martedì 29 maggio 2012

Ul vin de Varés...

Ieri sera avevo voglia di bermi un rosso non particolarmente impegnativo (visto le temperature ormai estive)...scendo quindi in cantina, e tra le varie bottiglie, nascosta in un angolino, mi capita tra le mani questa:

VERBOSO ROSSO IGT RONCHI VARESINI 2006, titolo alcolometrico 12%, prodotto dall'azienda agricola Cascina Piano di Angera, ottenuto da uve Merlot, Uva Rara e Nebbiolo



Ricordo di averla acquistata anni fa in un'alimentari di un piccolo paesino ai piedi di Varese....attratto dalla curiosità di assaggiare un vino "particolare", sconosciuto ai più, intrigante nella sua etichetta riportante una vecchia mappa disegnata a mano del lago Maggiore.
Bene, dico tra me e me, facciamo onore alla mia provincia d'appartenza ed assaggiamo questo vino !

Il colore è molto bello, un rosso rubino con leggeri riflessi aranciati, buona consistenza con formazione di lacrime ed archetti nel bicchiere.
I presupposti visivi sono ottimi !!!
Lo lascio aprire qualche minuto nel bicchiere, l'intensità e complessità del vino sono piuttosto misere, scaturiscono leggere note di prugna e more, sentori di vaniglia, pepe e funghi secchi....lascio passare qualche altro minuto, ma l'intensità ed il bouquet dei profumi non cambia...peccato...

Ok, proviamo ad assaggiarlo allora...e qui le note dolenti aumentano...
Assolutamente squilibrato in bocca, la componente alcolica la fa da padrone, soverchiando le durezze del vino, tannini e struttura sono veramente deboli, il tutto manca di mordente, scivolando via senza lasciare traccia di sè. E' come se fosse un vino finito a metà, a cui manca freschezza, tannicità, corpo.
E' un vino che non ha più nulla da dire nel tempo, forse, anzi sicuramente ha già iniziato la sua parabola discendente a livello di affinamento (colpa anche mia che l'ho dimenticato in cantina, e sicuramente non è un vino da invecchiamento)...probabilmente da giovane avrebbe avuto anche un suo "piccolo" perchè, ma così è davvero poca cosa...

Che dire, tanto di cappello ai produttori della Cascina Piano, che portano avanti il loro lavoro sicuramente con passione e dedizione, tramandando la storia vitivinicola di Varese...ma la strada è davvero ancora lunga ed in salita (anche se, per onestà intellettuale e critica, il vino assaggiato non è il "top" di gamma dell'azienda) !
Giusto per fare un pò di campanilismo tra Varese e Como, direi che purtroppo a livello di vini vince Como (chiaramente in base a quelli che ho avuto occasione di bere)...il Vigne del Lago (vino rosso da tavola) dell'azienda Sorsasso di Domaso (bevuto tempo fa), è nel suo piccolo sicuramente migliore del parente varesino...magari in futuro si potrebbe organizzare una degustazione tra le varie tipologie di vino proposte da queste 2 cantine...così Varés potrebbe riprendersi la rivincita sulla storica "rivale" !!!

P.S. quest'anno dovrebbe uscire in bottiglia la prima annata del "Madonna delle Vigne", il vino di Tradate (ottenuto esclusivamente da uve Merlot) !!! Ecco la sua etichetta...


Assaggeremo anche questo (pur non essendo un amante in generale del Merlot in purezza) !!!
Alla prossima...

Ul sommelier de la ganga...

Questo racconto è tratto dal manoscritto che Mario Carnelli ed Albino Porro hanno redatto nell'ormai lontano 1984 (il libro è disponibile presso la biblioteca di Gerenzano).
Nel manoscritto viene raccontata la storia della Gerenzano che fu, quella dei nostri nonni e dell'adolescenza dei nostri padri, la vita quotidiana, i lavori dell'epoca, il dialetto come unica lingua, la toponomastica della vecchia Gerenzano...una Gerenzano scomparsa, ma che vive nel cuore dei "nostar vecc" !

Questo blog mensilmente proporrà uno di questi racconti...

Desidero far conoscere ai gerenzanesi vecchi e giovani questo "mestiere" antico anche se a Gerenzano (per quel che io sappia), non è mai stato esercitato.
Lo porto a conoscenza per puro titolo di cronaca e vi assicuro che la prima volta che in ufficio me lo raccontarono rimasi molto scettico sulla veridicità del fatto ma poi, dopo essermi documentato su libri riguardanti l’agricoltura milanese nel milleottocento e dopo che due colleghi anziani mi dissero di averlo visto all’ opera dovetti arrendermi all’evidenza.
Dovete dunque sapere che tra i miei colleghi ce n’era uno che da giovane che aveva esercitato questo mestiere. Il collega in questione si chiamava Porro, faceva il commesso e proveniva dal personale ausiliario. Era uno della bassa milanese e i colleghi lo avevano soprannominato, con arguzia tipicamente milanese, "ul sommelier de la ganga" perché in dialetto milanese, "la pisa la sa dis ganga".
Ma in che modo a suo tempo aveva esercitato il "mestiere"? Eccovi accontentati. A quel tempo nella bassa milanese non vi erano le fognature e nelle corti delle varie cascine c'erano i pozzi neri che i contadini adoperavano per concimare orti e campi (come i nostri contadini d’altronde) ma a differenza dei nostri contadini per i quali la "pisa" andava bene per ogni tipo di coltura, nella bassa milanese erano più progrediti e sapevano che per una certa coltura ci voleva un particolare tipo di "pisa" invece che un altro, ed ecco quindi entrare in azione i tipi alla Porro.
Porro veniva chiamato in 5 o 6 cascine e in ognuna si ripeteva la medesima scena: il contadino scoperchiava il pozzo nero (al tirava su ul sigil), con un attrezzo apposito chiamato "ul rugapisa" (* vedi nota) dava una "rugada" alla "pisa” poi prendeva una "sidela" l’attaccava alla pertica e con maestria l'immergeva e la tirava fuori dal pozzo piena di "pisa". Ho detto con maestria perché da ragazzo ho provato anch’io a fare quei movimenti ma erano più le volte che la “sidela” rimaneva nel pozzo nero che le volte che la tiravo fuori. E qui Porro iniziava. Immergeva un dito nella "pisa" lo portava alle labbra, muoveva impercettibilmente la lingua e poi emetteva il suo giudizio che era insindacabile: questo tipo andava bene per l'insalata, questo per le patate, questo per l'erba medica e cosi via.
Porro emetteva i suoi giudizi in base al tasso di alcalinità, cioè se era troppo acida o troppo dolce, e allo "spessore" della "pisa". Porro a una mia domanda su come avesse fatto a imparare a giudicare il tasso di alcalinità e lo "spessore” della "pisa” mi rispose in dialetto milanese: "uhei bagaj, cul me pader se capivi minga subit eran pesciad in del cuu che ciapavi". Cioè doveva imparare in fretta per non "assaggiare" continuamente e per evitare le pedate del padre. E, a un'altra domanda su come facesse a sciacquare la bocca dopo l' "assaggio", mi rispose sempre in dialetto milanese: uhei bagaj, per rasentà la buca gh'era nient de mej che un bel grapott, se peu eran duu mej anca mò".

(* Nota) "ul rugapisa" era un attrezzo a forma di zappa arrotondata e leggermente ricurva che veniva infilato su un lungo manico.


Note personali a margine: se non sapessi che l'autore del racconto sia mio padre, non avrei mai creduto a questa storia ed all'esistenza di un simile mestiere !!! E' incredibile fino a dove si spinga "l'ingegno" dell'uomo...
P.S. anche io sono sommelier, ma mi fermo solo ed esclusivamente alla degustazione del vino...

domenica 20 maggio 2012

Foto dal mio giardino...

Il giardino riprende vita, si riempie di colori e dà i suoi primi frutti...

Una carrellata di rose...


Peonie, iris, papaveri e campanule....




Passiamo all'orto...


Pomodori
Insalata

Cornetti

Basilico
 
Insalata
 
Coste

I primi frutti, ciliegie e fragoline di bosco....





Ed ecco la fioritura dei primi grappolini d'uva....





La fioritura dei grappoli fa parte del sottociclo produttivo della pianta della vite.
In tarda primavera avviene la formazione dei grappolini, mentre tra Maggio e Giugno si ha la fioritura (quella che si vede in foto), a cui seguirà la fecondazione dei fiori.
Dai fiori fecondati, si svilupperanno gli acini (questo processo si chiama allegagione), facendoli aumentare di peso e volume.
Tra Luglio ed Agosto il fenomeno di invaiatura avvierà la maturazione dell' uva. Negli acini si concentreranno zuccheri, acqua e sostanze estrattive, e la buccia diventerà o gialla o blu, a seconda della varietà di uva.
La maturazione definitiva dei nostri grappoli avverrà tra la metà di Agosto ed Ottobre, in quanto si hanno vitigni a maturazione precoce (pinot grigio, bianco, nero e chardonnay) e tardiva (nebbiolo, cabernet sauvignon, cannonau).
La pianta della vite, oltre al sopracitato sottociclo produttivo, ha anche un sottociclo vegetativo.
Questo inizia a Marzo, quando la linfa torna a scorrere nella pianta, e curiosità, questa linfa fuoriesce nei punti in cui è stata eseguita la potatura secca, dando vita al fenomeno del pianto della vite. Questo fenomeno è molto conosciuto nelle nostre zone, perchè una credenza popolare racconta che si portavano in vigna i bambini piccoli per bagnarli gli occhi con la linfa della vite, in quanto si credeva che avesse virtù taumaturgiche per la vista. Tante volte ho sentito in prima persona questa storia da mia mamma e dai miei zii, in quanto loro stessi hanno "subito" questo rito.
Ma torniamo al nostro sottociclo vegetativo...ad Aprile si formano le foglie ed i germogli, fino ad arrivare alla fase di maturazione del tralcio (chiamata anche agostamento in quanto inizia ad Agosto). Il tralcio della vite inizia a diventare scuro e legnoso, fino a cui, verso Novembre, inizia la defogliazione, e la pianta entra nella fase di riposo. Il tutto poi ricomincerà la primavera successiva...
Infine, la pianta della vite, ha il suo ciclo vitale. Essa è improduttiva nei primi 2-3 anni di vita, per poi dare il meglio di sè a partire dai 5 anni fino ad arrivare ai 25-30 anni, dopo di che entrerà nella fase di vecchiaia intorno ai 30-40 anni. Per la cronaca, le piante di viti del mio giardino in fotografia hanno circa 50 anni (purtroppo l'anno scorso altre 2 piante di pari età sono morte).
Curiosamente a volte può capitare di trovare indicato sulle etichette di vini (soprattutto francesi), l'indicazione Vieille Vigne, ovverosia sta ad indicare che quel vino è stato ottenuto da uve le cui piante hanno più di 40 anni.

Ritornando al giardino ed all'orto, che dire...è faticoso prendersene cura, pulirlo continuamente dalle erbacce, potare, vangare, innaffiare, concimare....ma alla fine è una soddisfazione immensa vederne i suoi frutti, fiori e prodotti, gustarne i sapori ed i profumi. E come mio padre ha raccolto l'eredità di mio nonno nel portare avanti questa passione, io negli anni sto cercando di carpire tutti i segreti a mio padre, perchè è già da pò che questa passione è passata anche sulle mie spalle....quindi...chi vuole frutta, verdura e fiori freschi non ha altro da fare che farmi un fischio...!!!
P.S. a Gerenzano ormai sono famosi i pomodori varietà Carnelli...semi di pomodoro che si tramandano da tantissimi anni, presi ogni anno da pomodori a loro volta cresciuti da piante ricavate da semi dell'anno precedente e così via, quindi direi che siamo quasi arrivati ad avere una varietà autoctona gerenzanese....tanto è vero che le richieste di avere piantine di pomodoro allevate da mio padre crescono di anno in anno....e tutti concordano nel dire che i pomodori ottenuti sono ottimi !!!

giovedì 17 maggio 2012

Visita al Villaggio di Crespi d’Adda

Nelle scorse settimane, io e Sabrina ci siamo recati a visitare il Villaggio Operaio di Crespi d’Adda.
Questo Villaggio è stato riconosciuto patrimonio mondiale protetto da parte dell’Unesco, ed è uno dei pochi esempi rimasti al mondo di Villaggio Operaio conservato ancora ai giorni nostri (è tuttora abitato).

La costruzione del Villaggio iniziò nel 1878 da parte della famiglia di industriali Crespi, originari di Busto Arsizio.
Il Villaggio e la sua vita ruotavano intorno alla fabbrica, centro nevralgico del paese. Ad ogni lavoratore veniva consegnata una casa con giardino, ed inoltre il “padrone” metteva a disposizione dei lavoratori ed alle proprie famiglie tutti i servizi necessari, ovverosia scuola, ospedale, dopolavoro, etc..
Il lungo viale principale taglia in due nettamente il Villaggio. A destra, verso il corso dell’Adda, troviamo il castello / residenza dei Crespi, a sinistra invece troviamo scuola e chiesa.
Dietro la scuola e la chiesa partono, ramificandosi tra di loro, tante piccole vie, dove si trovano gli alloggi dei lavoratori. Alcuni sono stati ristrutturati, posti in maniera elegante, altri sono rimasti tali e quali come cento e passa anni fa. Immergendosi in queste viette, pare che il tempo si sia fermato, e si può immaginare come si svolgesse la vita a quei tempi. Sembra di essere fuori dal mondo, in una piccola comunità isolata e del tutto autosufficiente, dove oltre al lavoro, in questo luogo, potevano nascere amori, gioie, succedere lutti e nascite, ma sempre circoscritto all’interno del Villaggio, come se davvero si fosse in una campana di vetro.

E’ lungimirante l’idea dei Crespi, ovverosia trarre chiaramente profitto dalla loro fabbrica, ma nello stesso tempo provvedere alla tutela e benessere sotto ogni punto di vista dei suoi lavoratori. Non è da confondersi con un tentativo di controllo sui suoi operai, ma bensì è un punto d’incontro tra datore di lavoro e lavoratore (anche se penso che al giorno d’oggi il modello di Crespi d’Adda non sia più proponibile per svariate ragioni, nonostante il fatto che la fabbrica abbia cessato la produzione nel 2004).

Tornando alla planimetria del Villaggio…come dicevamo troviamo la lunga strada principale che poi dal centro del paese porta al cimitero. Cimitero dedicato esclusivamente ai residenti di Crespi d’Adda…visitandolo troviamo, appena entrati sia sulla sinistra che sulla destra il campo dei bambini, con lapidi in pietra, mentre posteriormente sono dislocate le tombe degli adulti, come se si andasse in ordine d’età. Le lapidi degli adulti riportano foto di vecchi “regiù”, proprio come una volta, con cappellaccio in testa e lunghi baffi. Sul lato verso il fiume si trovano invece le tombe recenti. Frontalmente invece troviamo l’enorme famedio della famiglia Crespi, posto come a dominare l’intero cimitero.
Ritornando verso il Villaggio, troviamo le villette stile Liberty dei dirigenti ed impiegati della fabbrica, leggermente staccate dal resto delle case degli operai, quasi non si volesse confondere tra di loro le due “categorie”. Sono davvero molto belle, con giardini di generose proporzioni, ancor oggi tenute molto bene.
E poi ci reimmergiamo ancora nelle viette del paese, dove scopri angoli di un tempo passato, vedi bambini che giocano in strada, signore intente a fare la maglia sotto il portico di casa, gatti che ti guardano sornioni, per poi finire il nostro giro sulla collinetta che domina il Villaggio, dove troviamo la villetta del medico e del prete che dominano la spianata delle case operaie….

Che dire, è un’esperienza bellissima visitare Crespi d’Adda, ci riporta indietro di quasi un secolo, ci fa immaginare la vita dei nostri nonni, delle prime industrie del ‘900 come le nostre NIVEA e De Angeli, ci fa respirare un’aria strana, di decadenza ed imponenza nello stesso momento.

E’ un luogo che consiglio a tutti di visitare, perché in fondo anche questo fa parte del nostro passato, della nostra cultura, della nostra vita…ci ricorda chi siamo, e da dove veniamo…ci ricorda un mondo che piano piano scompare, quindi prima che scompaia, raccogliamo i suoi ricordi e portiamoli a conoscenza di tutti…


La chiesa









Scuola ed Asilo








Le case operaie







Il primo lavatoio








Scorcio di strada tra le case













Il panificio









Cartello fuori dall'ufficio turistico














Le rimesse dei giardini delle case operaie






L'ingresso della fabbrica









Il particolare rosone dei capannoni, simbolo di Crespi d'Adda







I capannoni che si snodano verso il cimitero










Una delle due ciminiere di Crespi













L'ingresso del cimitero










Le tombe dei più piccoli










Nella foto inferiore della lapide, un classico "regiù"













Villa stile Liberty dei dirigenti










Il secondo lavatoio. A sinistra, dove ci sono i box, c'erano
 le docce e la piscina











Ancora l'ingresso della fabbrica













Uno scorcio dell'interno della fabbrica










Una particolare "mulita"










Castello Crespi










L'Adda










Simbolo di Crespi d'Adda anche sui tombini fognari









Le case operaie viste dalla collina dove si trovano le ville
del prete e del medico











Il retro della chiesa e della scuola









L'ex albergo










La villa del prete, e dietro quella del medico









Il perfetto allineamento delle case operaie