giovedì 12 giugno 2014

Parmigiano reggiano, lambrusco e riso: una giornata nella campagna mantovana…

Sabato scorso con Sabrina abbiamo partecipato all’annuale gita sociale dell’Associazione I Buoni Frutti, di cui faccio parte. Associazione varesina che quest’anno compie 35 candeline dalla sua fondazione, e che si occupa della promozione e coltivazione di piante da frutto, soprattutto di varietà antiche, e di orticoltura. Tra i veri e propri trascinatori del gruppo troviamo i consiglieri Zappia e Zanettini. Quest’ultimo, custode delle cappelle del Sacro Monte, è una vera e propria leggenda regionale (e anche oltre) a livello di piante da frutto. Le conosce in tutte le loro varianti, tipi di allevamento, potatura, malattie, pezzatura dei frutti, trattamenti, e tante altre cose. Un vero e proprio “guru” in materia…

Il programma della giornata è davvero ricco: si visiterà un caseificio, dove è prodotto il Parmigiano Reggiano, una cantina produttrice di Lambrusco e una riseria. Il ritrovo è a Castronno, da dove si parte di buon’ora con il bus. Siamo circa quaranta persone, un gruppo variegato e allegro. Presa l’A4 dalla diramazione dell’autostrada dei Laghi, giungi all’altezza di Verona deviamo a sud sulla Brennero – Modena. Da qui si apre un paesaggio d’altri tempi e di rara bellezza naturalistica. Campagne immense, coltivate a mais e frumento, colture di pesche, albicocche e susine, attraversate da canali d’irrigazione, offrono un’oasi naturalistica a svariate specie di uccelli: esemplari di cicogne e aironi cenerini appaiono davanti ai nostri occhi in grandi numeri. Un ecosistema davvero particolare che premia il “turista” di passaggio, dandogli la possibilità di vedere questi animali, altrimenti difficili da incontrare dalle nostre parti.
Superato il Po, arriviamo alla prima tappa della gita, ovverosia la Latteria Vo Grande di Pegognaga. Trattasi di una cooperativa sociale composta di ben 35 soci proprietari di stalle. All’ingresso troviamo lo spaccio locale, dove siamo accolti dalla figlia del casaro, che ci farà da guida. Un forte odore di stallatico invade le nostre narici: l’azienda è proprietaria, tra l’altro, di circa diecimila maiali ! Infatti, superato lo spaccio, si aprono tanti fabbricati adibiti a porcilaie: qui i maiali sono allevati per poi essere trasformati in carne e salumi.  Ma iniziamo a parlare di Parmigiano: prodotto con latte semigrasso e senza alcun tipo di conservante, è ottenuto dalla mungitura del mattino e della sera da vacche di razza Frisona, i cui alimenti sono principalmente fieno e mais. La zona di produzione parte dalla bassa mantovana, identificata sotto la linea del Po, per aprirsi fino a Parma, Reggio Emilia, Modena e parte della provincia di Bologna, delimitata dal fiume Reno.

Il latte è raccolto nelle vasche di scrematura, e sosta al loro interno per un’intera notte. Al mattino successivo è tolta la panna che si è formata in superficie, che è poi riutilizzata come panna da cucina, mentre il latte passa nella sala cottura. Qui enormi paioli in rame lo accolgono, dove è riscaldata fino a 55 gradi. A questa temperatura, tramite lo spino, classico attrezzo del casaro, viene rotta la cagliata, che in seguito si deposita sul fondo dando origine al Parmigiano. A questo punto la cagliata è tagliata a metà, ottenendo due pezzi di future forme di formaggio, e avvolte in teli di canapa. Ogni giorno sono prodotte 64 forme. Una volta ben sgocciolate, le due metà sono deposte nelle fasce, che daranno vita alla classica forma del Parmigiano. Da qui passano nel locale di asciugatura, dove gli viene posto sopra anche un peso in modo da schiacciarle e farle asciugare meglio, e poi nella sala di raffreddamento, dove sostano per qualche giorno. A questo punto le nostre forme sono pronte per la salamoia. Enormi vasche profonde due metri, riempite di una soluzione di acqua e sale, accolgono il formaggio, che viene completamente immerso in esse. La fase di presa di sale dura 19 giorni, dopo di che avviene un passaggio in camera calda per circa tre ore, dove le forme sono fatte asciugare. Il nostro Parmigiano è quindi pronto per essere stoccato a magazzino.
Siamo quindi condotti nel magazzino, dove riposano ben 27.000 forme di Parmigiano ! Vederlo è impressionante: forme tonde si rincorrono a dismisura sia in altezza sia in lunghezza…si va dalle più giovani, dal colore più chiaro, a quelle quasi dorate, imbrunite, ovverosia più vecchie. Le stagionature che compie il caseificio sono di tre tipi: dolce da tavola, ovverosia formaggio giovane stagionato minimo 12 mesi, poi 27 mesi e si finisce con quello stagionato ben 36 mesi. Il profumo è qui presente è invitante: si vorrebbe assaggiare tutto questo ben di Dio…infatti facciamo una breve degustazione delle tre tipologie, dove sicuramente la 27 mesi e soprattutto la 36 mesi fanno la parte del leone, quest’ultima presenta un profumo e sapore deciso, aromatico, davvero intrigante. Ottima anche la 27 mesi, mentre un po’ sapida e umida risulta la forma con la stagionatura più giovane. Durante gli assaggi, non si può fare a meno di notare enormi squarci, ora riparati, sulle pareti del magazzino: qui, in occasione del terremoto del 2012, i cantilever con le forme di Parmigiano sono crollati, causando la rottura e perdita di quasi tutta la produzione. La nostra guida ci ha detto che non aveva mai visto fino a quel giorno suo padre piangere, cosa che invece è avvenuta in quel contesto e giorno disgraziato…ma da vero uomo legato alla terra, quella vita e a quel prodotto, ha avuto il coraggio di ripartire. Ora tutti i ripiani di stoccaggio sono a prova di sisma, e rimboccandosi le maniche, sono piano piano ripartiti.

Lasciato alle spalle il magazzino, ci riversiamo come un fiume in piena allo spaccio: personalmente acquisto un bel salame mantovano e un chilo di Parmigiano, ma tutti fanno (più o meno) ordinatamente la fila per acquistare qualcosa.

Lo spaccio della Latteria Vo Grande

Enormi silos

Le vasche di scrematura

Il locale di lavorazione del latte

Gli enormi paioli in rame

Lavorazione del latte


Attrezzature varie

La cagliata

I contenitori delle forme

Il casaro con li spino

SI rompe la cagliata con lo spino

Controllo della densità della cagliata

Lo spino

Le due forme divise

Prende forma il Parmigiano



Locale di asciugatura

I coperchi che si mettono sopra le forme

Forme trasferite in contenitori inox


I contenitori inox

Le forme vengono girate manualmente

Salamoia !

Le scritte sulla forma


Ultima asciugatura dopo la salamoia

L'impressionante magazzino di stagionatura













I segni del terremoto del 2012

Forma del 2011

Ancora i segni del terremoto

Maiali !


Uno sguardo stupito ma simpatico...
Riempiti borse e zaini, ripartiamo alla volta di Gonzaga: la locale cantina di Lambrusco ci attende. Purtroppo abbiamo sforato i tempi con la visita alla Latteria, e quindi quando giungiamo in cantina, l’accoglienza non è delle migliori. Vista l’ora, non è più possibile visitare in maniera accurata la cantina con tutti i suoi procedimenti di vinificazione: c’è concessa solo una fugace e velocissima passeggiata al suo interno, per poi essere catapultati allo spaccio. Insomma, certo colpa nostra che siamo arrivati tardi, ma in questo modo non fai una bellissima figura di fronte a potenziali clienti, tanto è vero che quasi tutti acquistiamo qualche cartone di vino. Allo spaccio molto curioso (ma non inusuale nelle cantine sociali) la presenza di distributori di vino, tipo quelli della benzina, dove ti viene riempita la tanica o damigiana del caso. Giusto qualche piccola curiosità: qui producono Lambrusco da uve Salamino, Ruberti, Marani, Maestri, Viadanese, vini bianchi con Trebbiano, e spumanti con Malvasia.

Affinamento in cemento

Affinamento in vetroresina

Macchina tappatrice

Linea di etichettatura


Affinamento in acciaio

Il locale di stoccaggio delle bottiglie pronte per la distribuzione

Pressa pigiatrice

Distributori di vino...
Bene, il bus ci attende per portarci al ristorante: riattraversiamo Gonzaga e ci dirigiamo ancora verso Pegognaga. La metà è il ristorante Il Caminaccio, dove è presente anche un laghetto di pesca sportiva. A tavola, oltre ad allietarci con i piatti tipici della tradizione mantovana, ho la fortuna di sedere a fianco di Zappia e Sante Zanettini: entrambi si prodigheranno in consigli utilissimi sulla vita associativa e sulla coltivazione del frutteto. Farò tesoro delle loro parole…
Finito il pranzo, e dopo una breve caccia a un disperso (“abbioccatosi” su una panchina ben nascosta, tanto da mettere in preallarme il presidente pronto a rivolgersi a “Chi l’ha visto”), ci rechiamo a Nosedole presso la riseria Corte Facchina Piccola. Un’immensa e bellissima cascina risalente al 1400 si apre davanti ai nostri occhi. Da sotto il porticato, un’imponente figura maschile ci viene incontro: è Massimo Battistello, titolare con il fratello della riseria. Si dimostrerà da subito un personaggio simpaticissimo e istrionico, mettendoci subito a nostro agio.

Per prima cosa ci conduce alle adiacenti risaie di sua proprietà: ben 100 ettari coltivati con questo cereale di due qualità, Carnaroli e Vialone Nano. In lontananza ci indica un trattore alla cui guida c’è il fratello, che sta procedendo a concimare le risaie. Risaie che in questo momento sono senz’acqua, proprio perché devono fare alcuni trattamenti. Lì vicino un’infinità di canali si aprono lungo i suoi terreni: l’acqua utilizzata per irrigare i campi proviene direttamente, tramite tantissime chiuse e vari corsi, dal lago di Garda. Massimo ci dice che ormai, chiaramente, il tempo delle mondine è finito da un pezzo: ora, semina e raccolta sono completamente meccanizzate. Purtroppo l’utilizzo di fertilizzanti ha fatto sparire anche alcune specie acquatiche che una volta si trovavano in grandi quantità nelle risaie: pesci gatto e rane sono ormai un lontano ricordo.
L’impressionante canicola presente nella campagna mantovana, suggerisce a Massimo di farci spostare nei locali di lavorazione del riso. Prima ci fa vedere l’aspiratore esterno al magazzino di raccolta, che porta il cereale appena raccolto all’interno, e poi ci trasferiamo nel magazzino, dove due masse di riso giacciono a terra, in attesa di essere lavorate. La lavorazione avviene nel locale attiguo. Un grosso impianto di aspirazione, sgranatura, pulitura e lucidatura porta i nostri chicchi di riso a vari livelli: ogni chicco è rivestito da ben sette camicie esterne, e in base alle camicie tolte, otteniamo risone, riso integrale, riso pilato e riso brillato. Come per il maiale qui non si butta nulla: gli scarti delle lavorazioni saranno poi utilizzati principalmente per cosmetici e prodotti per la pulizia del corpo. L’ultimo controllo di ogni singolo chicco viene fatto da un’apparecchiatura a raggi infrarossi, che tramite un getto d’aria riesce a scartare quelli che presentano imperfezioni !

Il riso a questo punto passa alla fase d’impacchettamento, che può essere sia sottovuoto oppure nel classico pacchetto “morbido”.
Successivamente, da buon imprenditore che sa fare il suo mestiere, Massimo, coadiuvato da moglie e cognata, ci offre una bella tavolata con formaggio, pane e salame, il tutto accompagnato ovviamente da vino bianco e Lambrusco locali (in questo caso della Cantina di Quistello). Il salame è sublime, si scioglie in bocca, saporitissimo e con la classica “punta” di sapore d’aglio, che nel salame mantovano non deve mai mancare. Massimo ci racconta ulteriori aneddoti sul suo lavoro e sulla sua cascina, regalandoci una breve passeggiata nei suoi locali e aie, poi via, tutti allo spaccio a fare compere: nel mio caso acquisto qualche confezione di Carnaroli e Vialone Nano, oltre a mezzo chilo di riso Venere (quello nero, non prodotto però da lui). Acquisto anche delle schiacciatine di riso, assaggiate alla precedente tavolata, davvero buone. Infine il nostro anfitrione ci accompagna tutti in un vicino bar per offrire caffè o altro…davvero un grande.

Risaia
 
Piccole piantine di riso crescono vigorose...
 
Marcita tra i campi
 
Roggia d'irrigazione
 
Coltivazione di patate
 
e di zucche...
 
La vecchia stalla
 
Riso immagazzinato in attesa di essere lavorato
 
Ecco il riso grezzo..
 
L'impianto di lavorazione
 
Una delle aie della vecchia cascina
 
Porticato che funge da ricobero per attrezzi agricoli
 
Il vecchio locale falegnameria presente nella cascina
 
Le bellissime volte interne della stalla
 
Il vero padrone di casa !
 
 
La tavolata con i prodotti tipici locali...
 
Vari tipi di riso
 
Vecchie foto di mondine al lavoro...
E’ ora di ripartire: salutiamo Massimo e la sua famiglia. Riattraversiamo la bellissima campagna mantovana, poi, una volta sull’A4, la stanchezza prende il sopravvento su molti di noi. Mentre all’andata il chiacchiericcio regnava all’interno del bus, ora solo qualche voce assonnata fa capolino tra i sedili. Ci si risveglia tutti all’immancabile punto di strozzatura milanese: il tratto tra Sesto e Certosa. Una coda infinita, macchine che suonano il clacson all’impazzata e che cambiano carreggiata in base ai movimenti della coda, tagliandoci più volte la strada, ci ricordano che siamo quasi a casa. Saltato il tappone (io poi in realtà dovrò immergermi ancora, visto che devo tornare a Sesto), ci dirigiamo a Castronno, e giunti al punto di ritrovo, ci salutiamo calorosamente, tutti ben contenti della giornata trascorsa assieme.
Che dire se non ringraziare la splendida associazione de “I Buoni Frutti” per la convivialità offerta e per l’occasione di visitare posti interessanti e bellissimi…!

Anzi sia Sabrina che io consigliamo a tutti di visitare sia la Latteria Vo Grande (si sono detti disponibili anche a visite per singoli privati, oltre che a organizzarle anche gruppi e scolaresche), sia la riseria Corte Facchina Piccola.
Siamo sicuri che anche voi apprezzerete il lavoro di queste persone semplici, ma forgiate da una grande determinazione e passione nel portare avanti prodotti d’eccellenza, lavori e tradizioni del territorio…

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