sabato 6 gennaio 2018

Il Pettirosso della Valtellina...

E' da molto tempo che non scrivo in maniera assidua sul mio blog... famiglia, lavoro, impegni e tante altre attività mi hanno portato negli ultimi due anni ad avere poco spazio per occuparmi di esso.

Ma come un uccello migratore, il quale ogni anno percorre migliaia di chilometri in un lungo viaggio che lo porta ad attraversare paesaggi, luoghi e climi diversi, ma che alla fine torna sempre nel luogo di nascita, ecco che anch'io ritorno a scrivere sul blog.
E voglio farlo parlando di un simpatico "volatile" che troviamo comunemente in autunno e inverno nei nostri giardini: il Pettirosso!

Ma qualcosa non torna... il Pettirosso che stavolta ho incontrato io è arrivato direttamente dalla Valtellina, e si è posato ormai da qualche anno nella mia cantina a riposare! E' forse giunto il momento di svegliarlo e riportarlo alla luce...

Spero che abbiate capito che il protagonista di questo mio articolo non è il pennuto dal petto rosso-arancio, ma uno dei vini della mia cantina valtellinese preferita, la rinomata AR.PE.PE., la quale produce un vino rosso il cui nome è proprio "Il Pettirosso" !

Il Pettirosso IGT Terrazze Retiche di Sondrio IGT
Annata 1997
Titolo alcolometrico 12,5%
Lotto 5 194
Uvaggio Nebbiolo
Produttore Cantina AR.PEP.PE. Arturo Pelizzatti Perego

Quindi il Pettirosso della mia cantina è un "semplice" Terrazze retiche. Forse non dovrei avere grandi aspettative da questa bottiglia, seppur io sia amante della Chiavennasca in tutte le sue sfaccettature. Però in questo caso il "manico" conta, e se il manico è quello della famiglia Pelizzatti Perego, si può essere certi che passando dal loro Grumello Buon Consiglio, al Sassella Vigna Regina e Rocce Rosse, dall'Inferno Fiamme Antiche fino ad arrivare al "mio" Pettirosso IGT siamo davanti in qualsiasi caso a grandi vini (ed ho tralasciato altre eccellenti loro etichette)...
Non mi resta che assaggiarlo...

Sull'etichetta posta sul retro della bottiglia si legge che nell'annata 1997 (definita eccezionale dallo stesso produttore), ne sono state prodotte 14.660 bottiglie, ottenute da grappoli selezionati e successivamente affinato per quattro anni in botti di rovere. Abbinamenti indicati sono carni rosse, selvaggina, formaggi di media e lunga stagionatura (qui un bel Bitto o Casera la farebbero da padrone)...


Un colore granato scarico con riflessi aranciati e una grande consistenza "illuminano" e rendono vivo il bicchiere, da cui sono sprigionati molteplici profumi: marasche, ciliegie sotto spirito e prugne rosse sono la parte fruttata del bouquet aromatico di questo vino, per poi immergersi in un mare di note speziate e mentolate, dove ritroviamo cannella, china, rabarbaro, pepe nero, liquirizia, tabacco affumicato, caramello e vaniglia.


In bocca è setoso, avvolgente, largo, forse non "magro" come mi aspetterei da un Nebbiolo valtellinese, proseguendo con una buona alcolicità smussata da freschezza e sapidità, con dei tannini rotondi, ben svolti, e con sentori di cioccolato e caffè che invadono e gratificano il palato.
Un vino che non smentisce la bravura del produttore e la vocazione del territorio nella produzione di grandi bottiglie... equilibrio, ottima persistenza e armonicità concludono le sensazioni gusto-olfattive di questo meraviglioso vino...

E di sicuro non poteva essere abbinato che a un grande e classico piatto della cucina di Casa Carnelli: ossobuco di vitello con funghi porcini in umido, questi ultimi bottino delle uscite autunnali dello scorso anno. Profumo, aroma e consistenza dei porcini e sono stati ottimamente equilibrati da corpo, morbidezza, tannicità e intensità del vino, le quali hanno egregiamente accompagnato anche dolcezza, succulenza e aromaticità di carne e intingolo.


Un matrimonio perfetto tra un grande vino e un grande piatto della tradizione lombarda, che si rivela uno dei migliori modi per iniziare questo nuovo anno...