mercoledì 10 aprile 2024

I volti dei gerenzanesi di 100 anni fa...

Regiùu cun't i lur capelasc negar, donn e tusan  cun't ul vel, e fioeu gerenzanes da pusèe da cent'ann fa!


Cartolina di piazza della chiesa di San Pietro e Paolo di Gerenzano, il timbro di spedizione riporta la data del 25 luglio 1917. Sul retro è riportato un semplice saluto del mittente Attilio alla signora Ida, residente in piazza Aspromonte a Milano.
Penso sia un'immagine inedita per la maggior parte dei gerenzanesi. Esistono tante vecchie cartoline e foto della vecchia piazza e della chiesa (pubblicate anche sul libro Rimembranze gerenzanesi - secondo volume), ma questa la ritengo particolare perché rimane forse una delle più vecchie esistenti, e soprattutto ricca di personaggi.
Probabilmente lo scatto da cui è derivata la cartolina, è relativo a una processione o avvenimento importante che si svolse in paese, visto l'abbigliamento delle persone (anche se in realtà non vedo addobbata esternamente la chiesa per un eventuale cerimonia religiosa).

Il campanile segna le ore 14:20.
Vedendo la chiesa, pare che manchino le statue di San Pietro e San Paolo dalle loro nicchie (o perlomeno, in quella di destra manca sicuramente San Paolo).
Sull'estrema destra c'era ancora il portone di accesso all'oratorio del Santissimo Sacramento (divenuto poi la cappella della Madonna del Rosario), portone che verrà successivamente chiuso, e possiamo vedere il vecchio sagrato.
La parrocchia, in quegli anni, era presieduta da don Pompeo Garbagnati.

A sinistra, non visibili nell'immagine, c'erano le vecchie scuole comunali, da dove sono passate svariate generazioni di gerenzanesi, mentre possiamo vedere le case e i cortili dove abitavano alcune famiglie con classici cognomi locali ( tra cui Ceriani, Clerici, Borghi, Zaffaroni nel cortile verso le scuole, e Pedrani e Colli nel cortile il cui ingresso, in foto, è sormontato da un arco). Scuole e case che poi verranno entrambe demolite nei decenni successivi. La piazza è ancora in terra battuta, poi arriverà la "rizada" e infine il bitume. Sotto ad essa scorre il vecchio alveo del Bozzentino. Arrivava dall'attuale via don Antonio Banfi, girava dietro le scuole, attraversava interrato la piazza, e proseguiva in via Cavour (attuale via Einaudi).

A destra, il famoso e tanto favoleggiato e rimpianto, dai gerenzanesi più anziani, filare di platani che ombreggiò la piazza fino almeno agli anni '50 circa (nel 1957 comunque già non c'era più, lo si deduce da un'altra foto in mio possesso stampata in quell'anno).
A destra possiamo vedere la colonna di marmo che ancora oggi ha in cima la "crus".

Cartina del 1902 di Gerenzano (Archivio Storico Cariplo - Intesa San Paolo)

Oltre a mostrarci uno spaccato della Gerenzano che fu, la cosa che più mi colpisce di questa cartolina è il sorriso della donna in basso a sinistra, che si contrappone alla serietà di tutte le altre persone presenti nella foto.
Faccio notare che le donne senza velo già non portavano più tra i capelli la "sperada", ornamento chiamato in italiano spadina, che serviva a raccogliere i capelli (era un "copricapo tipico lombardo, la sua usanza finì agli inizi del '900). Sicuramente era in uso comunque anche tra le donne gerenzanesi, in quanto Emma Castelli mi ha testimoniato che una zia di sua mamma l'aveva, chiamato in dialetto anche "ul spadin".

La sperada, foto tratta dal sito del Gruppo Folkloristico Bosino

Le donne nella nostra cartolina gerenzanese portano tutte i "socch", gonne o vestiti lunghi fino a terra.
Relativamente ai "socch", vi racconto un simpatico aneddoto scritto da mio padre in uno dei suoi libri: "A quel tempo (1957), le donne sugli ottanta anni portavano tutte i "socch" lunghe fino a terra e (penso) non le mutande. Era fine agosto e ritornavo dal campo sportivo di Turate con la bicicletta dopo gli allenamenti alla Salus, quando giunto sulla piazza principale, sento come uno scroscio d'acqua. In piazza, in quel momento c'ero solo io e una donna, e il rumore di scroscio veniva proprio da lei: coperta dai "socch", e forse senza mutande, stava facendo la pipì sopra un tombino come se nulla fosse. Costumi d'altri tempi..."

Si noti, inoltre, la completa assenza di uomini giovani (perlomeno tra i personaggi in primo piano). Forse perché siamo a cavallo della prima guerra mondiale e buona parte dei giovani maschi era a combattere? Potrebbe essere un'ipotesi da non scartare...
I regiùu in cartolina, oltre al classico "cappellaccio", presentano quasi tutti il classico colore nero (o perlomeno scuro) per quanto riguarda l'abbigliamento, oltre ad esibire un bel paio di baffi. Probabilmente non vedono l'ora di trasferirsi in qualche osteria a bere una "taza da vin" e fumarsi un bel toscano.

Gerenzano, nel 1911, contava 3384 abitanti.
Essendo la cartolina un'immagine all'incirca di quel periodo, tra le persone immortalate possiamo immaginare che ci fossero i seguenti gerenzanesi che hanno vissuto in quell'epoca (indicando i loro soprannomi e anno di nascita):

La Fiura - 1872
Ul Rabiàa - 1874
La Binoeu - 1874
Ul Brùsuàa - 1877
Ul Baloeu - 1878
Ul Muntanel - 1881
Ul Giann di ciar - 1882
Ul Pinciroeu - 1885
Ul Piciàna - 1885
La Pisanina - 1896
Ul Giusepp bagàtt - 1898
La Maria penèl - 1898
Ul Toni strascèe - 1889
Ul Guglielmon - 1893
La Farera - 1893
Ul Petasc - 1896
Ul Piero bagàtt - 1896
Ul Durin - 1897
Ul Muret - 1899
Ul Giuston 1900
Ul Zius- 1903
Ul Mauscin - 1903
Ul Giüli murnèe - 1903
La Cincent - 1904
Ul Re cà ghem - 1904 (figura storica che abitava nel cortile del Bettolino nel quartiere Burghett, girava tutti i bar e osterie del paese alla domenica mattina con un cesto pieno di croccante, spagnolette e liquirizie da vendere) 
Ul Canèo - 1904
La Pacela - 1905
La Maria bona - 1905
Ul Negar dul Gnuz - 1905
Ul Carlon 1905
Ul Cagnon - 1906
La Peciott - 1907
Ul Barbeta -1909
Ul Giulota - 1909
La Minighèta - 1909
Ul Burro e formaggi - 1909
La Vedova - 1910

Molto probabilmente qualcuna delle persone presenti in questa cartolina, è un vostro avo...

domenica 11 febbraio 2024

I granai verticali del Marchese Federico Fagnani...

Il Marchese Federico Fagnani (1775 - 1840) è stato l'ultimo possidente dell'omonima famiglia del feudo di Gerenzano, fino alla sua morte.

Il Marchese era considerato un innovatore nel campo agricolo, all'epoca era famosa la sua bigattaia sperimentale che era presente nella sua cascina della frazione Fagnana (cascina tuttora esistente) - nota: per chi non lo sapesse, la bigattaia era un locale dedicato all'allevamento dei bachi da seta, la bachicoltura rimase in voga fino agli anni '50 circa del secolo scorso.

Recentemente ho avuto occasione di leggere il libro "Il costruttore - Trattato pratico delle costruzioni civili, industriali e pubbliche delle arti e industrie attinenti", stampato nel 1899 dalla Casa Editrice Dottor Francesco Vallardi di Milano, e vi ho trovato un curioso riferimento al Marchese. In un articolo di un famoso ingegnere civile nonché agronomo dell'epoca, Antonio Cantalupi, vengono tessute le lodi al Marchese perché da molti anni, in Gerenzano, aveva adottato l'utilizzo di granai verticali (nota: il Marchese era in realtà morto da circa 60 anni).

Questi granai verticali avevano il vantaggio di essere costruzioni economiche che potevano essere costruite in qualsiasi locale, e di poter sfruttare buona parte dell'ambiente anche per altri scopi, oltre che per quello di essere un granaio. Inoltre, impedivano il riscaldamento prodotto dall'umidità presente nel grano, ed a evitare che gli animali "granivori" avessero possibilità di accesso al grano.

Nel libro è ben descritto come erano costruiti i granai verticali tipo quelli del Marchese, e quindi mi sono dilettato nel ricostruirli tridimensionalmente.

I GRANAI VERTICALI DEL MARCHESE FAGNANI IN GERENZANO

Vista assonometrica frontale del granaio


Vista assonometrica laterale del granaio



Vista frontale del granaio


Sezione frontale del granaio (è stato tolto il tetto per miglior visibilità dell'interno)


Sezione laterale del granaio (è stato tolto il tetto per miglior visibilità dell'interno)


COSTRUZIONE, PLANIMETRIA E FUNZIONALITA' DEL GRANAIO

Sezione in pianta
All'interno del locale prescelto per la costruzione dei granai verticali, si costruiscono delle camere di contenimento del grano di forma quadrata avente un lato di 1,2 m. Queste celle sono divise tra di loro da muri di mattoni di spessore 0,2 m.
Le celle per il contenimento del grano sono alte 6 metri, e vengono caricate dall'alto accedendo al soppalco superiore tramite una scala.
All'interno delle celle vi è un camino di ferro di sezione 0,25 x 0,25 m lungo tutta l'altezza della cella. Questo camino serve per la ventilazione (lo vedremo nel dettaglio nell'immagine seguente). Il camino è fissato alle pareti laterali con tiranti di ferro.



Sezione frontale
Come detto sopra, le celle dei granai sono alte 6 metri. A 0,3 m da terra, in ogni cella vi è una robusta impalcatura spessa 0,2 m, e nel suo centro si lascia un foro quadro di lato 0,25 m per il passaggio dell'aria proveniente dall'alto del camino.
La ventilazione all'interno delle celle è quindi assicurata dall'aria passante nel camino (vedere a destra nell'immagine con le frecce di direzione dell'aria).
Possiamo però notare che il grano non viene mai in contatto con l'aria, in quanto il camino fa da separatore tra aria e grano, e sopra la cella è chiusa da un'imposta a ribalta che permette il carico del grano nella cella, ma chiude il contatto anche sopra tra aria e grano.
E' importante quindi che il grano immagazzinato nelle celle sia assolutamente secco, altrimenti potrebbe ammuffire ed acquistare cattivo odore per la mancanza di ventilazione, riscaldandosi. Il Cantalupi, a margine, indica però che i granai verticali non erano adatti per la conservazione del melgone (il granoturco).



Sezione frontale per fori uscita e raccolta grano
Nella parte inferiore del pozzo, per ogni cella è presente un foro quadro di lato 0,3 m che permette la fuoriuscita del grano all'occorrenza, mentre sopra si possono vedere le imposte a ribalta, che permettono di caricare il grano dall'alto. Queste imposte, al loro centro, avevano un foro quadro della stessa larghezza del camino, in quanto doveva permettere il passaggio di aria all'interno del camino.


Le aperture inferiori erano chiuse con degli sportelli scorsoi. Se lo sportello si alzava verso l'alto, il grano usciva, se era posizionato in basso il foro era chiuso e non permetteva la fuoriuscita del grano.
Nell'immagine sotto, potete vedere gli sportelli scorsoi. Quello spostato verso l'alto, sta permettendo l'uscita del grano, che sta cadendo sul pavimento. Di fianco, c'è un sacco già riempito.



Bene, abbiamo visto che quindi il Marchese Federico Fagnani fu un innovatore anche sotto il punto di vista delle costruzioni agrarie.
Ma, la domanda sorge spontanea: dove erano posizionati questi granai verticali del Marchese?
Il libro sopracitato indica che li aveva fatti costruire nel suo podere di Gerenzano. In un primo momento ero scettico su questa indicazione. Immaginavo più che altro che potessero essere presenti nella sua cascina della Fagnana, dove già c'era la bigattaia.
Ma un altro libro indica la presenza dei granai proprio a Gerenzano: la "Guida ballografo-umoristica de tanti sit e paes che se ved e passa via stand in tranvaj da Milan a Saronn, Mozzaa e Tradaa", scritta nel 1879 ma edita nel 1881. L'autore è anonimo, si firma "N.N. che'l temperava i penn". Nota a margine: il tramway che passava anche nel nostro paese, sarà oggetto di un futuro articolo (ho già recuperato alcune informazioni presso l'archivio storico delle FNM).
Si tratta di una guida nella quale l'autore descrive, anche in modo goliardico, tutti i paesi che venivano attraversati dal tramway Milano - Tradate, che correva una volta lungo la Varesina.
L'autore descrive quindi anche Gerenzano, nello specifico indicando quanto segue per i granai:

"De original e bell sto paes ch'è chi,
Se pò dì ch'el presenta nient de dì:
Gh'è però in Ca Fagnana, Canzi adess,
I Torr granee per el forment faa espress
Sessant'ann fà già dal marches Fagnan"

Quindi anche qui abbiamo la conferma che fossero a Gerenzano, vengono indicati in casa Fagnani (ipotizzo si intenda Palazzo Fagnani), dove a quell'epoca risiedeva Luigi Canzi, proprietario di Gerenzano una trentina d'anni dopo il Fagnani. E i granai erano quindi ancora presenti nel 1879!

Nel cortile di Palazzo Fagnani, sede della Cooperativa Scelag (all'incrocio tra via Fagnani e via Duca degli Abruzzi) vi è un'immagine che esplica la planimetria di come doveva essere una volta Palazzo Fagnani, la vedete qui sotto (mi sono permesso di fare una foto):


A sinistra c'erano le stalle, a destra l'abitazione del Marchese, poi giardino, cappella, etc.
Non abbiamo un riferimento sull'eventuale presenza di granai verticali.


Sopra, la stessa immagine ma odierna.

Ma se analizzo la frase della guida del tramway, "I Torr granee per el forment", trovo la parola Torre, in realtà è al plurale Torri, che mi fa propendere per la seguente ipotesi:
in un vecchio articolo di inizio 2000, Pierangelo Gianni, sul suo sempre bel sito https://www.gerenzanoforum.it/, scrive un breve articolo sulla torre del Marchese Fagnani, l'articolo lo potete trovare cliccando sulla parola Torre.
Nell'articolo, Pierangelo fa vedere una cartolina di Gerenzano datata 25 luglio 1917, nella quale si vede una torre spuntare in corrispondenza di Palazzo Fagnani.
Questa cartolina ce l'ho anche io (arriva dalla collezione di Armido Mognoni, come per Pierangelo) e la potete vedere qui sotto:


A sinistra della prima immagine, si vede effettivamente una torre (nell'immagine successiva è ingrandita).
Quella torre è quella su dove verrà poi costruita la torre dell'acquedotto di Gerenzano.
Pierangelo ci racconta che un'anziana signora di Gerenzano gli aveva detto che si ricordava benissimo che c'era una torre al posto dell'acquedotto.


L'acquedotto risultava in costruzione nel luglio del 1928 (da La provincia di Varese negli anni '30, Corritore - Laforgia), e solo per curiosità, vi indico che nel 1934 aveva una portata di 5 litri al secondo (da Annuario delle città italiane - Parte I Urbanistica 1934, Società Anonima Tipografica Castaldi).

E' possibile quindi che quella vecchia torre poi trasformata in acquedotto e successivamente abbattuta ad inizio anni 2000 (ne rimane solo una piccola parte), fosse una torre granaria? E che contenesse i granai verticali del Marchese Fagnani?
Forse solo da un'eventuale futura verifica della documentazione e planimetrie di costruzione dell'acquedotto, se esistenti, e probabilmente presenti nell'archivio del Comune di Saronno, in quanto a quell'epoca Gerenzano fu aggregata a Saronno, potremmo capire se effettivamente quella era una torre granaria. Rimane per ora certamente solo un'ipotesi, ma forse anche plausibile.
Aggiornamento in data 13/02/24: Pierangelo Gianni, profondo conoscitore della storia del nostro paese, nonché socio della Cooperativa Scelag, mi ha comunicato che con molta probabilità i granai non si trovavano nella Torre di Palazzo Fagnani, in quanto sotto la Torre c'è la scalinata che porta al piano superiore del Palazzo. Ipotizza che i granai potessero essere in Via Inglesina (mulino del Grisetti detto "ul Grisela), o in via Dante dove c'era il mulino della "Pansciona". Ultima ipotesi, che fossero veramente alla Cascina Fagnana (ripensandoci, forse l'indicazione Ca Fagnana presente nella guida del tramway, fa riferimento proprio a quella, e non a Palazzo Fagnani in Gerenzano).

Di seguito, alcune immagini con delle piccole "chicche" che ho inserito nel disegno tridimensionale.

Il Marchese Federico Fagnani sull'uscio del granaio. Lo ammetto, forse vestito in maniera un po' troppo moderna...


Lo stemma dei Fagnani sulla parete frontale del granaio (il muro mostra qualche segno del tempo con i mattoni a vista).
Esistono vecchie immagini / cartoline dove si vede che sui muri di Palazzo Fagnani, sia sul lato di via Fagnani che su quello di via Duca degli Abruzzi, erano presenti due grandi dipinti. Sfortunatamente non si riesce a capire bene cosa c'era rappresentato su questi dipinti, ipotizzo che almeno uno dei due fosse lo stemma di famiglia, l'altra poteva eventualmente essere un'immagine sacra - aggiornamento in data 13/02/24: Pierangelo Gianni mi ha comunicato che i dipinti su Palazzo Fagnani erano lo stemma dei Clerici, venuti in possesso anni dopo del palazzo.
Purtroppo già circa probabilmente più di 50-60 anni fa, nel corso del rifacimento delle facciate del Palazzo, le immagini sono state ricoperte con intonaco. Io non riesco a capire come sia stato possibile fare un simile scempio...

Su una delle pareti laterali del granaio, ho inserito l'immagine della Vergine Addolorata.
Questo dipinto esisteva veramente a Gerenzano, all'interno del cortile "dul Ratel", in via Duca degli Abruzzi. Sciaguratamente, anche questa immagine è stata ricoperta con intonaco qualche anno fa.
Ai piedi della Vergine, sul basamento in granito, delle rose e una lanterna accesa... 

Una botte piena di uva è pronta per essere inserita nel torchio manuale, ottenendo così il vino. Di fianco alla botte, c'è una pala.
Il Marchese Fagnani, ad onore del vero, non reputava viti e vini lombardi allo stesso livello di quelli esteri (per esempio francesi), perché secondo lui era impossibile fare vini prelibati con l'uva delle viti lombarde, perché erano scipite (da Osservazioni di economia campestre fatte nello stato di Milano, Federico Fagnani - 1820).



Sul lato frontale del granaio, un vaso di fiori, un rubinetto con secchio, sacchi di juta pieni di grano, delle peonie nell'erba, la "ranza" (falce), una cesta con zucche, e un ceppo per tagliare la legna.



Fiori rossi nel prato



Porcini ai piedi di una quercia, di fianco ad una roggia.
In realtà è una situazione abbastanza al limite, perché a Gerenzano non mi risulta ci siano mai stati ritrovamenti di porcini. Ma nell'ultimo decennio, nei parchi di Saronno, sono stati ritrovati Boletus Edulis, Aestivalis e Aereus. Non è detto che magari anche a Gerenzano, prima o poi, possa essere ritrovato qualche esemplare.
Per esempio, nel 1980 nei boschi di Gerenzano venne ritrovato un esemplare di Amanita Caesaria (ovolo), considerato da molti il fungo più buono che ci sia, e sicuramente, l'habitat di questo fungo non è quello dei boschi locali. Quindi mai dire mai (anche se poi nei nostri boschi tale fungo non è mai stato più ritrovato)...






mercoledì 3 gennaio 2024

Storie di guerra a Gerenzano: la vicenda di Bogni Savina in Quinet...

Nel marzo 2019, mi recai a Milano presso l'Archivio Storico della banca Intesa San Paolo (ex Cariplo), in quanto ero venuto a conoscenza della presenza in archivio di due mappe censuarie relative a Gerenzano redatte una nel 1902, e una più vecchia, però non datata.

Prendendo appuntamento, ebbi quindi la possibilità di visionare e fotografare le due mappe. Il gentilissimo personale dell'archivio, mi mise anche a disposizione ulteriore materiale su Gerenzano in loro possesso: un carteggio relativo ai sussidi economici che la Cariplo concesse nel 1931 all'asilo infantile di Gerenzano, e il fascicolo dell'EGELI relativo a Bogni Savina che andava dal 1941 al 1948.

Quest'ultimo fascicolo mi incuriosì subito!

Ma cosa è l'EGELI? Chi era Bogni Savina?

L'EGELI era l'Ente Gestione e Liquidazione Immobiliare creato nel 1939 dal regime fascista per requisire, amministrare ed eventualmente rivendere gli immobili appartenenti ai cittadini italiani di "razza ebraica" o a cittadini stranieri "nemici" residenti in Italia, la cui quota di proprietà eccedeva oltre determinati valori stabiliti dalla legge. Questo ente conferiva a sua volta l'incarico di sequestro e gestione dei beni ai vari istituti bancari italiani, tra cui anche la Cariplo. 

Quindi la presenza nell'Archivio Storico dell'Intesa San Paolo (ex Cariplo) di un fascicolo EGELI su Gerenzano, significava solo una cosa: anche nel nostro paese, erano stati requisiti immobili appartenuti a qualche persona "invisa" al fascismo, per uno dei due motivi sopracitati.

Questa persona era Bogni Savina.

Savina, classe 1888, era nata a Milano da genitori italiani. Nel 1928, sposò il francese Luigi Quinet, e grazie all'eredità avuta da suo zio Pietro Checchi, garibaldino che partecipò alle campagne del 1859 e 1866, costruì nel 1936 una piccola casa in via Clerici 18 (l'attuale Varesina) a Gerenzano, e vi si stabilì con il marito Luigi. Sposando Luigi, ella perse la cittadinanza italiana ed acquisì quella francese.

Luigi era capo tessitore di velluti alla N.I.V.E.A., ma nel 1938, durante una fase di riorganizzazione del personale, egli venne licenziato. Tornò quindi a lavorare in Francia a Lione, lasciando la moglie a Gerenzano, confidando che nell'immediato potesse comunque avere la possibilità di trovare ancora lavoro in Italia. Ma lo scoppio della Seconda guerra mondiale non permise più il rientro in Italia di Luigi, e quindi Savina rimase sola ad affrontare il fatto di essere una "nemica" su suolo italiano (essendo poi scoppiata la guerra nel 1940), avendo lei acquisito la cittadinanza francese.

Per la cronaca, lo storico saronnese Giuseppe Nigro dedicò un passaggio alla "questione" Bogni Savina nel suo libro "Opposte direzioni. Le famiglie Friedmann e Sonnino in fuga dalle leggi razziali", pubblicato nel 2020.
Ma nel mio articolo vedrò di essere più esaustivo, avvalendomi ed esponendo con delle foto i documenti originali in ordine cronologico riguardanti la storia in oggetto.

LA PROPRIETA' DI BOGNI SAVINA E LUIGI QUINET

Giusto per capire in che zona del paese la coppia risiedeva, e quale fosse la proprietà a loro sequestrata, apro la carrellata di immagini con la mappa catastale del 1959 del Comune di Gerenzano. Indicata ne riquadro in rosso, con mappale 2230, si vede la proprietà di Bogni Savina e Luigi Quinet. All'interno del riquadro, con mappale 3336, si trova la casa (nota: la casa ai tempi di Savina, era anche lei risultante nel mappale 2230, poi la casa venne successivamente venduta separata dal terreno, e nel 1959 risultava essere a mappale numero 3336).

Mappale di Gerenzano del 1959

Proprietà di Bogni Savina da foto aerea del 1954


IL FASCICOLO EGELI N° 20407F RELATIVO A BOGNI SAVINA



28 OTTOBRE 1941 - RICHIESTA DI APERTURA PRATICA DA PARTE DI EGELI ALLA DIREZIONE DELLA CARIPLO PER LA GESTIONE DI BENI NEMICI, TRA CUI QUELLI DI BOGNI SAVINA



3 NOVEMBRE 1941 - RISPOSTA DI CARIPLO A EGELI PER PRESA IN CARICO DELL'APERTURA DELLA PRATICA



15 NOVEMBRE 1941 - LETTERA DI EGELI AL CAPO FILIALE CARIPLO DI SARONNO, RAG. DANTE DEGRADI, DOVE SI CHIEDE DI PRENDERE IN CARICO I BENI DI BOGNI SAVINA, E DI REDIGERE UN ELENCO DI QUESTI BENI



2 DICEMBRE 1941 - LETTERA DEL CAPO FILIALE CARIPLO SARONNO RAG. DANTE DEGRADI AL CREDITO FONDIARIO CARIPLO CON:
- ELENCO DEI BENI DI BOGNI SAVINA
- ATTI DI COMPRAVENDITA DELLA PROPRIETA'
- CARTELLA ESATTORIALE ANNO 1941 E QUIETANZE PAGAMENTI EFFETTUATI
- FATTURA DELLA DITTA EUGENIO MOTTA DI SARONNO

Nella lettera, in basso a sinistra potete vedere la dicitura "VINCEREMO", esclamazione di Mussolini nel discorso di dichiarazione di guerra del 10 giugno 1940. Era usanza riportarle nelle lettere e documenti.

Il lungo elenco dei beni sequestrati a Bogni Savina redatto da Dante Degradi. Si noti la minuziosità con cui viene descritta la casa, tutti i mobili e gli oggetti presenti.





Con Savina viveva anche la Sig.ra Banfi Maria


Savina risulta essere proprietaria di buoni fruttiferi postali per un valore di lire 28.000. Questi buoni avranno una storia parallela al sequestro dei beni immobili, che vedremo più avanti

Viene descritto anche un debito di Savina nei confronti della ditta Eugenio Motta relativo all'impianto di riscaldamento.



13 DICEMBRE 1941 - LETTERA DI CARIPLO/EGELI ALLA QUESTURA DI VARESE, DOVE SI COMUNICA LA PRESA IN CARICO DELL'IMMOBILE DI BOGNI SAVINA.
VIENE RICHIESTA ALLA QUESTURA LA CONFERMA PER L'AUTORIZZAZIONE A RISIEDERE IN GERENZANO PER BOGNI SAVINA



16 DICEMBRE 1941 - LETTERA ALLA DIREZIONE DI EGELI IN ROMA, DOVE SI COMUNICA LA PRESA IN CARICO DELL'IMMOBILE DI BOGNI SAVINA.

VIENE FATTO NOTARE CHE LA BOGNI POSSIEDE BUONI FRUTTIFERI POSTALI PARI A LIRE 28.000, MA CHE NON RISULTANO ESSERE SEQUESTRATI O POSTO ALCUN TIPO DI FERMO.
INOLTRE VIENE RICHIESTA LA POSSIBILITA' DI LASCIARE L'ABITAZIONE A FAVORE DI BOGNI SAVINA, PUR NON ESSENDONE PIU' LA PROPRIETARIA




20 DICEMBRE 1941 - AUTORIZZAZIONE DELLA QUESTURA DI VARESE PER CONTINUARE A LASCIARE RISIEDERE BOGNI SAVINA AL SUO ABITUALE DOMICILIO



31 DICEMBRE 1941 - LETTERA DELLA DIREZIONE DI EGELI IN ROMA ALLA DIREZIONE CARIPLO, DOVE VIENE DATO PARERE POSITIVO A LASCIARE BOGNI SAVINA NELL'ABITAZIONE DI GERENZANO PUR ESSENDOGLI STATA SEQUESTRATA.

INOLTRE VERRA' FATTA RICHIESTA ALLA PREFETTURA DI VARESE DI SEQUESTRARE ANCHE I MOBILI E GLI ARREDI, E SEQUESTRARE ANCHE I BUONI FRUTTIFERI POSTALI



21 GENNAIO 1942 - LETTERA MANOSCRITTA DI BOGNI SAVINA AL CAPO FILIALE CARIPLO SARONNO RAG. DANTE DEGRADI.
VIENE CHIESTA LA POSSIBILITA' DI PRELEVARE UNA SOMMA MENSILE PARI A LIRE 1000 DAI BUONI FRUTTIFERI A LEI SEQUESTRATI




23 GENNAIO 1942 - LETTERA DEL CAPO FILIALE CARIPLO SARONNO RAG. DANTE DEGRADI ALLA SEDE CARIPLO DI MILANO, DOVE SI CHIEDE LA POSSIBILITA' CHE BOGNI SAVINA POSSA PRELEVARE MENSILMENTE LIRE 1000 DAI SUI BUONI FRUTTIFERI POSTALI



27 GENNAIO 1942 - RISPOSTA DI CARIPLO MILANO AL CAPO FILIALE DI SARONNO RAG. DANTE DEGRADI, DOVE VIENE NEGATA LA POSSIBILITA' A BOGNI SAVINA DI PRELEVARE MENSILMENTE LIRE 1000 DAI SUI BUONI FRUTTIFERI POSTALI



29 SETTEMBRE 1942 - VISTO CHE LE E' STATA NEGATA LA POSSIBILITA' DI PRELEVARE SOLDI DAI SUOI BUONI FRUTTIFERI, SAVINA SCRIVE UNA LETTERA DIRETTAMENTE AL MINISTERO DELLE FINANZE SITO IN ROMA, CHIEDENDO CHE LE VENGA DATA QUESTA POSSIBILITA'






12 OTTOBRE 1943 - LA SEDE CENTRALE DI ROMA DELLA CARIPLO, COMUNICA ALLA SEDE MILANESE CHE IL MINISTERO HA DATO PARERE POSITIVO PER FARE IN MODO CHE SAVINA POSSA PRELEVARE MENSILMENTE LIRE 1000 DAI SUOI BUONI FRUTTIFERI POSTALI 


A GUERRA FINITA

4 SETTEMBRE 1945 - LA FILIALE CARIPLO DI SARONNO SCRIVE ALLA SEDE MILANESE, COMUNICANDO CHE BOGNI SAVINA RICHIEDE LA RESTITUZIONE DEI SUOI BENI IMMOBILI



27 OTTOBRE 1945 - LA FILIALE CARIPLO DI SARONNO SCRIVE ALLA SEDE MILANESE, ATTENDENDO ISTRUZIONI SU COME RICONSEGNARE A SAVINA I SUOI BENI IMMOBILI.

IN ALLEGATO TRASMETTONO ANCHE LA COPIA DELLA DICHIARAZIONE DEL COMANDO ALLEATO PER LA RICONSEGNA DEGLI IMMOBILI A SAVINA



COPIA DELLA DICHIARAZIONE DEL COMANDO ALLEATO PER LA RICONSEGNA DEGLI IMMOBILI A SAVINA, FIRMATA DA A.C. NEWELL, MAJOR REGIONAL PROPERTY CONTROL OFFICER FINANCE DIVISION



13 NOVEMBRE 1945 - VERBALE DEL CREDITO FONDIARIO DELLA CARIPLO PER LA RICONSEGNA DEI BENI A BOGNI SAVINA 

SI FA NOTARE CHE PARTE DEI BENI SONO STATI VENDUTI PER POTER CORRISPONDERE ALL'ASSEGNO MENSILE DI LIRE 1000 RICHIESTO DA SAVINA




24 GENNAIO 1948 - LETTERA DEL COMMISSARIO STRAORDINARIO DI EGELI AL CREDITO FONDIARIO DI CARIPLO, DOVE SI RICHIEDONO SPIEGAZIONI SUL FATTO CHE PARTE DEI BENI DI SAVINA SIANO STATI VENDUTI PER CORRISPONDERE ALL'ASSEGNO MENSILE DI LIRE 1000, IN QUANTO NON ERA STATA AUTORIZZATA LA VENDITA DI QUESTI BENI


Quest'ultimo atto conclude la pratica, o meglio, i documenti presenti nell'Archivio Storico della banca Intesa San Paolo relativo al fondo EGELI su Bogni Savina.

Non sapremo se ella è riuscita a tornare in possesso di tutti i suoi beni (essendo stati venduti, ipotizzo che sia stato impossibile recuperarli).
Savina visse quindi ancora nella sua casa di Gerenzano, casa che poi venne venduta negli anni successivi, e recentemente è stata ristrutturata.
Del marito Luigi Quinet non sono purtroppo riuscito a trovare notizie, non so se sia tornato a Gerenzano o altro.

Questa documentazione relativa a Bogni Savina, ci fa rivivere uno spaccato di storia della Seconda guerra mondiale che toccò anche Gerenzano, facendoci vedere e capire cosa volesse dire essere "nemici" che risiedevano sul territorio italiano.

Sono storie crude, anche drammatiche, da cui possiamo trarne insegnamento, e cercare di fare in modo che guerre, leggi legate ad esse, e simili trattamenti come quelli sopracitati, possano non essere più presenti nella nostra civiltà! Ma vedendo il mondo attuale, sarà difficile...

Si ringrazia l'Archivio Storico Intesa San Paolo per avermi messo a disposizione i documenti ed avermi dato la possibilità di pubblicarli.

AGGIORNAMENTO APRILE 2024

Emma Castelli e Augusto Oliva mi hanno dato una foto ritraente Savina con gli alunni del maestro Amato. Questo perchè il maestro Amato alloggiava in pensione da Savina, e dava ripetizioni ai ragazzi per l'esame di ammissione alla scuola media (anno 1956).
Inoltre mi hanno detto che alla morte di Savina, la casa venne affittata al Sig. Fichera e poi al Sig. Luigi Angaroni.
Gli unici parenti che Savina aveva, erano originari dell'alessandrino.


Inoltre Alfredo Mariotti mi ha comunicato che il marito di Savina, Luigi Quinet, non fece più ritorno dalla Francia.