martedì 29 aprile 2014

29 aprile 1945: piazzale Loreto, io c’ero…

Testimonianza diretta di Carlo G., mio suocero, presente a piazzale Loreto in quel lontano giorno di 69 anni fa, dove i cadaveri di Benito Mussolini, della sua amante Claretta Petacci e dei maggiori gerarchi fascisti furono macabramente esposti alla folla…

In seguito si susseguono altri racconti del periodo di guerra vissuti sempre da lui e da sua moglie Gardenia.
N.B: questo articolo vuole essere esclusivamente una semplice narrazione di quei fatti storici, slegandosi da ogni idea e principio politico. Alcune immagini possono essere cruente, fare quindi attenzione alla loro visione. 
Ecco come si presentava piazzale Loreto intorno al 1940: a destra si vede il "famoso" distributore di benzina
“Mio papà mio ha portato in piazzale Loreto perché aveva sentito che i cadaveri di Mussolini, la Petacci e altri gerarchi erano stati portati presso un distributore di benzina. Io arrivai dall’attuale viale Brianza portato sulla canna della bicicletta, e all’incrocio con Corso Buenos Aires vidi ciò che ti sto raccontando.”

“Una calca impressionante di gente era presente nel piazzale, con difficoltà, tra urla e spari per cercare di tenere la situazione sotto controllo, partigiani e militi avevano il loro daffare per allontanarla dai cadaveri, stesi a terra. In mezzo a questo caos, si fece largo una donna, che avendo avuto cinque figli uccisi in guerra, ha sparato cinque colpi a Mussolini, che era già chiaramente morto. E’ stata una cosa molto impressionante, che mi è rimasta scolpita nella memoria in tutti questi anni. A un certo punto furono utilizzati anche degli idranti per distogliere la folla dai cadaveri. Io ero sulle spalle di mio padre, e vedevo tutto questo molto bene. Lo vedevo con occhi da bambino, ma bambino cresciuto in mezzo alla miseria e agli orrori della guerra…e quindi, in parte, la morte che vedevo lì di fronte, era quasi quotidianità.”

I corpi di Mussolini e della Petacci

Il gruppo dei cadaveri di Mussolini e dei gerarchi fascisti
 
Si utilizzano gli idranti per allontanare la folla...
 

Video girato dagli alleati in piazzale Loreto
 
Stesso video (ma più corto) presente nell'archivio dell'Istituto Luce: "Morte di Mussolini"
 
“Si era spintonati a destra e sinistra, a volte mi allontanavo mentre altre volte mi avvicinavo al punto focale di quella tragedia. Gente impazzita, urlante, rabbiosa ed eccitata si accalcava per vedere quella scena. Trascorsa circa un’ora dal mio arrivo, mentre tra la folla vi era un continuo via vai di camion pieni di partigiani, i cadaveri furono issati alla trave del distributore e appesi a testa in giù. Prima Mussolini, poi la Petacci (cui fu successivamente legata la gonna in modo da coprire le parti intime), e per finire altri quattro o cinque gerarchi. Inermi, con le braccia aperte, erano davvero un macabro spettacolo. Macchie di sangue si vedevano sui vestiti, i visi, soprattutto quello di Mussolini, erano deturpati (ndr – aggiunta di Ferruccio: il cranio di Mussolini finirà per essere completamente sfondato una volta deposto dalla trave, in quanto il cadavere picchierà proprio con il cranio sul cassone del camion che poi li porterà all’obitorio). Ogni volta che qualcuno era issato, la gente urlava impazzita di gioia, cercando di riconoscere quale gerarca fosse. Piano piano, sotto la spinta incessante della folla, mio padre, esausto, si allontanò nell’angolo opposto della piazza. Qui si riposò un attimo, guardandomi negli occhi ma senza proferire parola. E con un gesto svelto mi ripiazzò sulla canna della bicicletta e tornammo a casa. In quel momento non lo sapevo, ma in realtà ho assistito e fatto parte di un pezzo di storia italiana…certo drammatica, nuda e cruda per un bambino, ma questo è quello che ho vissuto e visto il giorno del 29 aprile 1945 in piazzale Loreto.”
“Avevo 8 anni.”

L'esposizione dei cadaveri appesi al tralicci del distributore
 
 

Altri racconti...

“In via Garigliano, verso mezzogiorno, ero uscito a fare due passi. All’altezza del muro dell’oratorio, i partigiani hanno portato lì una persona, un fascista, vestito normalmente, con abiti di colore grigio, appoggiato al muro, hanno preso il mitra, e una scarica di pallottole l’ha falciato. Sempre in quell’occasione, hanno legato con una corda una persona, già morta, l’hanno issata alla massima altezza di un palo della luce, poi hanno tagliato la corda, l’hanno lasciato cadere giù di colpo, e il cranio ha fatto …splash…spappolando per terra il cervello.”

“Un’altra cosa che mi ha molto impressionato erano i passaggi di “Pippo”, aereo alleato che passava in ricognizione sulla città di Milano. Questo era un segno “funesto”, perché annunciava un imminente bombardamento. Un giorno i miei genitori, sapendo cosa significasse il giro di ricognizione di “Pippo”, sono scappati nel rifugio antiaereo dell’ATM. Io in quel momento ero nel giardino della mia villetta in viale Zara, e purtroppo non erano riusciti a trovarmi per portare via anche me. Capendo anch’io l’imminente pericolo, ero piuttosto spaventato, allora ho attraversato viale Zara per nascondermi in alcune piccole boscaglie presenti dalla parte opposta del viale. Correvo a perdifiato per raggiungere questo piccolo nascondiglio naturale ma “Pippo” mi vide e con una leggera virata, a non più di cento metri d’altezza, iniziò a spararmi contro. A ogni passo di corsa che facevo, sentivo le pallottole schizzare tra le mie gambe, rimbalzare a terra…ancor più impaurito corsi più forte, raggiungendo la boscaglia e buttandomi tra essa, lanciando un urlo di liberazione, o forse ripensandoci a distanza di anni era solo un urlo di paura vera…sentii l’aereo che passò sopra la mia testa facendo un gran rumore, per poi allontanarsi a tutta velocità riprendendo quota. In quell’occasione fui un vero e proprio miracolato…”
“Altro particolare…mi trovavo a giocare nelle villette sempre di viale Zara, dove appunto abitavo, e combinazione vuole eravamo molto amici di una famiglia nostra vicina di casa. Stavo giocando a nascondino con il figlio di questa famiglia, e mi nascosti dietro il tronco del grosso ciliegio presente nel mio giardino. Incautamente misi fuori la testa per controllare dove fosse il mio amico, e in quel mentre, un colpo di pistola mi bruciò il cuoio capelluto, andando a conficcarsi nel tronco dell’albero ! A sparare fu un “pazzoide”, mai capito a quale schieramento appartenesse, che abitava nel nostro quartiere. Era un simil bulletto che “castigava” i bambini senza alcun motivo…si diceva che qualche giorno prima ne avesse ucciso uno per il semplice motivo che quest’ultimo aveva osato affacciarsi alla finestra durante il suo passaggio. Anche qui, mi sono salvato per miracolo…”

“A liberazione avvenuta, vidi tanti cortei di donne fasciste, con il cranio completamente rasato e ricoperto di pece, che erano fatte sfilare dai partigiani tra le vie di Milano.”
“Per qualche mese ho vissuto da sfollato a Varese, in una casa di ringhiera, non avevamo alcun tipo di mezzo per vivere…la casa era un locale con un gabinetto posto sulla ringhiera, e mi ricordo che ho dormito per svariate volte su di un tavolo per evitare le cimici e pulci presenti in casa. Una notte abbiamo visto l’incendio di Milano, perché fu bombardata, la vedevamo benissimo che andava a fuoco.”

“Tornando a parlare del periodo bellico a Milano, a circa cinquanta metri da casa c’era un grosso albero, il cui tronco aveva circa un metro di diametro. Mio papà e il signor T. quest’ultimo notoriamente fascista, comunque persona molto alla buona, cordiale e simpatica, decisero una notte di tagliare l’albero per procurarsi della legna con cui riscaldarsi. Sega tu che sego io, l’albero fu abbattuto, cadendo sulle rotaie del tram. Pesantissimo, i due uomini non riuscivano a spostarlo. In quel mentre passava un uomo della milizia repubblicana fascista, che vedendoli in difficoltà, aiutò mio padre e T. a spostare l’albero e portarlo in casa, più precisamente in cantina, dove fu tagliato in pezzi più piccoli. Qualche giorno dopo ci fu però un controllo da parte della prefettura di Milano, la quale si chiese che fine avesse fatto l’albero presente in quel punto…era evidente che qualcuno li avesse avvertiti del fatto. Presentatisi in 4-5 uomini a casa mia, dichiararono di voler sequestrare il tronco poiché di proprietà della città di Milano. Cercarono quindi di prendere e portare via i vari pezzi, ma pur essendo numerosi, non riuscirono a spostarli, a causa del loro peso. A questo punto, inviperiti, dissero di voler denunciare mio padre e T.. Quest’ultimo, da vera faccia tosta, gli disse: “un momento, ora risolvo io la situazione”. Prese in mano il telefono, fece un numero inventato, e ricordandosi il nome del prefetto di Milano, fece finta di colloquiare con lui, facendo credere di essere suo amico, e spiegandogli che un piccolo manipolo di “rompiscatole” voleva sequestrargli un albero che gli sarebbe servito per riscaldarsi. La risposta (inventata) del prefetto fu chiaramente che l’albero dovesse rimanere in casa mia. I repubblichini, rimanendo di sasso, girarono i tacchi e tornarono da dove erano venuti. Oggi raccontare queste cose fa ridere, paiono invenzioni, ma ragazzi miei, se voi aveste vissuto quel periodo, ne avreste visto di tutti i colori…”
“Un’altra volta invece ci cadde una scheggia di una bomba incendiaria nella camera di mio fratello, che fortunatamente si è spenta quasi subito da sola perché non c’era aria nel contesto della camera, ha incendiato solo una gamba del letto.”

“Quello fu un periodo di grande miseria, miseria nera ! Avevamo la tessera annonaria, con la quale una volta al mese potevi ritirare da mangiare: pane e riso soprattutto, qualche volta capitava un coniglio (un vero miracolo era…)….quanta fame ho patito…”
“Altro ricordo è quello che i miei genitori diedero (sotto costrizione) le fedi nuziali in oro al fascio, che fu soprannominata la cosiddetta operazione “Oro alla Patria”. In cambio ti veniva consegnata una coppia di fedi di acciaio riportante appunto questa scritta e la relativa data.”

A questo punto nella discussione interviene anche la moglie di Carlo, Gardenia Z., mantovana d’origine e che visse proprio in quelle zone la sua gioventù e quindi il periodo bellico. Dice che i suoi genitori, oltre alle fedi, dovettero dare anche il rame del pentolame, tra cui un bellissimo e classico paiolo per fare la polenta.
Riprende poi il discorso Carlo, tornando a parlare della miseria e fame.

“Nel periodo pre-bellico, ricordo che andavamo a prendere da mangiare nella salumeria di una mia zia (quel poco che si poteva, sia chiaro), la quale segnava tutto su un libretto. A fine mese dovevi pagare il corrispettivo di denaro, ma era più le volte nelle quali in cui mio padre le diceva che avrebbe pagato il mese successivo…di sicuro però c’era molta più fraternità e altruismo di adesso, un sentimento di solidarietà più radicato, un maggior amore verso il prossimo…è da queste esperienze che noi anziani siamo più preposti rispetto a voi nell’aiutare le persone…noi abbiamo vissuto un periodo triste e buio che ci ha fatto crescere e maturare in maniera diversa, e che ci ha reso più umani, meno egoisti…alcune cose viste in quell’epoca dovrebbero essere prese e messe come insegnamento alla gioventù odierna !”
Interviene ancora Gardenia: “guarda, ti racconto un fatto successo a uno dei fratelli di mio padre. Una notte decise, in compagnia di amici, di andare a fare una serenata sotto la finestra della sua morosa. Nel mezzo della serenata, furono sorpresi da una ronda fascista…fecero tutti in tempo a scappare tranne uno, che si ritrovò sotto una gragnola di pugni e calci. Il fratello di mio padre invece si nascose in un fosso, nell’erba che serve a impagliare le sedie, un’erba verde che poi fatta seccare diventa rossa (la famosa erba palustre). Rimase qui nascosto fino all’alba, in modo da vedere bene con il chiarore del sole che non ci fosse in giro più nessuno e recarsi a casa in tutta sicurezza. Insomma durante il ventennio qualche “spazzolata” si rischiava sempre. Solo durante gli ultimi mesi di guerra, quando ci fu il grande ripiegamento delle truppe fasciste e tedesche che attraversavano il Po vicino a casa mia, la situazione si tranquillizzò, perché probabilmente capirono che per loro era tutto finito, e quindi era meglio non inimicarsi la popolazione. Durante la ritirata, parte della mia casa venne requisita dai tedeschi, e trasformata sia in dormitorio, sia in posto di comando. Ricordo che attraversavano il Po con questi lunghe colonne di camion, su cui addirittura erano trasportate intere cucine da campo. Ecco l’unico “sgherro” che ci fecero è che la casa ci fu requisita con l’ausilio delle armi: un comandante tedesco puntò la sua pistola alla tempia di mio padre, e lo obbligò a cedere parte della proprietà. Quanta paura in quel momento…”

“Alla fine quando andarono via, uno di questi, in un italiano quasi perfetto, disse a mio padre: “Guido, noi ricordarti sempre, quando tornare io portare Franca in Germania e sposarla (ndr: Franca è una delle sorelle di Gardenia). Questa sera mio compleanno, fare festa”. E così fu, fecero una grande festa questi tedeschi, dove mangiarono e bevvero in quantità, ubriacandosi fino allo stordimento. Figurati che costrinsero a parteciparvi anche mio padre, il quale era notoriamente astemio, ma sotto loro insistenza (“devi manciare e bere, manciare e bere”), si prese la sua prima sbornia, i miei fratelli dovettero andare a prenderlo e portarlo a casa.”
“Ma quanta paura abbiamo vissuto…mitragliamenti, bombardamenti…Villafranca e Verona di notte erano sempre illuminate a giorno a causa delle bombe…si vedevano anche enormi paracaduti bianchi cui era appesa una specie di luce, in modo da illuminare gli obiettivi. Il loro obiettivo era soprattutto l’aeroporto di Villafranca, come lo fu d’altronde il lungo ponte sul Po che da Revere portava a Ostiglia, che fu completamente distrutto. Sai dopo la sua distruzione come veniva attraversato il grosso fiume da parte delle truppe tedesche ? Utilizzavano le tinozze di vino a mo di barca oppure le imposte delle finestre, remando a più non posso. Purtroppo al centro del fiume la corrente era molto forte, piena di mulinelli, e molti di loro furono travolti e spazzati via dalla stessa. Le ho viste tutte con i miei occhi queste cose, ero giovane, ma forse proprio per questo motivo (e anche per la loro drammaticità) mi sono rimaste ben impresse nella mente. Ricordo che per andare a scuola percorrevo un paio di chilometri della via che collegava casa mia al centro del paese. Una strada sterrata, e soprattutto polverosa. Polverosa perché in direzione opposta alla mia, era percorsa dalle truppe naziste che tornavano in Germania…erano armati fino ai denti, ma i loro occhi erano tristi, pensierosi…sapevano di essere degli sconfitti, anche se la guerra non era finita…e forse finalmente anche per loro era giunto il momento di tornare alle loro case e famiglie. Ma la loro presenza e imponenza, per una piccola bambina come me, m’incutevano paura e timore: ancora oggi, quando mi capita d’incontrare anche una semplice pattuglia del nostro esercito magari in centro a Milano, la mia mente corre indietro a quegli anni e quei momenti…”

Di seguito potete vedere l'attraversamento del Po degli alleati con mezzi anfibi tra Ostiglia e Revere, in quanto il ponte era stato distrutto dai bombardamenti come detto in precedenza da Gardenia.

 

Prende la parola Carlo: “Inoltre di sera c’era il coprifuoco, e a una certa ora non si poteva più uscire. Ronde di soldati a tre a tre, armati di fucile, se ti trovavano fuori durante il coprifuoco le cose si mettevano male, non dico che fucilassero i passanti, però magari incappavi in qualche infrazione grave secondo loro e quindi c’erano delle punizioni. Il fascismo è stato sicuramente una dittatura, però devo dire che sotto il profilo dei servizi sociali ha fatto moltissimo, perché se vogliamo prendere in considerazione le pensioni, l’assistenza medica, la maternità, e tutte queste cose che oggi vorrebbero smantellare e che in altre nazioni non ci sono o sono considerate in maniera minore e magari peggiori delle nostre, loro le hanno messe e fatte. Sotto un certo profilo sono state fatte cose buone per il popolo, sotto altri profili, chiaramente soprattutto sul finire della guerra, hanno fatto degli errori che hanno portato l’Italia sul baratro sociale ed economico, e dunque Mussolini ha pagato il tutto sulla sua pelle, essendo stato fucilato con la Petacci. Però, come detto prima, è dalle conquiste sociali del fascismo che in Italia e in altre nazioni sono nate aspirazioni (più o meno fatte) per il benessere del popolo.”
“Un’altra cosa che mi è rimasta impressa è che quando si voleva ripararsi dalla luce, o meglio nascondere la luce all’interno della casa, a quel tempo generata soprattutto da semplici candele, mettevamo sui vetri la carta da zucchero di colore blu, per non dare agli aeroplani dei riferimenti utili. Poi sentivamo alla radio i proclami di Mario Appelius, noto commentatore fascista: iniziava sempre con la frase “Dio stramaledica gli inglesi”. Questa frase m’impressionava molto tutte le volte che la sentivo… Poi ascoltavamo anche la famosa Radio Londra, che trasmetteva dall’Inghilterra, e che era proibito ascoltare. La trasmissione iniziava con una musica di Beethoven quasi drammatica oserei dire (ndr - era la famosa 5ª sinfonia)."

Domanda di Ferruccio a Carlo: “Ma tu hai visto com’è avvenuta la liberazione di Milano ? Che cosa è successo quel giorno ?
Carlo: “ricordo che in città sono passati camion blindati e carri armati. Una di queste colonne era comandata da un partigiano, che passando ci disse anche il suo nome e quello della sua brigata (che ora non ricordo), dicendoci che Milano era insorta e i fascisti cacciati. Erano i cosiddetti liberatori…successivamente arrivarono gli americani, con i loro grossi camion Dodge, e ci distribuirono gallette secche e chewingum (che io manco sapevo cosa fosse). Ci fecero vedere come masticare le cicche…sembravamo tutti dei cammelli ruminanti…”

Domanda di Ferruccio a Gardenia: “E tu Gardenia, come hai vissuto il giorno della liberazione nella zona di Mantova ?”
Gardenia: “Guarda, eravamo dentro il rifugio e sono arrivati gli americani. Erano chiaramente tutti in divisa, e ricordo che io mi misi a piangere spaventata dal fatto che pensavo fossero ancora i tedeschi…corremmo poi tutti a casa e prendemmo il lenzuolo da mezzo letto, attaccandolo a un palo lunghissimo, che era quello che serviva per andare a pescare nei fossi i lucci e i gamberi, e l’abbiamo messo sul tetto per far vedere che la nostra zona era stata liberata. Anche a noi diedero cicche e gallette…”

“Facendo un passo indietro, ricordo poi che un giorno preparammo il pane, lavorando un impasto di circa 30 kg di farina. Il mattino successivo, alle ore 3 (!), ci alzammo per completare il tutto, e facevamo le “coppie ferraresi”, pane intrecciato tipico della nostra zona. Poi lo abbiamo messo nelle ceste di vimini tutte foderate con una tela bianca e chiuse con un coperchio, e ci siamo recati al forno. Mentre il pane cuoceva, suona l’allarme antiaereo, e quindi corriamo verso di esso. Cessato l’allarme, torniamo al forno, ma un’amara sorpresa ci attendeva: tutto il nostro pane era stato rubato !”
Domanda di Ferruccio a Carlo: “Ma tuo fratello più anziano di te ha fatto in tempo a partecipare alla guerra ?”

Carlo: “Sì, mio fratello (classe 1922) ha iniziato la guerra nell’aeronautica, poi dopo l’8 settembre c’è stato il cosiddetto fuggi fuggi e si è riparato in Svizzera per diversi mesi, ma la paura è stata tanta perché poi Mussolini disse che a quelli che non sarebbero tornati ad arruolarsi nella RSI avrebbero fucilato la famiglia. Ricordo però che in quel periodo noi eravamo sfollati a Varese, e la moglie di mio fratello, attraverso un buco della recinzione di frontiera, ricevette da lui una lettera nella quale diceva che sarebbe rientrato in modo da farci evitare guai. Il suo rientro avvenne comunque ormai a guerra finita. E finita la guerra a Milano, è poi partita la ricostruzione, in quanto, come tutte le principali grandi città italiane, era ridotta a un cumulo di macerie e palazzi diroccati.”
“Queste sono le cose che mi sono rimaste più impresse di quel periodo difficile e durissimo  e che abbiamo vissuto sulla nostra pelle. E sicuramente quella che ricordo benissimo come se fosse oggi, è l’immagine di Mussolini e la Petacci con il volto sfigurato, penzolanti da quel distributore…è stato uno spettacolo non molto edificante ma che fa parte della nostra storia…storia che relativamente ai fatti accaduti a quell’epoca, spero che non si ripeta più !”

Ringrazio Carlo e Gardenia per queste preziose testimonianze.

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