al naso. Quarzo, gesso, silice, con un richiamo marino di iodio, supportano poi pompelmo, pesca bianca, vaniglia, burro di cacao, sentori di frutta secca e fiori bianchi, accomunati da un'esplosività progressiva davvero incessante.
In bocca è tagliente, acidità ben rimarcata ed espressa, mineralità impressionante, con una struttura davvero ricca, tonda ed opulenta. Pulizia in bocca invidiabile per un vino giovane, chiusura leggermente corta, ma questa si può concedere, si farà con il tempo. Davvero meriterebbe di lasciarlo riposare per qualche anno, in modo da arricchirsi ulteriormente di sfumature e smussare un poco l'aggressiva freschezza. Sono curioso di assaggiare più avanti negli anni anche suo fratello maggiore, il Grand Cru Les Clos (sempre di Duplessis) presente in cantina...prevedo grandi soddisfazioni !