domenica 24 gennaio 2016

Osso San Grato: quando il Nebbiolo è immenso anche fuori dalle Langhe…



Osso San Grato: quando il Nebbiolo è immenso anche fuori dalle Langhe…

Ho un amore viscerale per questa bottiglia, tanto è vero che nella mia cantina sono presente svariate annate da far invidia a qualsiasi collezionista. E’ un amore che parte da lontano, dalla semplicità e rigorosità dell’etichetta, dai profumi eleganti che sprigiona questo vino, fino ad arrivare a una ferrosità ed ematicità davvero singolari, una struttura rotonda e opulenta, a graffi di grafite e “scarica elettrica” che tagliano il tuo palato, rendendo struggente la beva, fino ad arrivare alla particolare zona di produzione (Gattinara), posta ai piedi dell’inizio della strada che porta nella mia amata Valsesia.

Infatti, il Nebbiolo non è solo Langhe, ma si lega anche ad altre località produttive da cui si ottengono grandi risultati: Canavese, Novarese, fino ad arrivare a una delle mie altre valli alpine preferite, la Valtellina. Qui, oltre naturalmente allo Sforzato, il Nebbiolo (chiamato Chiavennasca) raggiunge uno degli apici della sua fama attraverso le sottozone della Valtellina Superiore DOCG, che sono Inferno, Valgella, Maroggia, Grumello e Sassella (quest’ultima sicuramente una spanna superiore alle altre).

Ma torniamo alla nostra bottiglia, l’Osso San Grato: come dicevo, viene prodotto a Gattinara, cittadina del vercellese vocata alla vitivinicoltura, dove sono presenti ottimi produttori tra cui Iarietti, Travaglini, Anzivino, Nervi e Antoniolo. Quest’ultima cantina, fondata negli anni ’40 da Mario Antoniolo e rimasta di proprietà della stessa famiglia fino ai nostri giorni, rimane sicuramente, a mio personalissimo parere, l’elemento di spicco trainante della produzione enologica della zona. Oltre all’Osso San Grato, produce altri cru della DOCG Gattinara, oltre al sempre piacevole DOC Coste della Sesia.

L’annata che ho degustato ha sulle spalle una decina d’anni, è la 2006, con titolo alcolometrico pari a 14%. Sul retro etichetta si trovano riportate alcune informazioni interessanti relative all’annata: 62 quintali di uva raccolti, pari a 80 brente di vino (la brenta è una specie di gerla usata per il trasporto del vino, che equivaleva anche a un determinato valore di unità di misura). Da questi 62 quintali di vino si sono ottenute 5324 bottiglie, e la mia è la numero 375.

Rigorosamente versato in un ampio balloon, dopo aver aperto circa un’ora prima la bottiglia in modo da ossigenare il vino, arrivo a gustarmi il mio “Osso”…

Grandissima consistenza nel bicchiere e un colore aranciato davvero intrigante anticipano e accendono la fantasia delle note olfattive. Fantasia che subito si trasforma in realtà elegantissima: prugna secca, mora, rosa canina, tabacco, humus, cuoio, china, note balsamiche e terra bagnata si susseguono l’un l’altro fino a sfociare nelle caratteristiche di questo vino: una ferrosità che richiama note quasi di ruggine e un’ematicità particolare, densa, pregna…

E’ ora di berlo…tannini ancora leggermente da sgrezzare si sposano con un’ottima morbidezza alcolica, il tutto levigato da una grandezza di materia davvero impressionante. Mandorla, grafite, ancora note di ferro e leggere “scariche elettriche” (come quando da piccoli si accostava la lingua alla lama del temperino per prendere la scossa) arricchiscono inequivocabilmente la ricchezza della bottiglia. Una grande armonia e persistenza chiudono a palato e olfatto questo capolavoro di Nebbiolo in purezza.

E come ultima chicca, l’Osso è degno accompagnatore di un ricco piatto di “casonsei” bergamaschi, fatti a mano e comprati freschissimi: ecco come fare un piacevole sabato sera con famiglia e amici…


Osso San Grato 2006


Il retro etichetta...
Casonsei alla bergamasca...

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