martedì 18 ottobre 2022

Mondo contadino: la rüdera e il rüd...

Negli scorsi giorni, sul mio profilo Facebook, in un post ho usato la parola rüdera.

Molti, in privato, mi hanno chiesto cosa sia la rüdera. Molto semplice: la parola rüdera (o anche ruera nel dialetto milanese, come indicato da Cletto Arrighi nel suo dizionario italiano-milanese del 1896 edito da Hoepli), deriva da rüd, ovverosia lo stallatico (letame) di bovino (ma anche equino).

La rüdera era quindi una specie di fossa quadrata larga mediamente 2x2 metri e profonda circa 1 metro. Era presente ed ancora in uso nelle case e corti dei contadini almeno fino alla fine degli anni '60 del secolo scorso. In essa veniva quindi messo il rüd che sarebbe servito come concime per l'orto di casa (venivano messi anche gli scarti di origine vegetale e animale che servivano per la preparazione di pranzi e cene, era praticamente come un grosso contenitore del nostro attuale umido, una compostiera).

Come detto prima, il rüd era comunque composto principalmente dagli escrementi bovini, ed era da preferire "maturo", ovverosia con qualche abbondante mese di fermentazione sulle spalle. Questo perché gli eventuali semi di erbe o simili che venivano mangiati dagli animali, nel caso di rüd maturo sarebbero stati ormai già in decomposizione e quindi non più "presenti". Nel caso di rüd giovane, invece c'era la possibilità che tali semi fossero ancora integri, e quindi c'era il rischio che, mettendo il rüd giovane nelle prose dell'orto, crescessero indesiderate erbe infestanti.

Il rüd a casa mia è sempre stato presente nel momento primaverile in cui si vangava l'orto per la nuova stagione, fino al 2011, ultimo anno in cui mio padre fece lui l'orto prima di morire l'anno successivo (io invece sono passato ad utilizzare lo stallatico pellettato in vendita nei garden, ma ahimè non è la stessa cosa).
Lo ordinava dal Peppino Zafaron di Gerenzano. A metà marzo la scena che si ripeteva sempre tutti gli anni, era la seguente: nella parte anteriore del viottolo d'ingresso di casa mia, mio padre (ma ancora prima mio nonno), stendeva un largo telo di juta (o cellophane nei tempi più recenti) per non sporcare per terra. Arrivava il Zafaron con trattore e rimorchio, entrava in retro nel viottolo, alzava il rimorchio, e il rüd cadeva per terra sul telo. Chi ha conosciuto mio padre, sa che era una persona molto scrupolosa e corretta. Prima dell'arrivo del Zafaron, avvertiva i vicini di casa che per qualche ora avrebbero purtroppo sentito cattivo odore, e si scusava sempre con loro cento volte, dicendogli anche di tenere chiuse le finestre (questo perché il rüd appena scaricato, era momentaneamente posizionato in prossimità delle finestre dei vicini).

Finito lo scarico del rüd, mio padre si armava di forcone e carriola, e dopo svariati "viaggi", il rüd era tutto stipato nella rüdera posta nel retro della mia casa, andando a formare "la mòta dul rüd", e pronto per essere utilizzato.

Già, ma come avveniva il suo interramento nelle prose dell'orto? C'erano due tecniche, simili ma leggermente differenti.

Prima tecnica

Il rüd veniva steso sulla prosa, ricoprendola per la sua interezza. Poi con la vanga si iniziava l'operazione di vangatura. Si sputava su entrambi le mani in modo da avere una presa più salda sul manico in legno della vanga, si inseriva con forza la vanga nel terreno aiutandosi con il piede appoggiandolo sul filo superiore della stessa, con le braccia si sollevava la vanga con sopra il terreno, e con un veloce movimento si ribaltava vanga e terreno, in modo che il rüd posto inizialmente in superficie, finisse così invece sottoterra.
Lo svantaggio del mettere il rüd all'inizio su tutta la prosa prima di vangare, comportava però il fatto di sporcare "i zòcar" e i piedi di letame, perché si vangava sulla prosa andando all'indietro, quindi schiacciando il rüd non ancora interrato. Viceversa, non era possibile posizionarsi dalla parte appena vangata, perché si sarebbe schiacciato con il proprio peso la parte di terreno appena smossa e resa "soffice”.

Seconda tecnica

La prosa non veniva ricoperta di rüd come nella prima tecnica. Semplicemente si dava il primo colpo di vanga nel terreno, spostandolo di qualche decina di centimetri. Nel buco creatosi, si andava quindi ad inserire con il forcone dei pezzi di rüd. Con la vangata successiva, si andava a coprire il rüd appena messo. Questa seconda tecnica è quella che da sempre è stata usata a casa mia.

Insomma, questa è un po' la spiegazione e la storia della rüdera, del rüd e del loro utilizzo... Per dovere di cronaca, anche i liquami di origine umana presenti nei pozzi neri delle case venivano usati come concime (chi non ha mai sentito parlare della famosa "careta du la bonza" che spargeva tali liquami nei campi...). Leggete qui , cliccandoci sopra, questa simpatica storia dei tempi passati raccontata da mio padre, relativa al "sommelier de la ganga”…

La rüdera di Casa Carnelli, vuota ed inutilizzata da anni



La mòta dul rüd - immagine presa da internet

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