martedì 21 gennaio 2014

San Pietro e Chablis...

Da amante della terra marchigiana, delle sue bellezze naturalistiche e della sua gastronomia, qualche tempo fa mi regalai un superbo libro riguardante la locale cucina di pesce, intitolato "Cucina da mare marchigiana".
Centinaia di ricette su svariate tipologie ittiche dell'Adriatico mi perseguitavano durante i miei sogni notturni, talmente era vasta l'offerta presente su questo libro !
Ricette vecchie, a volte segrete, tramandate da generazione in generazione venivano svelate in tutte le loro sfaccettature sulle pagine dell'opera.
Spigole, rombi, orate, cozze, pagelli, bianchetti, calamari, granchi, sogliole, triglie, San Pietro, scorfani, anguille e tanti altri pesci erano accuratamente descritti e successivamente cucinati in mille maniere...
Tra le specie mi ha subito incuriosito il pesce San Pietro. Così recita la sua descrizione sul libro: pesce dall'aspetto sgraziato, qualità pregiata, carne compatta, molto gustosa. Così chiamato, dice la leggenda, in riferimento ad un pesce preso dall'apostolo Pietro, con le mani, nel lago di Tiberiade. Nella Bocca del pesce, Pietro avrebbe rinvenuto, come suggeritogli da Gesù, monete per un importo pari alla somma occorrente per il pagamento di un'imposta.
E subito sotto ecco la ricetta che ho deciso di fare per cucinarlo: San Pietro alla forestiera. Sembrerebbe che il "forestiero" fosse il soprannome di un pescatore proveniente da fuori regione, imbarcato su un peschereccio marchigiano. Abile cuoco, l'uomo avrebbe lasciato questa ricetta entrata ormai nell'uso comune.

Bene, mi reco in pescheria, ed ecco che sul bancone del pesce fresco trovo lui, il mio obiettivo: il San Pietro !
Mette un poco di soggezione: grosso e piatto, fauci enormi e pinne molto aguzze, colore grigio scuro e con una specie di occhio sul centro del corpo...chiedo di pesarne uno...il responso della bilancia è di 1,2 kg (già pulito)...perfetto, è del peso giusto per la mia ricetta ! Pago (il conto è piuttosto salato), e mi dirigo di corsa a casa, la cucina mi aspetta !
Ok si parte: primo intoppo...non ho una padella abbastanza grande da contenerlo. Mi maledico da solo perché temevo proprio questo, ma a spanne in pescheria mi era parso che potesse starci...!
Ma non mi faccio prendere dal panico, si esegue al volo una piccola variazione alla ricetta facendolo al forno in un'ampia teglia.
Secondo intoppo: ero convinto di avere già in casa dei piccoli pomodorini, ma a quanto pare la voracità delle mie due donne li ha fatti sparire qualche giorno prima. Bene, dovrò quindi arrangiarmi con polpa di pelati.
Riordino le idee e inizio quindi a preparare la ricetta (con variante personale visti i problemi sopra descritti)...
Sbuccio due patate, le taglio a fette sottili, e dopo aver unto con abbondante olio la mia teglia, le dispongo sul fondo di quest'ultima. Poi prendo il mio San Pietro, e dopo avergli dato una bella lavata, lo adagio sul letto di patate. Prendo i pelati, e con l'aiuto di un cucchiaio li dispongo sul pesce.
Trito grossolanamente una quindicina di olive denocciolate e una manciata di capperi, dispongo anche loro nella teglia, poi un pizzico di sale e pepe, una spruzzata di vino bianco, chiudo la teglia con carta stagnola, e voilà, il San Pietro finisce diretto in forno (precedentemente portato alla temperatura di 180°) !

Dopo circa 45 minuti, con Sabri verifichiamo la cottura del pesce: è perfetta !
Ecco qui il San Pietro cotto...

 
Procediamo quindi alla sfilettatura della carne, facendo attenzione a pulirla dalle lische presenti. L'operazione comunque risulta piuttosto semplice, e in un batter d'occhio i filetti, ricoperti dal sughetto di olive, capperi e pomodori, sono sui nostri piatti ! Che dire, era la prima volta che mangiavo questo pesce, e sono davvero rimasto colpito dalla sua tenerezza e soprattutto dalla sua delicatezza ! Carni piuttosto magre, friabili ma ben consistenti, dal sapore dolce e fine, ci hanno stupito positivamente. Il tutto era poi ben supportato dall'intensità delle olive e soprattutto dei capperi, creando una miscela di sapori mediterranei davvero eccelsi !

Ma il dilemma è poi stato il vino da abbinarci. Ero partito con l'idea del classico abbinamento territoriale, ovverosia un buon Verdicchio. Poi pensandoci bene, ho deciso che il mio primo San Pietro meritava qualcosa di più altisonante. Scendo quindi in cantina, e tra le varie bottiglie trovo uno Chablis "Vaillons" Premier Cru di Gérard Duplessis. L'annata è una 2010, quindi teoricamente, per il povero vino, sarebbe un infanticidio ! Però ho voglia di qualcosa che sia davvero fresco, acido, che mi apra il palato come una lama, e quindi decido di macchiarmi di questo crimine: il "Vaillons" sarà sacrificato !

 

Titolo alcolometrico pari al 12,5%, uve Chardonnay 100%, affinato in acciaio per 12 mesi e successivamente 6 mesi in botte piccola, è uno Chablis destinato all'invecchiamento, che regge benissimo anche per svariati anni. Caratteristica di questi vini è la spiccata mineralità, vera espressione territoriale della zona.
Un'accentuata consistenza nel bicchiere, con un colore giallo paglierino davvero limpido, è il preludio alle note sprigionate al naso. Quarzo, gesso, silice, con un richiamo marino di iodio, supportano poi pompelmo, pesca bianca, vaniglia, burro di cacao, sentori di frutta secca e fiori bianchi, accomunati da un'esplosività progressiva davvero incessante.
In bocca è tagliente, acidità ben rimarcata ed espressa, mineralità impressionante, con una struttura davvero ricca, tonda ed opulenta. Pulizia in bocca invidiabile per un vino giovane, chiusura leggermente corta, ma questa si può concedere, si farà con il tempo. Davvero meriterebbe di lasciarlo riposare per qualche anno, in modo da arricchirsi ulteriormente di sfumature e smussare un poco l'aggressiva freschezza. Sono curioso di assaggiare più avanti negli anni anche suo fratello maggiore, il Grand Cru Les Clos (sempre di Duplessis) presente in cantina...prevedo grandi soddisfazioni !

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