lunedì 28 luglio 2014

Zucchine sott'olio fatte in casa...

Ho un fantastico orto che mi delizia per buona parte dell'anno con magnifici raccolti di ogni genere...una menzione particolare va (per l'ennesimo anno) alle zucchine: sono quasi stufo di mangiarle, visto che la produzione è abbondantissima !!!

Allora, per la prima volta, ho deciso di sperimentare la loro conservazione sott'olio, accingendomi a farle...

Gli ingredienti sono i seguenti:

  • 1 kg di zucchine freschissime
  • 1 litro d'acqua
  • 1 litro di aceto bianco
  • qualche foglia di alloro
  • 2 spicchi d'aglio
  • sale grosso
  • olio extravergine d'oliva
La preparazione è semplicissima. Innanzitutto procuratevi qualche vasetto da conserva, quelli con il tappo che fa "clack" a chiusura ermetica. Questi vasetti vanno assolutamente sterilizzati, operazione obbligatoria per le conserve casalinghe.
Preparate quindi una pentola capiente e riempitela d'acqua. I vasetti e relativi coperchi andranno immersi in essa, l'acqua deve superare il loro bordo di circa 2 o 3 centimetri. Portate a ebollizione l'acqua e lasciateli nel bollore per circa 30 minuti. A questo punto si possono togliere e mettere a testa in giù su di un panno, in modo da farli asciugare.

Nel frattempo in un'altra pentola metto 1 litro d'acqua, 1 litro di aceto bianco e un cucchiaio di sale grosso: anche in questo caso devo portare il tutto a ebollizione.

Mentre attendo che il tutto bollisca, preparo le zucchine. Vanno lavate bene, e tagliate a rondelle dallo spessore di 2-3 mm. Le rondelle vanno disposte in un recipiente piuttosto grande, e sulla sommità delle zucchine vanno messe le foglie d'alloro.

Quando acqua e aceto bollono, verso il composto nel recipiente dove ho messo le zucchine, e per far sì che le mie rondelle rimangano immerse per bene, vi ho posto un peso (nel mio caso ho adoperato il cestello della pentola a pressione con sopra un bollitore pieno d'acqua).

Lasciate raffreddare e riposare per 24 ore il tutto. Il giorno dopo scolate le rondelle e le disponete su carta assorbente per farle asciugare. Una volta ben asciutte, siamo quindi pronti per metterle nei vasetti.

Vanno disposte in modo da riempiere il più possibile ogni spazio, intervallandole con qualche sottile fettina di spicchi d'aglio. Una volta giunti alla fine della parte "tonda" del vasetto, siamo quindi pronti a mettere l'olio. Quest'ultimo deve arrivare a circa 2 centimetri dal bordo, ma soprattutto deve coprire le vostre rondelle.
Altra importante operazione è l'eliminazione delle bolle d'aria, che potrebbero causare una cattiva conservazione: aiutatevi con un cucchiaino per comprimere le zucchine e far salire verso l'alto l'aria presente.

A questo punto i vasetti si possono richiudere con il tappo per essere di nuovo sterilizzati. Il procedimento è il solito: s'immergono completamente in acqua, si porta quest'ultima in ebollizione, e per circa 45/60 minuti si lasciano in questa condizione, aggiungendo acqua nel caso in cui rimangano scoperti a causa dell'evaporazione del liquido.

Questa passaggio è molto importante, perché è quello che porta anche alla creazione del sottovuoto nel vostro vasetto. Noterete, infatti, che il coperchio sarà incavo, ovverosia ricurvo verso l'interno del vaso. Ciò vuol dire che si è formato il sottovuoto, mentre se il coperchio non presenta questa curvatura, dovrete ripetere l'operazione.

Bene, le vostre zucchine sott'olio sono pronte: mettetele in un luogo fresco al buio per circa 20 giorni, dopodiché potranno essere consumate, conservandole in frigo una volta aperte.

Le mie purtroppo potrò assaggiarle solo al ritorno delle imminenti ferie estive...ma l'acquolina è già tanta...

Di seguito le foto della preparazione della ricetta.

Zucchine, alloro e aglio, gli ingredienti principali...

Le rondelle e foglie d'alloro...

I pesi per tenere il tutto immerso nella soluzione di acqua, aceto e sale...

Le rondelle di zucchine poste ad asciugare...


Il vasetto ben riempito...


 
L'aggiunta finale dell'olio...una volta chiusi, sterilizzati e con la creazione del sottovuoto, dopo circa 20 giorni le zucchine sono pronte per essere mangiate !!!

lunedì 21 luglio 2014

Merende d’altri tempi: la rüsümaua…

Fine anni ’70, primi anni ‘80: ricordo nitidamente una frase che si diceva a casa mia, soprattutto d’estate, “facciamo il ciù-ciù”.

Queste poche parole erano dette dai miei nonni o dai miei genitori per identificare una specie di luculliana merenda dei loro tempi: la rüsümaua (o rüsümada,rossumàda, il nome cambiava in base alle varie inflessioni dialettali lombarde).
Nome che deriva probabilmente dal rosso dell’uovo (ul rüss o rossùm), e la ricetta è semplicissima da eseguire: un uovo, zucchero e vino sono gli ingredienti principali. Veniva fatta nel periodo estivo come merenda rinfrescante, e la sua peculiarità era quella di essere molto energetica.

Elemento principale della preparazione è un vecchio attrezzo da cucina: una specie di frustino a molla che comprimendolo ripetutamente, montava a neve l’albume dell’uovo. Una delle cose che conservo gelosamente dei miei nonni,  è proprio questo. Con il manico di legno e una molla in ferro che si sviluppa in maniera conica, è quello che serve a fare la rüsümaua, e che dal suo rumore immerso nell’albume faceva esclamare la famosa frase “facciamo il ciù-ciù”.
L’esecuzione della ricetta è davvero facile: si prende un uovo e si divide l’albume dal tuorlo. L’albume viene messo in una tazzina, e con il frustino a molla lo si lavora montandolo a neve. L’operazione richiede qualche minuto, e il risultato finale deve essere una specie di crema bianchissima molto soffice. A questo punto si mette il tuorlo dell’uovo e si mescola energeticamente amalgamando insieme le due parti dell’uovo. Piano piano vedrete che il vostro composto assume una colorazione giallastra. E’ il momento di aggiungere qualche cucchiaino di zucchero, per rendere dolciastra e più piacevole la vostra crema.

Quando la mangiavo io, essendo un bambinetto, la ricetta era conclusa come sopra descritto. Una specie di zabaione dolcissimo allietava così i miei pomeriggi estivi, regalandomi dolci emozioni e un’abbondante dose di energia supplementare.
Per i più grandi invece, parlando soprattutto in riferimento all’epoca dei miei bisnonni e nonni, c’era la versione alcolica: i “sciùr”, ovverosia quelli che potevano permetterselo, aggiungevano un goccio di marsala secco. Invece i poveri contadini, dovevano accontentarsi di aggiungere un bicchierino di vino rosso, il classico vino da “vassell” che la maggior parte di essi producevano dalle vigne di proprietà, oppure, visto che il vino costava nel caso in cui si fosse acquistato, si allungava il tutto con un po’ d’acqua.

Forse ora ci viene da ridere a sentir parlare di questa tipologia di merenda o ricostituente che fu alla base dell’alimentazione dei nostri “vecchi”, abituati come siamo ad avere ogni tipologia di merendine, gelati o affini da mangiare quando vogliamo, ma una volta la rüsümaua rappresentava una delle poche risorse per dissetarsi durante la calura estiva e per riprendere energie.
Io mi ritengo fortunato nell’aver avuto da piccolo la possibilità di assaggiare questa semplice “prelibatezza”: rivedo ancora oggi tutte le fasi di preparazione di essa, il famoso rumore del “ciù-ciù”, e le parole dei miei nonni e genitori, che mi trasmettevano entusiasmo e “acquolina in gola” nell’attesa di mangiare la rüsümaua. E che bontà era poi assaggiarla, assaporarla piano piano, sentire la dolcezza e cremosità dell’impasto, che scorreva fresca sul palato, per poi finirla voracemente e chiederne ancora. Ricordo ancora il sorriso di mia nonna quando gli chiedevo di farmene un’altra, e lei, pur di accontentare suo nipote, con pazienza si rimetteva a rifare il tutto.

Sono passati più di trent’anni da quei momenti dolcissimi (dolcissimi in tutti i sensi). Dal fondo di un mobiletto della cucina prendo il vecchio frustino a molla della nonna. Il manico in legno ormai color marrone scuro dovuto al tanto utilizzo, la molla in acciaio non più brillante ma sempre pronta a fare il suo dovere.
E’ un antico richiamo che mi fa rivivere mille emozioni, la voglia di vedere ancora una volta quella vecchia ricetta e preparazione mi portano indietro di decenni.

E’ il momento di rifare la rüsümaua !
Tazzina, uovo e frustino sono allineati sul tavolo. Divido i due componenti dell’uovo, mettendo nella tazza l’albume. Prendo il frustino e via ! Con movimenti veloci lo comprimo e rilascio: sì, dopo tutti questi anni mi parla ancora…il suo “ciù-ciù” è rimasto uguale, dolce e meccanico come allora. Sorrido tra di me, mentre Sabrina mi prende per pazzo, e continuo a sbattere l’albume. Dopo un poco quest’ultimo è ben montato a neve. Aggiungo il rosso dell’uovo, e mescolo il tutto. Una crema dorata prende forma nella tazzina…sofficissima e colorata invoglia all’assaggio, ma non prima di aver aggiunto una spolverata di zucchero.

Ed eccomi pronto all’assaggio: dolce, cremosa, soffice…sapore di uovo freschissimo, con una persistenza infinita…il tutto mi riporta alla mia gioventù: per un attimo rivedo il vecchio tavolo dei nonni, con la finitura superiore in formica verde…la tazzina dal bordo colorato, i movimenti decisi di nonna Bruna che schiacciano il frustino, lo schizzare di qualche goccia d’albume…l’aggiunta del rosso e zucchero e l’amalgatura finale. E il sorriso di mia nonna nel pormi tazzina e cucchiaino, con a fianco il nonno che diceva “mangia nàa, ca l’è bona”…
Sì nel rifarla ho riassaporato vecchie emozioni, ma non nascondo che al di fuori di quelle ancora oggi fare e mangiare la rüsümaua è davvero fantastico, con poco si gode davvero !!!

Parlatene in famiglia, vedrete che i vostri genitori o nonni si ricorderanno benissimo di questa vecchia bontà, e soprattutto provate a farla, non ci vuole nulla e vedrete che ne rimarrete entusiasti.
P.S. 1: penso che ormai più nessuno abbia come me il vecchio frustino a molla della nonna, ma potete ovviare a ciò anche con un moderno frustino elettrico.

P.S. 2: i “nostar vécc” avevano l’usanza di intingere anche del pane nella rüsümaua, per avere un ulteriore merenda più completa.
Di seguito trovate le foto della preparazione della mia rüsümaua…

Tazzina, uovo e frustino...siamo pronti per la preparazione della rüsümaua 

Ecco il mitico frustino a molla della nonna...

Si mette nella tazzina l'albume...

Con energia lo si monta a neve, comprimendo il frustino verso il fondo della tazzina: qui si sente il famoso rumore del "ciù-ciù"

Ecco l'albume montato a neve...deve essere soffice ma ben denso...

Aggiungiamo il rosso dell'uovo e qualche cucchiaino di zucchero...

Mescoliamo il tutto in modo da renderlo omogeneo...ed ecco che la rüsümaua è pronta !!!

giovedì 17 luglio 2014

Santorini Assyrtiko PDO, il capolavoro di Haridimos Hatzidakis...

Estate...voglia di mare, spiagge, bagni rinfrescanti e sole...
Ma quest'anno, dopo una scelta ben ponderata e anche sofferta in realtà, con la famiglia abbiamo deciso di passare le prossime vacanze in montagna ! Per una volta vogliamo "assaggiare" l'aria estiva frizzante delle nostre Alpi, immersi nella natura e nel fascino di queste catene montuose, dove faremo tante passeggiate e dove il sottoscritto si dedicherà anche alla ricerca di funghi, sperando che sia fruttuosa !

Quindi stavolta niente ferie al mare. Come fare quindi per avere un piccolo richiamo di esso e immaginarsi per un attimo di trovarsi in spiaggia ?
Semplice, dalla cantina di casa Carnelli viene pescato il jolly della situazione, una bottiglia particolare e quasi introvabile in Italia: un vino bianco prodotto nell'isola di Santorini !

Santorini Assyrtiko PDO (Protected Designation of Origin Santorini)
Vitigno: Assyrtiko
Titolo alcolometrico: 13,5%
Annata: 2012
Produttore: Haridimos Hatzidakis

Santorini, una delle mete più ambite dai giovani, isola greca di origine vulcanica che regala scorci e paesaggi incommensurabili...
E' proprio qui che affonda le radici l'umile lavoro di Haridimos Hatzidakis, il quale contrapponendosi allo sfrenato turismo di massa che ormai ha conquistato l'isola, con fatica e passione ha recuperato vecchie viti a piede franco di Assyrtiko, un antico vitigno locale, ridandogli lustro e notorietà.

I vini prodotti da Hatzidakis sono svariati, oltre al sopra menzionato Santorini Assyrtiko PDO troviamo anche altri bianchi, dei vini rossi e due vini da dessert, tra cui uno chiamato curiosamente Vinsanto (nome derivante dalla coniugazione di vino e Santorini, abbreviato poi in Vinsanto). Haridimos lavora esclusivamente seguendo una viticoltura in regime biologico, certificata nel tempo.

Ma torniamo alla nostra bottiglia: già il nome ha influenzato chiaramente la mia scelta di "bevuta", richiamando un bellissimo posto di mare. E' la prima volta che assaggio questo vino, i commenti che mi erano stati riportati erano entusiastici, spero proprio di aver scelto quindi una bottiglia "marina", solare, dove ritrovare questi gli elementi caratteristici dell'estate.

Vino ottenuto dal vitigno Assyrtiko in purezza, allevato su terreni di origine vulcanica e calcarea.
La vendemmia è manuale, con una fermentazione spontanea sui lieviti e successivo affinamento sulle fecce per 40 giorni. Completa la maturazione in acciaio inox e prima di essere imbottigliato subisce una leggera filtrazione. Dal retro etichetta leggo che la mia bottiglia è la numero 30.970, e la quantità totale prodotta nell'annata 2012 è pari a circa 40.000 bottiglie.

Un vino che nel bicchiere si presenta pulito, limpido, con un colore giallo paglierino ben evidente, e con una buona consistenza ben evidente dalle sagome che rilascia sulle pareti del bevante.
Il bouquet aromatico è un'ode al mare: salino, iodato, gessoso, minerale, pirite, richiama la polvere di conchiglie...sembra di stare sul bagnasciuga, dove le sferzate di vento portano sentori marini che ti scuotono dentro, facendoti vivere il mare vero e proprio !
Con il passare dei minuti si evidenziano anche note di glicine, per poi virare su sbuffate citriche, lime, e aprirsi in salvia, pesca a polpa bianca e un pizzico di vaniglia...
In bocca è nervoso, pungente, stride con la propria parte morbida. E' quello che immaginavo: un vino dalla freschezza affilatissima, tagliente, forse fin troppo eccessiva, ma che è ben vivo e godurioso. Sapidità davvero succosa, pungente, con grandi note minerali che si ricollegano agli aromi olfattivi. Una struttura più che discretamente delineata ma mai banale supporta le durezze del vino, oscurando un poco la parte alcolica dello stesso. E' forse questa l'unica piccola pecca di questa bottiglia, ma è anche vero che probabilmente è la sua peculiarità !

D'altronde un vino bianco proveniente da Santorini non può che richiamare le caratteristiche della sua terra d'origine: sole, mare, spiagge di sabbia e ambienti rocciosi,  in tutte le loro declinazioni, profumi e sentori...semplicemente quello che volevo ritrovare io in un'afosa serata milanese...

Per la cronaca, l'Assyrtiko ha accompagnato un ottimo piatto di spaghetti con gamberoni freschissimi...il classico matrimonio perfetto !!!

Foto di Sabrina Gatti



martedì 8 luglio 2014

Una giornata tra lago Maggiore, Mottarone e Macugnaga…divertimento, natura e “richieste d’aiuto”…


Sabato scorso con Sabri decidiamo di andare a trovare Kiki, che da qualche settimana è a Laveno a casa della nonna.
Ne approfitteremo quindi per fare un giretto in giornata tra laghi e monti della zona.
Partiamo di buon’ora da Sesto, e giungiamo a Laveno per recuperare Kiki. I baci e gli abbracci si sprecano, ci mancava la sua presenza solare, tanto è vero che ci contagia, rendendoci pimpanti e allegri per tutta la giornata. Finalmente il meteo ci regala una giornata di sole con un’arietta frizzante, che rende la temperatura piacevole.

Carichiamo Kiki e relativo zaino in macchina, e ci dirigiamo all’imbarcadero di Laveno, da dove prenderemo il traghetto per arrivare a Intra. In attesa della nave ci sono poche macchine e qualche moto, più qualche pedone. Nell’attesa ci viene incontro un simpatico ragazzo di colore, che ci propone l’acquisto di bracciali e libri di cultura africana: tra questi ultimi attira la mia attenzione un ricettario dedicato alla cucina di quei paesi lontani. Non posso esimermi dal suo acquisto…mi diletterò quindi prossimamente a cucinare qualcosa di etnico.
Bene, arriva il traghetto: ci imbarchiamo con il Pandino, e durante la breve traversata (circa 20 minuti), ci dedichiamo a fotografare il paesaggio. Lasciamo alle nostre spalle Laveno e il suo imponente Sasso del Ferro, e davanti a noi in lontananza appaiono le tre isole del Verbano, sormontate dalla sagoma del Mottarone. Sulla destra vediamo invece Luino, mentre a sinistra si notano gli speroni rocciosi su cui sorge l’eremo di Santa Caterina del Sasso. Di fronte, a mano a mano che ci avviciniamo, si delinea invece la sagoma di Intra: stiamo arrivando sulla sponda piemontese del lago.

Sbarchiamo e ci dirigiamo verso la nostra prima meta della giornata: il Mottarone !
Il Mottarone è la classica meta dei giri fuoriporta dei milanesi, essendo una tra le prime montagne vicine dove si può praticare sci (anche se piste e impianti non sono certo il massimo). Da Intra attraversiamo Fondotoce e l’elegantissima Stresa (da cui ammiriamo l’Isola Bella, Madre e dei Pescatori), e iniziamo la salita verso la vetta. Questa strada e questi posti li conosco a menadito, avendoli fatti una miriade di volte in moto ed essendo stati i posti delle classiche castagnate e ricerche di funghi con gli amici, ed è sempre un piacere attraversare questi boschi. Certo la strada è stretta e piena di curve e tornanti, ma è questa sua peculiarità che la rende attraente. Unica nota dolente è l’asfalto, davvero in pessime condizioni.

Arriviamo alla piccola baita d’ingresso al parco del Mottarone (dove siamo spennati di ben 7 euro !), e ci inerpichiamo sugli ultimi tornanti che conducono in vetta. Qui il cielo si fa plumbeo, minaccioso, nuvole scure non promettono niente di buono. In realtà ben presto anche in cima il sole farà capolino, regalandoci una giornata limpida…
Certo che il Mottarone in cima risulta essere piuttosto anonimo: qualche ristorante (tra cui la baita del CAI, luogo di memorabili mangiate e bevute in compagnia), impianti di risalita e i tristissimi ripetitori posti proprio sulla vetta che imbruttiscono il panorama. Di fianco a questi ultimi si mette in mostra un’alta croce bianca, da cui si gode una vista mozzafiato del lago Maggiore e del lago d’Orta, oltre a vedere svariati laghi minori della provincia varesina.

Ma insomma, se a parte la bellissima vista questa montagna regala ben poco, immagino che vi starete domandando cosa siamo andati a fare proprio lì ! Bene, la risposta è semplice: da qualche anno è stata messa in funzione una specie di pista (o meglio montagne russe) su bob a rotaia. Dicono che sia bella e che si divertano sia grandi sia piccini…e quindi quale migliore attrazione per far divertire Kiki e anche noi ?
Il bob è a due posti, dotato di cinture di sicurezza, e ha due leve che tirandole freni come e quando vuoi, quindi sei tu che decidi la velocità con cui scendere. Subito ci lanciamo in un giro Kiki ed io, dove io sono l’addetto alla “frenatura”. Chiaramente decidiamo di fare il giro “a manetta”, per provare un po’ di adrenalina ! Partiamo, e subito curve e controcurve ci regalano momenti di paura e divertimento: la velocità raggiunta è molto alta, più di una volta penso di volare via e atterrare nel bosco adiacente, ma siamo in piena sicurezza, e Kiki si diverte un mondo lanciando urla e risate a più non posso. Purtroppo il giro è piuttosto breve, sarebbe stato bello che la pista fosse un poco più lunga, ma ci accontentiamo, o perlomeno mi accontento io, perché poi Kiki si fa prima un giro anche con la sua mamma, e poi decide di farlo da sola. Alla fine ha un sorriso illuminante.
Scendiamo poi dalla vetta e ci sistemiamo in uno dei baretti lì vicino, dove ci rifocilliamo e riposiamo un poco. Nel frattempo do una veloce occhiata nei boschetti vicini, in cerca di funghi. Qualcosa c’è, ma nulla di rilevante…sono ingolosito da qualche bella “gambasecca” da fare con la pasta, ma alla fine decido di non raccogliere nulla.

Ripartiamo quindi per scendere verso Stresa e dirigerci verso la seconda meta della giornata: Macugnaga.
La ripida discesa ci regalerà due momenti particolari: il primo è la vista, a non più di dieci metri da noi, di un bellissimo e imponente falco. La seconda è invece ben più “drammatica”. Da un tornante posto all’estremità del bosco, saltano fuori due famiglie che si sbracciano per farci fermare.

Sono due coppie di olandesi con bambini piccolissimi, uno nel passeggino e l’altro in braccio. Si avvicina una delle due mamme, agitatissima, dicendoci in inglese che sono saliti da Stresa in funivia, e che una volta in cima, sono stati consigliati di scendere a piedi attraverso i boschi, e che circa in un’ora e mezza sarebbero giunti a Stresa. Purtroppo però si sono persi, e attraversare il sentiero nei boschi con passeggino e bambini piccoli è stata finora un’impresa. Ci implora di portare a Stresa suo marito, in modo da recuperare la loro auto e risalire poi a prenderli.
Rimaniamo sbigottiti nel sentire che qualcuno gli abbia consigliato di scendere a piedi nei boschi e con i bambini piccoli, anche perché la discesa fino a Stresa è molto lunga, altro che percorrerla in un’ora e mezza…ci sarebbero arrivati a notte inoltrata in quelle condizioni ! Certo che anche loro avventurarsi così alla cieca nei boschi non è stato il massimo, magari pensava che fosse una cosa più semplice e corta, però un poco di colpa l’hanno anche loro secondo me !

Ok, carichiamo il marito e scendiamo a valle. a mano a mano che scendiamo dalla lunga tortuosissima strada (circa 20 km), la faccia dell’olandese si fa sempre più terrea: si sta rendendo conto della distanza che avrebbero dovuto coprire…
Giungiamo quindi al parcheggio della funivia, dove ci offre 10 euro per il disturbo (categoricamente da noi rifiutati). Ma prima dei saluti io e Sabri ci guardiamo in faccia: da solo non riuscirebbe con la sua auto a ritrovare la strada per risalire, anche perché le indicazioni per il Mottarone sono piuttosto deficitarie, e inoltre qualche bivio potrebbe trarlo in inganno. Non ci pensiamo due volte, dicendogli di seguirci con la sua auto, in modo da riaccompagnarlo su !

Quindi, pronti via: si risale ancora per le pendici del Mottarone ! Noi che facciamo da apripista e lui che ci segue in macchina ! Il Pandino arranca ancora sulla salita, sbuffa e chiede marce corte…giunti alla casetta d’ingresso dove si paga, ci fermiamo e salutiamo l’amico olandese: da qui non potrà più sbagliare strada.
Ma le sorprese non finiscono: durante la discesa, sulla strada, un signore con un braccio ingessato, stanco e sudato, ci chiede un passaggio per Baveno ! Ok, le opere pie non sono finite, lo facciamo salire e gli diamo uno strappo…ci ringrazia anche lui calorosamente…

Riprendiamo quindi la lunga strada che ci porterà a Macugnaga. All’inizio è anche lei piuttosto tortuosa, per poi aprirsi in una carreggiata più ampia. Però ciò non basta, perché a un certo punto ci troviamo davanti un bus che ci impedisce di avere una marcia più sostenuta. Ci accodiamo a esso, e con molta pazienza giungiamo a Macugnaga.
Parcheggiata l’auto, ci rechiamo nella piazzetta principale, dove si svolge una fiera di artigianato locale. Pizzi e merletti, sculture di legno, prodotti tipici locali, si presentano in bella vista sulle bancarelle. Kiki è subito attratta da giochi (o meglio rompicapi) in legno da smontare e rimontare. Immancabilmente parte l’acquisto…avrà il suo bel da fare nel risolvere il gioco durante le ferie estive. Proseguiamo nella visita agli stand, giungendo poi a un piccolo recinto dove è presente una mucca con il suo vitellino. Il piccolo fa tenerezza, correndo dietro alla madre nel tentativo di succhiare un poco di latte dalle mammelle…

Ci guardiamo poi un po’ intorno. Macugnaga è un piccolo paesino Walser alle pendici del Monte Rosa, la cui cima rimarrà sempre nascosta tra le nubi durante le ore della nostra permanenza. Si trova alla fine della valle, chiusa dalle montagne circostanti. Parte del ghiacciaio del Rosa è visibile, anche se un locale ci spiega che si è molto ritirato rispetto ad anni fa. Le casette di legno del paese sono bellissime, con balconcini adornati di cascate di gerani penduli, regalandogli colori vivaci. Svariate persone girano con i costumi locali, che sono davvero ben belli e di ottima fattura. Ci sono molti negozi di abbigliamento sportivo da montagna, dove Sabrina acquista un bel paio di scarpe da trekking da utilizzare nelle prossime ferie in Alto Adige, e il proprietario del negozio, davvero simpatico, si mostra prodigo di consigli e attenzioni nella spiegazione di che tipo di scarpe da comprare. Direi che sia noi sia lui abbiamo fatto un ottimo affare !
Giriamo ancora un poco nelle viette, ammirando la bellezza del posto, e poi, verso le 19, riprendiamo la strada del ritorno. La strada stavolta scorre veloce sotto le nostre ruote, giungendo a Intra per imbarcarci verso Laveno. La traversata di ritorno ci regala un tramonto bellissimo sul lago e sulle montagne circostanti, e al nostro arrivo a Laveno ci rechiamo in un ristorantino sul lungolago dove mangiato una pizza accompagnata da un bel boccale di birra fresca.

Finita la cena, ci concediamo un gelato, per poi riaccompagnare Kiki dalla nonna. Proseguirà le sue vacanze al lago fino alla fine del mese. Contenta e felice, ci saluta con gioia, e soprattutto con molta stanchezza: la giornata è stata intensa per tutti.
Laveno, Gemonio, il lago di Varese, l’autostrada: il Pandino corre veloce con il muso puntato verso Sesto. Anche lui si è fatto una giornata davvero tosta, anche lui non vede l’ora di riposarsi. Arriviamo a Sesto, trovandola già immersa nella notte. Palazzi, case e auto ci re immergono nella quotidianità cittadina, purtroppo i bei paesaggi visitati nella giornata sono già un ricordo. Ricordi e avventure però davvero piacevoli ed entusiasmanti, che ricorderemo a lungo…

Alcune foto della giornata...

Intra vista da Laveno

Sul traghetto

La cima del Mottarone...

Laveno alle nostre spalle...

In fondo si intravede Luino...



Ci si avvicina a Intra

La vista a metà costa dal Mottarone...le isole Borromee...


La cima della montagna...


Polli d'alta quota...


"Gambesecche", ovverosia Marasmius Oreades...

Le vallate che si aprono dal Mottarone...

La croce e le antenne della cima spuntano dalla vegetazione...


Gyromitra Esculenta...bellissime...

La croce in cima...

La vista dalla vetta...

I bruttissimi ripetitori...
Eccoci a Macugnaga...
Le bellissime case Walser...
Piccole casette in miniatura...
Prodotti tipici locali...

 
Alla ricerca dell'oro...
Porcini in legno...
 


 
La banda locale...
 
I frutti dell'autunno...
Giochi locali d'altri tempi...il gioco della rana...
 
 
 
 
I rompicapo in legno...
 
 
Il massiccio del Rosa nascosto tra le nubi...
Una bellissima cascatella...
Candele di cera...
Mirtilli !!!


Si lavora il legno...




Si avvolge il filo di lana...


Ancora funghi...







Spezie coloratissime...

Minerali...





Il vitellino...

Eccolo con la mamma...

Si setaccia la ghiaia alla ricerca di pagliuzze d'oro...


Invasione di lumache...